Archive for febbraio 2008

29 febbraio 2008

La gratitudine di Carver per Lish
 

July 15, 1970


Hombre, thanks for the superb assist on the stories. No one has done that for me since I was 18, I mean it. High time I think, too. Feel the stories are first class now, but whatever the outcome there, I appreciate the fine eye you turned on them. Hang tough.

January 19, 1971


I think it’s a fine story. Took about all yr changes, added a few things here and there. Hope to get it retyped by this evening and back off to you. No later than tomorrow, sure. Thanks for going over it.—Listen, something you said a long time ago, the thing itself is what matters. Is true, in the end. I’m not bothered. I’ve always been the slowest kid in class anyway, right down there. But I keep trying, even at this advanced age. So lean on it, if you see things. If I don’t agree, I’ll say something, never fear.

 
Raymond Carver, lettere a Gordon Lish

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28 febbraio 2008

Tre volte giugno libro della settimana sul Paradiso degli orchi.

La differenza tra sorpresa e suspense

28 febbraio 2008

F.T.: Vorrei chiederle di precisare ora la differenza tra sorpresa e suspense.

A.H.: […] Noi stiamo parlando, c’è forse una bomba sotto questo tavolo e la nostra conversazione è molto normale, non accade niente di speciale e tutt’a un tratto: boom, l’esplosione. Il pubblico è sorpreso, ma prima che lo diventi gli è stata mostrata una scena assolutamente normale, priva di interesse. Ora veniamo al suspense. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l’anarchico mentre la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto – c’è un orologio nella stanza -; la stessa conversazione insignificante diventa tutt’a un tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo: “Non dovreste parlare di cose così banali, c’è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all’altro”. Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa al momento dell’esplosione. Nel secondo caso gli offriamo quindici minuti di suspense.

François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Net, 2002
Il mio ricordo preferito di Hitchcock è legato a un episodio che risale al 1964. Eravamo al St. Regis Hotel di New York, e dopo alcuni daiquiri io ero leggermente brillo, e lui rosso in viso e di ottimo umore. Prendemmo l’ascensore al 25esimo piano e scendemmo in silenzio fino al 19esimo, dove entrarono tre persone in completo da sera. A questo punto Sir Alfred mi disse a un tratto: “Era impressionante, tutto insanguinato!”. Pensai confusamente che forse mi era sfuggito qualcosa per via del daiquiri. Ma lui proseguì: “Gli veniva giù un rivolo di sangue dall’orecchio e un altro dalla bocca”. Naturalmente, tutti nell’ascensore lo avevano riconosciuto, ma evitavano di guardarlo. Al 15esimo piano entrarono altre due persone e lui continuò: “Naturalmente per terra si era formata un’enorme pozza di sangue; e i suoi vestiti ne erano inzuppati. Un vero scempio! Puoi immaginare…”. Nell’ascensore tutti, me compreso, trattenevano il respiro. A questo punto lui mi gettò un’occhiata. Io annuii senza aprir bocca. “Sangue dappertutto!” riprese. “Io allora guardai quel poveraccio e gli dissi: buon Dio, cosa le è capitato?”. Poi, proprio nel momento in cui la porta dell’ascensore si apriva verso il salone dell’albergo, Hitchcock esclamò: “E sai cosa mi rispose?”. A questo punto fece una pausa. Con riluttanza, i passeggeri incominciarono a uscire guardando ansiosamente verso il regista, mentre noi li sorpassavamo in silenzio. Dopo alcuni momenti di sconcerto io domandai: “E allora, cosa ti disse?”. E Hitch, con un sorriso beato: “Oh, niente, è la mia storia da ascensore”.

