Archive for agosto 2005

31 agosto 2005

Uno stralcio del carteggio tra Celan e Sachs

 Parigi, 13 dicembre 1957
78 rue de Longchamp, 16e

Gentile, stimatissima Signora,
Mi permetto di rivolgermi a Lei con una preghiera:
Lei certo conosce la rivista “Botteghe oscure” pubblicata a Roma dalla principessa Caetani. Credo di poter dire che in quel campo non esiste rivista più bella. Ora la direttrice della rivista ha concesso a me e alla signorina Ingeborg Bachmann (München, Franz Joseph Straße 9a) di esserle d’aiuto nella scelta dei testi tedeschi. Assumendo tale incarico ho pensato in primo luogo alle Sue poesie, gentile Signora. Le sarebbe possibile spedirmi entro il dieci di gennaio alcune cose inedite? Possiedo il suo nuovo volume di poesie: è sistemato, con gli altri due, accanto ai libri più veri della mia biblioteca. Posso sperare di riuscire a dare alla Principessa Caetani alcune Sue poesie già ora?
Il Suo estimatore, sinceramente grato
Paul Celan

 
Stoccolma, 21.12.1957
Bergsundsstrand 23

Caro, stimatissimo Poeta Paul Celan,
La Sua lettera è stata una delle grandi gioie della mia vita. Lei conosce le mie cose, le ha con sé. Questo significa che io ho una patria. Ho perciò riflettuto a fondo sulla Sua richiesta di qualcosa di inedito, che tanto mi onora. Appunti e poesie del mio periodo più cupo sono lì, nascosti, nient’altro che un mezzo per salvare il respiro dal soffocamento. Sono però giunte le Sue care, delicate parole a porgere l’occasione per trasceglierne alcune, trascriverle e allegarle qui. Ne faccia pure ciò che meglio crede o le conservi per sé. Spero che Lei mi conceda di offrire per Suo tramite alla Principessa Caetani una copia del mio nuovo libro spedendola al Suo indirizzo. Le Sue poesie vivono con me. Poiché il mio amico e poeta svedese Johannes Edfelt, il miglior conoscitore e traduttore di lirica tedesca, sta scrivendo una serie di articoli sulla poesia tedesca moderna sul Dagens Nyheter, ben presto anche il pubblico svedese assisterà allo schiudersi delle Sue meraviglie.
I migliori auguri e benedizioni per la Sua opera!
Sua Nelly Sachs

Paul Celan – Nelly Sachs, Corrispondenza

Pubblicità

30 agosto 2005

Le città di notte

Le città di notte contengono uomini che piangono nel sonno, poi dicono Niente. Non è niente. Solo un sogno triste. O qualcosa del genere… Passa rasente sulla nave del pianto, con i radar delle lacrime e le sonde dei singhiozzi, e li scoprirai. Le donne — e possono essere mogli, amanti, muse macilente, pingui nutrici, ossessioni, divoratrici, ex, nemesi, — si svegliano, si girano verso questi uomini e domandano, con femminile bisogno di sapere: — Che cosa c’è?
E gli uomini dicono: – Niente. No, non è niente davvero. Solo un sogno triste.
Solo un sogno triste. Ma certo. Solo un sogno triste. O qualcosa del genere.

Martin Amis, L’informazione

29 agosto 2005

Scrivete dentro il cerchio.

