La calma trepidante di Veronesi
Caos calmo, come s’intitola il foltissimo romanzo di Sandro Veronesi, ha un innesco brillante. Non mi riferisco tanto all’antefatto ma a quello che diventa, subito dopo, nodo centrale e insieme cornice del libro. Questo Pietro Paladini, manager di una grande multinazionale, trovandosi su una spiaggia del Tirreno dove ha fatto surf, si tuffa per salvare, a rischio della vita, una donna travolta dalle onde. Si dà il caso che, mentre si prodiga per una sconosciuta, sua moglie Laura muoia per un imprevedibile incidente. Il trauma e un inconfessato senso di colpa inducono Paladini a riversare tutte le sue cure sulla figlioletta Claudia. In modo così esclusivo da diventare oggetto di compassionevole riguardo. Per mesi infatti accompagna la figlia a scuola e sta per tutto il tempo delle lezioni ad aspettarla, accanto alla macchina, salutandola quando si affaccia alla finestra durante la ricreazione. (Questa la più felice trovata del romanzo). […] Un affetto che si rivela morboso nella misura in cui cerca di ottundere dolore contro dolore, di sublimare, attraverso l’esibita protezione di lei, una reale incapacità di soffrire, una sostanziale immaturità. Sarà quella bambina di dieci anni a rovesciare il gioco, smascherando il padre che, con l’aria di soccorrerla, ha fatto di lei un protettivo feticcio. […] Il Caos calmo del titolo […] è quello naturale dei bambini, caratterizzato da una fiduciosa irruenza e compostezza, da una serenità che soltanto il confronto con le durezze della vita riuscirà a turbare. Può essere la finta, colpevole tranquillità dei padri che non vogliono crescere e stornano lo sguardo dal tumulto della vita. È, in termini più generali, l’urgenza del dolore e del male che preme sotto la superficie di esistenze apparentemente placate. Questo per dare l’idea di un romanzo in cui è evidente il tessuto concettuale ma che non rinuncia al piacere, […], del raccontare: la rapidità dei dialoghi, la fluidità del monologo interiore, il taglio netto dei personaggi. Mi piace segnalare in particolare le impuntature che introducono il sollievo di un respiro nell’afoso squallore morale, il distacco da un mondo parossisticamente votato al successo, e al superfluo: lo spazio esorbitante concesso alla cura del corpo, alla cultura della canzone e del cinema, alle superstizioni dell’elettronica. […]
Lorenzo Mondo, Tutto libri, La Stampa, sabato 22 ottobre 2005