Archive for dicembre 2005

29 dicembre 2005

La verità, vi prego, sull’amore

Dicono alcuni che amore è un bambino
e alcuni che è un uccello,
alcuni che manda avanti il mondo
e alcuni che è un’assurdità
e quando ho domandato al mio vicino,
che aveva tutta l’aria di sapere,
sua moglie si è seccata e ha detto che
non era il caso, no.
Assomiglia a un paio di pigiami
o al salame dove non c’è da bere?
Per l’odore può ricordare i lama
o avrà un profumo consolante?
È pungente a toccarlo, come un pruno
o è lieve come morbido piumino?
È tagliente o ben liscio lungo gli orli?
La verità, vi prego, sull’amore. […]

W.H. Auden, La verità, vi prego, sull’amore

 

 L’amore è una soluzione atmosferica, è potassio e iodio, è delirio.

 Alda Merini, Il tormento delle figure

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26 dicembre 2005

Le volte senza Dio

‘chi bussa alle porte del duomo’, si chiese don valentino, ‘la sera di natale? non hanno ancora pregato abbastanza? che smania li ha presi?’. pur dicendosi così andò ad aprire e con una folata di vento entrò un poverello in cenci. "che quantità di dio", esclamò sorridendo costui guardandosi intorno. "che bellezza! lo si sente perfino di fuori. monsignore, non me ne potrebbe lasciare un pochino? pensi, è la sera di natale". "è di sua eccellenza l’arcivescovo", rispose il prete. "serve a lui, fra un paio d’ore. sua eccellenza fa già la vita di un santo, non pretenderai mica che adesso rinunci anche a dio! e poi io non sono mai stato monsignore". "neanche un pochino, reverendo? ce n’è tanto! sua eccellenza non se ne accorgerebbe nemmeno!". "ti ho detto di no… puoi andare… il duomo è chiuso al pubblico", e congedò il poverello con un biglietto da cinque lire. ma come il disgraziato uscì dalla chiesa, nello stesso istante dio disparve. sgomento, don valentino si guardava intorno, scrutando le volte tenebrose: dio non c’era neppure lassù. lo spettacoloso apparato di colonne, statue, baldacchini, altari, catafalchi, candelabri, panneggi, di solito così misterioso e potente, era diventato all’improvviso inospitale e sinistro.
(da: dino buzzati, racconto di natale)

26 dicembre 2005

Gatti con le orecchie enormi

gattiorecchieenormi

 

 

 

 

 

 

 

24 dicembre 2005

Le visioni di Sinfield

Peter Sinfield (nato il 27 dicembre 1943) è soprattutto famoso come autore dei testi di alcuni grandi gruppi progressive degli anni ’70. Ha contribuito alla scena del rock progressivo (e della musica leggera in generale) anche come produttore, e ha inciso anche un proprio album solista.

Il nome di Sinfield è generalmente associato, innanzitutto, a quello dei King Crimson di Robert Fripp. Sinfield collaborò con il gruppo dal 1969 (anno dell’album di debutto In the Court of the Crimson King) fino a tutto il 1972 (Islands), apparendo come produttore, membro ufficiale del gruppo e coautore di tuti i brani non strumentali. In seguito, Fripp chiese a Sinfield di lasciare i King Crimson. Nel 1972, Sinfield fu produttore dell’album di debutto dei Roxy Music e nel 1973 realizzò il proprio unico album solista, Still, in seguito ripubblicato su CD con alcune tracce aggiuntive, fra cui Stillusion. Fra il 1973 e il 1979 tornò a scrivere testi per grandi artisti della scena progressive, fra cui Emerson, Lake & Palmer, Gary Brooker (ex Procul Harum) e gli italiani Premiata Forneria Marconi e Angelo Branduardi (di cui curava i testi delle versioni inglesi degli album; suoi sono per esempio i testi di Photos of Ghosts). Fra i suoi lavori più recenti, i testi di The Land of Make Believe di Bucks Fizz, Heart of Stone di Cher e Think Twice di Celine Dion.

