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Il manifesto di Stilos

Primo: ci piacciono i libri. Paperback o hard cover che siano. Di storie, di storia, di arte, di parte. Dal sapore pastoso della carta ai times e ai garamond disposti in fazione. I libri non allineati nelle biblioteche secondo collane e colori, ma quelli tutti orecchiette lasciati sugli scaffali e nel cofano, aperti sul divano e pigiati nel comodino, sottolineati e scarabocchiati, con le pagine bianche riempite di appunti. I libri che muoiono vissuti.
Secondo: ci piace leggerli e parlarne. Come di un film che ci dà più gioia se poi lo raccontiamo. E ci piace discuterne con i loro autori: maghi ai quali, dopo lo spettacolo, andiamo a chiedere nel loro camerino il trucco dei sortilegi che ci hanno incantato.
Il programma di Stilos è tutto qui. Non vogliamo cambiare le lettere né i caratteri. Non vogliamo rifare l’Italia. Non vogliamo nuove temperie, scuole, correnti, mode, gusti, stili. Anche noi codesto solo oggi possiamo dire: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Non perseguiamo idee e ideali, non lanciamo proclami né proponiamo manifesti. Siamo una combriccola di lettori che non avendo più pollai dove accucciarci con un libro sulle ginocchia cerchiamo aie dove radunare altri amici per letture a voce alta. E che all’aula di un ateneo, a un seminario di studi, a un ciclo di conferenze preferiamo la cantina e gli erbosi fossi: come quei carbonari che per riunirsi e congiurare senza rischi crearono un circolo letterario pieno di libri che cominciarono a leggere finché non cospirarono più perché divennero tenaci lettori facendo del loro covo un club.
Questo giornale non nasce oggi, ma viene da un’esperienza quasi settennale come supplemento del quotidiano La Sicilia. Rinasce oggi come magazine nazionale: risalendo il continente non con il passo chiodato dei garibaldini né con quello schiodato degli emigranti ma con la crescenza della palma: una palma che sarebbe piaciuta anche a Sciascia perché al nord non intende portare più mafia ma cultura. E rinasce come giornale nazionale perché i libri non possono avere territorio né recinti, né lingua né politica. La letteratura, come la medicina, non distingue razze e religioni: e come un medico non chiede la nazionalità a un uomo che soccorre, così un lettore non pretende i documenti di un autore che avvicina.
Siamo lettori in compagnia di letterati. Facciamo un giornale, non una rivista. E del giornale abbiamo voluto l’aspetto. Anche il prezzo di un euro è una scelta editoriale: perché, come un quotidiano, queste 24 pagine non ambiscono a selezionare i lettori, a crearsi un target e una platea, a costituirsi in patina di carta e di orpelli, di allori e laticlavi. E quanto ai libri, non li brandiamo come Atlante o Prospero ma ci meravigliamo come Bradamante e Calibano che siano ritenuti uguali ad armi. Né vediamo, come fa Carlyle, nella rilegatura delle seconde edizioni la pelle di quelli che si sono burlati delle prime. Vediamo invece che non possiamo esperire nulla che non abbiamo già letto da qualche parte. La pensiamo come Madame de Staël e come Mallarmé: tout s’aboutit à un livre.
Al governo che scarcera Paolo Maura in cambio di un poema d’invettiva contro Messina preferiamo quello che grazia Eugene Sue perché continui solo a scrivere I misteri di Parigi. Leggiamo Macbeth non per conoscere la storia della Scozia ma per vedere, come suggerisce Frye, come si sente un uomo dopo aver perduto la propria anima. Cerchiamo emozioni e non concezioni, parole e non termini. E siamo con Schnitzler quando si nega a un duello, sfidato per avere inventato un sottotenente codardo e immorale, ma dimostratosi ancora più coraggioso perché fermo a non rendere conto nemmeno alle autorità militari della sua attività letteraria.
C’è chi come Bloom crede che ogni libro letto vada a scapito degli altri. E chi come Borges (e noi) è convinto che ogni libro letto accresca la possibilità di essere felici. Ogni libro, dunque: non importa se scritto al nord, «tra le pareti di una camera scaldata da stufe» o al sud, «sotto un cielo azzurro e dorato», perché troviamo ingiustificata la teoria di Leopardi secondo cui ci sono due Italie e «la civiltà va progredendo dal sud al nord». Non vogliamo crederci. I libri sono mezzi di trasporto che percorrono il mondo trasferendo sentimenti e idee, i doni che Prometeo fece agli uomini senza guardare a ceto, censo, confini e cittadinanza. Crediamo nella pluralità e nella multanimità. Pubblicheremo recensioni contrastanti, giudizi opposti, lasciando a chi li esprime di riuscire a convincere il lettore. Siamo un giornale senza linea né tesi da sostenere né amici da promuovere. Non siamo né a destra né a sinistra. Abbiamo solo tessere di biblioteche e un solo recapito da lasciare: ci trovate dove ci sono libri.

L’abbonamento annuale a Stilos costa 20 euro ed è possibile sottoscriverlo intestando il versamento a: Amministrazione Stilos Viale O. da Pordenone 50, – 95126 Catania, conto corrente postale n. 218958.]

Gianni Bonina, tratto da http://www.vibrissebollettino.net/

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