29 agosto 2005

L’ultima città divisa del mondo, geografia di viaggio di Trani

a nicosia, che i greci chiamano lefkosia, si arriva da sud, attraversando l’aspra pianura della mesaria ed entrando nella parte nuova della città, sviluppatasi fuori delle mura veneziane in un trionfo di palazzi moderni, viali alberati, banche e negozi di abbigliamento. a un certo punto il cartello che indica il centro scompare, vado a naso e mi ritrovo a entrare nella città vecchia dalla porta di pafos. si respira un’aria di tensione tipica delle zone di confine. vado dritto seguendo la strada, ma con la coda dell’occhio riesco a vedere sulla sinistra una fila di edifici fatiscenti, di serrande abbassate e arrugginite, e qualche ciancicata bandiera dell’onu che si arrotola su sé stessa alla poca aria di un agosto torrido. soltanto più tardi ci renderemo conto di essere entrati dall’unico punto in cui le due città, quella delle moschee e quella del passeggio, riescono di tanto in tanto a guardarsi in faccia, i turchi che si sporgono dalle mura per spiare la vita al di là della cosiddetta linea di attila. parcheggiata la kia picanto con guida a destra e cambio a sinistra che mi ha fatto dannare contromano per dieci giorni, seguiamo il flusso consigliato dalla guida, tanto per non dimenticarci che anche i viaggiatori più accorti ed esigenti sono pur sempre dei turisti. l’attrazione di nicosia è la divisione, lo si capisce subito. passeggiando lungo la via principale, tra una sosta per un gelato e qualche vetrina, tutti gli stranieri arrivano infine al check-point del ledra palace, che una volta era un albergo, oggi ospita un drappello annoiato di caschi blu. il check-point è un muro sopra il quale permangono, pare più per folclore che per necessità, dei sacchetti accatastati a mo’ di trincea. appoggiata al muro una passerella di legno con doppia scala, a sinistra e a destra. in cima alla scala di sinistra c’è un’altana sorvegliata, si fa per dire, da uno sbarbatello in divisa dell’esercito greco, a quanto ho capito qui si danno il cambio soldati ciprioti e greci. il ragazzotto, abbronzato, tatuato, rilassato, parla al cellulare. ha appoggiato un bicchiere, credo di birra, in cima al muro. se ci fossero dall’altra parte dei cecchini in vena di scherzi sarebbe un bersaglio perfetto, la birra e lui. ma dall’altra parte c’è soltanto uno dei paesaggi più deprimenti che abbia mai visto, visibile da un buco ben disegnato sul muro, accessibile a tutti i turisti, che salgono sulla passerella dalla scala di destra e fotografano, anche se un cartello lo vieta. a un passo dalla nostra curiosità morbosa e dall’indifferenza di quel soldato ci sono circa cento metri di morte, cento metri di città, moltiplicati per tutta la lunghezza della linea di attila, in cui dal 1974 la vita non scorre più. cento metri di case diroccate, punteggiate di buchi di pallottole, invase da erbacce. cento metri di asfalto su cui da trent’anni non cammina nessuno. sulla guida leggo che nel punto della linea di attila che separa la città di famagosta, a est dell’isola, dalle spiagge mondane di agya napa, c’è un concessionario della toyota che ha ancora in vetrina i modelli degli anni settanta. mentre scendo dalla passerella del check-point mi accorgo di un cartello che ci informa, con una certa enfasi, che siamo nell’ultima città divisa del mondo.

