La poesia di Sylvia Plath
ARIEL
Stasi nel buio.
Poi lâinsostanziale azzurro
riversarsi di altura e lontananze.
Leonessa di Dio,
come ci compenetriamo,
perno di talloni e ginocchia!âIl solco
si fende e passa, fratello
allâarco bruno
del collo che non posso afferrare,
bacche occhi-di-negro
gettano scuri
unciniâ
nere boccate dolci di sangue,
ombre.
Qualcosâaltro
mi solleva per lâariaâ
Cosce, criniera;
scaglie dai miei talloni.
Bianca
Godiva, mi spoglioâ
Morte mani, morte costrizioni.
E ora io
schiumo in grano, un luccichio di mari.
Il grido del bambino
si dissolve nel muro.
E io
sono la freccia,
la rugiada che vola
suicida, fatta una con lo slancio
dentro lâocchio
scarlatto, il crogiolo del mattino.
27 ottobre 1962
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