(tratto da Wikipedia)

Night: her sable dome scattered with diamonds,
Fused my dust from a light year,
Squeezed me to her breast, sowed me with carbon,
Strung my warp across time.
Gave me each a horse, sunrise and graveyard,
Told me only I was her;
Bid me face the east closed me in questions
Built the sky for my dawn . . .

Cleaned my feet of mud, followed the empty
Zebra ride to the Cirkus,
Past a painted cage, spoke to the paybox
Glove which wrote on my tongue –
Pushed me down a slide to the arena,
Megaphonium fanfare.
In his cloak of words strode the ringmaster
Bid me join the parade . . .

"Worship!" cried the clown, "I am a TV.
Making bandsmen go clockwork,
See the slinky seal Cirkus policeman;
Bareback ladies have fish."
Strongmen by his feet, plate-spinning statesman,
Acrobatically juggling –
Bids his tamers go quiet the tumblers
Lest the mirror stop turning . . .

Elephants forgot, force-fed on stale chalk,
Ate the floors of their cages.
Strongmen lost their hair, paybox collapsed and
Lions sharpened their teeth.
Gloves raced round the ring, stallions stampeded
Pandemonium seesaw . . .
I ran for the door, ringmasters shouted,
"All the fun of the Cirkus!"

Peter Sinfield, Cirkus, dal disco Lizard dei King Crimson

24 dicembre 2005

Il paradigma

Trani mi manda questa poesia e io la giro a tutti voi:

Quando ti allontani, sia con te la buona fortuna,
come anello lucente sulla tua destra.
Non esitare non dubitare non essere triste,
vai diritto e vinci nella tempesta.

Quando ritorni cammina sicuro, ridi e canta.
Dimentica il dolore sulla porta.
La tua razza ti deve essere cara
e la tua casa ogni giorno sacra.

Tudor Arghezi

Quello che i tuoi occhi non videro mai

21 dicembre 2005

La tv ha fatto vedere questa cattedrale. Poi c’è stata una lunga, lenta carrellata su un’altra cattedrale. Alla fine sul video è apparsa quella famosissima di Parigi, con gli archi rampanti e le guglie che puntano alle nuvole. La telecamera è arretrata per mostrare l’intera cattedrale che si stagliava all’orizzonte. […] Poi m’è venuta in mente una cosa e ho detto: “M’è appena venuta in mente una cosa. Ma tu ce l’hai un’idea di che cos’ è una cattedrale? Cioè, di che aspetto hanno? Capisci? Se qualcuno ti dice ‘cattedrale’, hai un’idea di che cosa sta parlando? […]”

Raymond Carver, Cattedrale

 

In quella biblioteca di Almagro Sud
dividemmo l’abitudine e la noia
e la lenta classificazione dei libri
secondo l’ordine decimale di Bruxelles
e mi confidasti la tua curiosa speranza
di scrivere un poema che seguisse
verso per verso, strofa per strofa,
le ripartizioni e le proporzioni
della remota cattedrale di Chartres
(che i tuoi occhi umani non videro mai)
e che fossero il coro e le navate,
l’abside, l’altare e le torri.
Adesso, Schiavo, sei morto.
Dal cielo platonico avrai contemplato
con sorridente pietà
la famosa cattedrale di costrutta pietra
e la tua segreta cattedrale tipografica
e saprai che entrambe,
quella che eressero le generazioni di Francia
e quella che tramò la tua ombra,
sono copie temporali e mortali
di un archetipo inconcepibile.

 Jorge Luis Borges, Le due cattedrali

20 dicembre 2005

Festa di Natale di Fazi Editore

martedì 20 dicembre dalle 17.30 fino a tarda sera

in casa editrice, via Isonzo 42 palazzina C (primo piano), a Roma. Brindisi, saluti e libri scontati