25 agosto 2005

La felicità non è un lusso

La felicità non è un lusso è il titolo del volumetto che raccoglie saggi ed articoli scritti da Guido Morselli negli anni che vanno dal 1937 al 1971 (compreso uno che dà il nome all’intera raccolta), tutti lavori rimasti in parte inediti oppure editi per lo più su riviste di non grande risonanza. Morselli fu un notevole saggista, pur se l’indifferenza della cultura ufficiale fu probabilmente nociva anche per lo sviluppo di questo settore della sua attività. Si potrebbe anche definire questa indifferenza colpevole o scandalosa, ma l’aggettivo forse più esatto ed impietoso (per chi ne fu colpevole) è «distratta».
Ma – potremmo chiederci subito – in cosa consisteva la felicità per l’uomo e lo scrittore Morselli? Pur se ovviamente è impossibile rispondere a questa domanda in modo esaustivo, una risposta ci può venire proprio dalla lettura di molte sue pagine: sorprendentemente ci troveremo di fronte ad un autore lucido, ironico, dotato di una vena non indifferente di humour, a volte perfino un po’ sensuale, sempre acuto ed intelligente, elegante ed allo stesso tempo essenziale nello stile, attento ad aspetti della realtà, problemi, situazioni quanto mai attuali. Insomma un autore lontano da quelle mitografie tardoromantiche e decadenti che il tragico epilogo della sua esistenza (morì suicida il 31 luglio del 1973, per chi non lo ricordasse) sembrerebbe evocare. Sicuramente Morselli era felice quando scriveva e, per lui, come per tutti gli scrittori dotati di autentica vocazione, ciò che contava non era tanto il successo, la notorietà, quanto comunicare con l’altro che è oltre la pagina, essere letto. Quindi la cortina di silenzio che avvolse la sua opera, fin quando Morselli fu in vita, equivaleva quasi ad una condanna esistenziale, era qualcosa che lo feriva nella sua natura più profonda: per Morselli infatti il segreto della felicità sta nel vivere la «nostra vita», nel vivere «in armonia con la nostra indole», realizzando quella parte di bene che la natura ci ha consentito. Molti dei saggi raccolti in quest’opera ci confermano del resto la grande ampiezza degli orizzonti culturali dello scrittore ed il suo perenne travaglio interiore ed intellettuale, che poi si traduce in una totale disponibilità ad ascoltare il mondo circostante, a scrutarne i problemi, a rappresentarli con fervida fantasia. Infatti, anche quando sembra chiuso nel suo dilemmatico universo interiore, anche quando discute problemi squisitamente filosofici con apparente distacco logico e formale (come accade ne La felicità non è un lusso), Morselli alla fine si mette in gioco integralmente.
Pertanto, pure tra questi saggi, ritroviamo delle piccole perle. Fra queste, il ritratto della vecchia Francoforte, una città ove aleggia l’ombra di Goethe, tutta raccolta intorno alla piazzetta del Römer, il suo vero centro, non certo per l’imponenza ma per la sua «lirica, sentimentale grazia». E poi quella splendida e presaga «profezia sulla Russia», ove egli ricorda il profondo «senso della patria» che ha sempre animato i grandi scrittori russi, ed allo stesso tempo quel quasi ineluttabile destino di separazione dall’Europa, che incombeva come un pericolo non solo sulla Russia, ma sulla civiltà stessa. Ed ancora quei sorprendenti Appunti sul marxismo, pubblicati nel 1949, ove egli lamenta la sostanziale ignoranza del problema e lo affronta poi, in tempo di guerra fredda, con grande acume ed originalità, ricordando che Marx era «uno studioso del Vico» e poi che la lettura di alcune sue pagine può smentire subito l’idea dell’assoluto e meccanico economicismo delle sue teorie, lasciando intravedere invece tutta la sua vivace umanità; contemporaneamente Morselli individua nel «radicale antropocentrismo», nel «soggettivismo tipico del pensiero ottocentesco e romantico» la lontana origine di certo dogmatismo che dalle teorie di Marx discendeva. E forse possono bastare anche solo questi brevissimi accenni a confermarci che Morselli è stato uno dei pochi scrittori italiani di statura e vocazione veramente europee, rivelandoci tutto il fascino dei problematico «illuminismo» di un autore, che per il privilegio dell’intelligenza ben figura nella nostra Pléiade novecentesca, accanto a scrittori come Gadda, Levi, Sciascia.

Fulvio Tuccillo, Biblioteca Nazionale di Napoli

25 agosto 2005

Morselli lo era davvero fuori dal tempo

Quello che mi pare sicuro è che io, come uomo, sono finito. La mia non è un’esistenza larviale. Non sono uno spettro che beve cognac Dos Hermanos o un tabacco che fuma tabacco Capstan (Navy Cut) in una pipa, ma non sono più me stesso, nemmeno quel poco che ero. Sopravvivo grazie a non si sa quale artificio.

Guido Morselli, Dissipatio H.G.

21 agosto 2005

Anagni, la cattedrale, la taverna gotica

21 agosto 2005

Over the edge

"What pushed me over the edge?" she asked. "Name a topic. Everything pushed me over the edge! The quiet dismantling of environmental regulations. The phoniness of No Child Left Behind. Everybody should be getting up and making a big fat noise."

Meryl Streep

19 agosto 2005
Intervista a Massimo Birattari. A proposito dei corsi di sopravvivenza sulla lingua 
 
Massimo Birattari ha pubblicato la seconda parte di un "corso di sopravvivenza" intitolato Italiano: lo stile. È un libro sulla scrittura, rivolto a tutti coloro che hanno bisogno – sul lavoro, a scuola, per la tesi di laurea, per le esigenze della vita sociale, per il puro gusto di farlo – di scrivere in italiano, e vogliono farlo con disinvoltura e soddisfazione personale. Ne abbiamo parlato con l’autore.

