Personaggi con il volto: Aldo Busi
D: Tra gli scrittori che lâhanno maggiormente ispirata, quali hanno influito sul suo stile, quali sulla sua poetica e quali sulla sue scelte di vita?
Busi: Scelte di vita, nessuno; adoro lâuomo Oscar Wilde per la sua assoluta generosità e coraggio, molto meno per i suoi scritti; sono stato un lettore onnivoro sin da piccolino (e i libri dovevo conquistarmeli nelle case altrui, perché nella mia câera solo il «Calendario di frate Indovino»; non credo, però, che ci sia stato un solo italiano che abbia avuto su di me una qualche influenza, Lucrezio e Petronio e Marziale e Giovenale a parte (dicono alcuni miei critici anche Sallustio e Seneca, ma perchè li hanno letti loro, non io); ammiro Sterne, Flaubert, Rimbaud, Melville, Hawthorne, Cervantes, Proust (non tutto: lo ammiro troppo per ammirarlo tutto, non è necessario non trovare un difetto per essere sicuri di essere di fronte al genio); uno stile non si può mediare da nessuno, non è questione di nascita, di suggestione, di pedagogia, di cultura: direi che è lo stile del proprio sangue. Io ne ho uno, solo perché il mio sangue, come la mia testa, è mio, e questa è affermazione che calzerebbe per pochi altri (suvvia, sono poche le teste che non sono avvitate sul collo di un altro): dico grazie a tutti quelli che vi hanno contribuito (anche con le dovute malattie veneree, bruscolini), ma la memoria vera dello scrittore sta nella sua gratitudine a pari passo con il suo sistematico oblio. Non credo neppure di poter lasciare «nipotini», il mio stile è tale, non credo si possa imitare, perchè, di sintagma in sintagma, resta una meraviglia imprevedibile per me per primo.
Non stancatevi di leggermi, anzi, cominciate: almeno essere stati italiani per qualcosa!
Seminario sulla gioventù
incipit
«Che resta di tutto il dolore che abbiamo creduto di soffrire da giovani? Niente, neppure una reminiscenza. Il peggio, una volta sperimentato, si riduce col tempo ad un risolino di stupore, stupore di essercela presa per così poco, e anchâio ho creduto fatale quanto poi si è rivelato letale solo per la noia che mi viene a pensarci. A pezzi o interi non si continua a vivere ugualmente scissi? E le angosce di un tempo ci appaiono come mondi talmente lontani da noi, oggi, che ci sembra inverosimile aver potuto abitarli in passato».
Seminario sulla gioventù è uscito nella nuova edizione dell’agosto 2003 completamente riveduta e accompagnata da una Postfazione dell’autore, da una Nota di Piero Bertolucci e dal Seminario sulla vecchiaia.
“Mi sono deciso a riscrivere Seminario sulla gioventù a quasi vent’anni dalla sua prima apparizione […] (anche) per stanchezza verso le migliaia di lettori non lettori che ne hanno decretato il trionfo […] continuando accanitamente a cercarvi un’autobiografia che non c’è mai stata”. C’è un atteggiamento sbagliato nel lettore non lettore che si sorprende interessato alla ricerca della veridicità (cosa mai sarà ?) di ciò che leggono, che si impegna a cercare fra le parole corrispondenze a fatti realmente accaduti. Forse il non lettore è proprio chi di fronte a Cappuccetto Rosso chiude il libro perché un lupo non può parlare. Forse il non lettore è proprio chi di fronte alla menzogna dell’arte quasi si indigna perché pretende verità inesistenti. C’è una cosa che quei lettori dovrebbero rileggere. Quelle parole di Barbino a proposito di Henry de Montherlant: “E poi, temo che come uomo non m’interessi affatto. Sarebbe la prima volta che un artista interessante sia anche un uomo interessante.”
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This entry was posted on 3 dicembre 2003 at 02:40 and is filed under Uncategorized. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.
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