19 dicembre 2005
Vincenzo Consolo e la gallina da marciapiede
 
difficile resistere alla tentazione di trasformare uno spazio proprio, com’è questa rubrica, in un’occasione di diletto personale, luogo nel quale concedersi piccole e medie riflessioni sulla vita e sullo spirito, sul quotidiano e sul trascendente. del resto fior di letterati lo fanno in spazi più prestigiosi e letti. enzo siciliano – ce lo riferisce nico orengo – si è lasciato andare a elegiache malinconie sull’ultimo numero di nuovi argomenti, raccontando di aver udito bisbigliare fuori della finestra, non cinguettare ma bisbigliare nella notte, un misterioso uccellino acquattato in un glicine. e lo stesso orengo non è immune, seppure con qualche moderna asprezza, dal trasformare i suoi fulmini settimanali sul tuttolibri in occasioni private. del resto la nostra non è più la società di pasolini ma di celentano, come riassume sconsolato consolo in un’intervista rilasciata al corrierone e pubblicata mercoledì scorso. "in italia – dichiara lo scrittore siciliano a paolo di stefano – la televisione ha una centralità che non esiste in nessun altro paese europeo. dagli anni di pasolini, come lui aveva previsto, c’è stata una mutazione antropologica dovuta a un’industrializzazione troppo veloce, a uno sviluppo senza cultura, che non è diventato vero progresso. la cultura contadina è stata spazzata via troppo in fretta". e giù strali sul vittorini ottimista di menabò, quello che "pensava a un’industria olivettiana a misura d’uomo", "un uomo assolutamente ideologizzato", che secondo Consolo ebbe il torto di pronunciare una bestemmia quando parlò dello "schifosissimo verga", rimproverandogli una concezione deterministica della storia. ma poi l’ammissione che i primi a cogliere il fallimento di quell’illusione furono proprio gli olivettiani, volponi, ottieri, fortini, e ancora mastronardi. "oggi – conclude consolo – non vedo più la letteratura che ho conosciuto negli anni passati. trionfano i romanzi voluti dall’industria culturale". eh sì, caro consolo; e averne oggi di vittorini ideologizzati… invece ci tocca girare e rigirare intorno alla nostra piccola quotidianità, che altrimenti come si fa ad essere ospitati da marzullo? io mi preparo, nel caso un giorno marzullo mi chiami, e declino questa geografia come se fosse un breve elzeviro, di quelli che quando c’era lui (lui, l’italiano che mandava gli oppositori politici "a fare vacanza al confino"), facevano moda sulla terza pagina dei giornali consenzienti. ieri camminavo per via del casaletto, dove abito, e da una traversa sbucano precedendomi sulla strada un papà con un bambino. il papà ha un pacco di fogli nelle mani e ne dà di volta in volta uno al piccolo, perché lo sistemi incastrandolo nel tergicristallo di quelle automobili parcheggiate che ostruiscono il passaggio dei pedoni. sul foglio riesco a leggere: "bel rispetto! e noi dove passiamo?", e un’immagine di una famigliola a passeggio. penso: un’idea simpatica, una contestazione civile, anche originale, magari un giorno questo bambino non sarà uno di quelli che parcheggiano davanti agli scivoli per i disabili. se non fosse che qualche metro più in là il papà rallenta, estrae dalla tasca una chiave, e la infila nella serratura di un’automobile. parcheggiata sul marciapiede. dev’essere questa la mutazione antropologica di cui parla consolo: siamo diventati tutti celentani, bravi a predicare, e bravi anche a razzolare. come galline.

18 dicembre 2005

Il volo scavato nel viola

il vento è un’aspra voce che ammonisce
per noi stuolo che a volte trova pace
e asilo sopra questi rami secchi.
E la schiera ripiglia il triste volo,
migra nel cuore dei monti, viola
scavato nel viola inesauribile,
miniera senza fondo dello spazio.
Il volo è lento, penetra a fatica
nell’azzurro che s’apre oltre l’azzurro,
nel tempo ch’è di là dal tempo; alcuni
mandano grida acute che precipitano
e nessuna parete ripercuote.
Che ci somiglia è il moto delle cime
nell’ora – quasi non si può pensare
né dire – quando su steli invisibili
tutt’intorno una primavera strana
fiorisce in nuvole rade che il vento
pasce in un cielo o umido o bruciato
e la sorte della giornata è varia,
la grandine, la pioggia, la schiarita.

Mario Luzi, Uccelli

17 dicembre 2005

Enceladus

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