D. Lei dice subito, nella prima pagina, che il suo libro "non è un manuale di scrittura creativa (anche se offrirà molti suggerimenti agli aspiranti scrittori e ai professionisti della comunicazione)". Cosa può trovare di utile in Italiano: lo stile un giovane che vuole dedicarsi alla scrittura?
R. Intanto, troverà alcuni principi di base dello stile efficace (accompagnati da esempi positivi e negativi, schede, brevi esercizi) che valgono sia per la lingua della comunicazione ordinaria sia per la lingua letteraria. Gli scrittori hanno infinite storie da raccontare in infiniti modi diversi. Ma lo strumento di qualunque narrazione è sempre la lingua, e i principi guida che propongo (la semplicità, la chiarezza, la precisione, la leggerezza e così via) sono un metodo per imparare a dire con efficacia ciò che abbiamo da dire.
D. Non c’è il rischio che anche i principi più sensati e condivisibili (scrivi con semplicità, sii chiaro, sii preciso…) diventino una gabbia per la fantasia linguistica? Uno scrittore non dovrebbe puntare soprattutto a forzare le regole dell’italiano standard, per arrivare a uno stile personale e originale?
R. In realtà, in questo libro non si parla quasi mai di "regole". A me interessa presentare alcuni criteri di base di un buon italiano standard, che non è per niente un italiano piatto o sciatto. E l’italiano standard che propongo ai lettori – un italiano che serve a parlare di cose interessanti in maniera interessante – è modellato anche sugli esempi degli scrittori: gli scrittori insegnano a tutti noi come possiamo sfruttare le possibilità espressive della lingua. Quanto alle regole: ogni capitolo del libro si conclude con la rubrica "L’altra campana", in cui un brano d’autore mostra proprio che è possibile rovesciare il principio ispiratore del capitolo. Per esempio, il capitolo dedicato alla semplicità finisce con una pagina di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda. Così il lettore – che può essere anche l’aspirante scrittore – può toccare con mano i vantaggi sia della semplicità sia della complicazione (la complicazione necessaria di Gadda) e rendersi conto delle possibilità che ha a disposizione al momento di scrivere.
D. Dunque lei presenta sia le "regole" sia il metodo per violare le regole.
R. Tutte le regole si possono violare; ma a ragion veduta, e sapendo esattamente cosa si sta facendo.
D. Questo vale anche per le regole della grammatica?
R. Certo. Due anni fa ho scritto un libro proprio sulle regole (e sui dubbi) della grammatica, Italiano. Corso di sopravvivenza, e la premessa finiva così: "In fondo, questo libro vuole (anche) darvi la possibilità di maltrattare la grammatica". Ma subito dopo aggiungevo: "Dopo avervela insegnata, però". Perché è questo il punto: solo chi conosce e applica le regole della grammatica e i principi di uno stile efficace sa giudicare quando è opportuno forzarli per piegarli ai propri scopi espressivi. 
D. Torniamo agli esempi letterari. Il suo libro potrebbe essere considerato un abbozzo di antologia italiana.
R. Una mini-antologia molto tendenziosa, con Manzoni e Montale, Gadda e Calvino, ma anche Achille Campanile e Toti Scialoja, Aldo Buzzi e Luigi Meneghello. In realtà, ho cercato di organizzare una guida pratica alla lettura consapevole: una lettura cioè che serve a imparare a scrivere. Anche questo potrebbe essere utile a un aspirante scrittore: vedere da vicino come bravi narratori, bravi saggisti, bravi poeti e anche bravi giornalisti, del passato e del presente, hanno risolto i problemi espressivi che ogni scrittore deve affrontare. In più, spero che il loro esempio serva a trasmettere il virus della lettura.
D. Il suo libro è ricco di esempi divertenti e ricorre spesso all’ironia (alla quale, tra l’altro, è dedicato un intero capitolo). Alla fine, il lettore ha l’impressione che scrivere bene non sia un’impresa così difficile…
R. Scrivere bene non è la cosa più facile del mondo. Però sono convinto che spesso scrivere male sia molto più faticoso e complicato. Un altro scopo di Italiano: lo stile è convincere i lettori che per scrivere bene non è obbligatorio essere pesanti. Scrivere non dovrebbe essere un’attività punitiva: né per chi scrive né per chi legge ciò che scriviamo.

13 agosto 2005

Segretamente la lontananza si è messa in movimento
 
Nella neve
la donna cammina
tiene sulla schiena
retti con la presa sbagliata
in gran segreto
rami spezzati con gemme
ancora avvolti nella notte
Eppure lei, assolutamente quieta nella sua follia,
nella neve
si guarda intorno e spalanca
gli occhi nei quali
penetra da ogni lato il nulla
Ma segretamente la lontananza
si è messa in movimento
nella sua mano –
 
Nelly Sachs, 1962