Peter Bogdanovich, “Hitchcock, una bomba che sta per scoppiare”, la Repubblica, 10 luglio 1999

28 febbraio 2008

Inseparabile Fenoglio

Ho riletto Una questione privata di Fenoglio. Libro importante secondo me per un motivo: l’equilibrio. Pur essendo principalmente una storia d’amore e di gelosia, di quella gelosia accecante, di quella che a Napoli si dice ‘na capata ‘n facc, Fenoglio riesce comunque a non perdere mai di vista quella che è la guerra, il rapporto tra partigiani, le regole della guerra, la pioggia e l’umidità delle terre piemontesi. Quella gelosia che invade Milton, la sua insofferenza non invade tutto il resto. L’equilibrio.
Come è successo per Non è un paese per vecchi (capolavoro) ci vorrebbe un grande regista e avremmo un film perfetto secondo me.

27 febbraio 2008

Vergogna

Vergogna. La vergogna di essere picchiata, e la vergogna di supplicare di non esserlo. Vergogna senza fine. Denudamento. E c’è, per come mi sento adesso, un filo che lega tutto questo alla vergogna e al disagio che provavo sentendo i passi quieti delle pantofole di Mr Wainwright, e il suo respiro. C’erano pretese che sembravano indecenti, c’erano intrusioni orrende, al tempo stesso insinuanti e dirette. Da certe mi difendevo contraendo la pelle, ma altre mi lasciavano scorticata. Così è il gioco rischioso della vita di un bambino.

Alice Munro, "Padri", in La vista da Castle Rock, Einaudi

25 febbraio 2008

Worcester sauce e lampi di magnesio

quando nel gennaio 1946 inizia a collaborare con il corriere della sera, eugenio montale è già il celebrato poeta di "ossi di seppia". ma la fortunata stagione fiorentina delle riviste e degli incontri al giubbe rosse è finita, e l’emergenza del dopoguerra, anche economica, richiede a montale una maggiore stabilità, che in quel frangente solo una collaborazione con un giornale gli può garantire. se dunque la spinta verso quello che definirà il suo "secondo mestiere" gli viene soprattutto da esigenze economiche, montale finirà però per nutrire verso il giornalismo una profonda passione, fatta di scolastica diligenza e accuratezza. anni più tardi, sulle pagine del corriere, vittorio sereni ne accennerà scrivendo: "se mai ho colto una punta di orgoglio nel suo discorso, questa riguardava la giovanile e presto delusa dedizione al bel canto, le sue piccole pitture, il suo lavoro di giornalista preso, questo in particolare, professionalmente sul serio". il contributo di montale al corriere del dopoguerra è caratterizzato soprattutto dai racconti, bozzetti e ricordi che confluiranno nelle varie edizioni di "farfalla di dinard", "prose d’occasione e fantasie seminarrative (un po’ fra certi ‘pesci rossi’ cecchiani e la narrativa surrealista, ma senza intenzione di bello scrivere e anzi con premeditata sprezzatura)", come li definirà gianfranco contini. emergono in particolare i ricordi della firenze fra le due guerre, nei quali montale si sofferma – scrive marco forti nel meridiano montaliano "prose e racconti" – sulla "fauna umana di snobs anglo-fiorentini o internazionali, di letterati rentiers, di scrittrici specializzate in riviste femminili d’oltreoceano, di artisti e aspiranti tali", che popolavano gli ambienti mondani della città in quegli anni. nella rivisitazione caricaturale, ma languidamente indulgente di montale, lo straordinario ritratto di josef stapps ("il signor stapps", 12 marzo 1946) diventa tra tutti il simbolo di un passato sfarzoso di ozi, di un mondo borghese e intellettuale compiaciuto, perché inconsapevole, della propria decadenza e dell’imminente tragedia: "josef stapps, un uomo grande e grosso, di quaranta-sessant’anni, azzurri gli occhi, sempre raso di fresco, con le guance paffute e tramate di piccole vene bluastre, vistosissimo nei suoi grandi ‘raglan’ a campana e in tutti i particolari dell’acconciatura, anelli con cammei, bastoni intarsiati, guanti di canguro, sciarpe e fazzoletti di lusso, portasigarette e pipe dunhill, ecc. […] cuoco perfetto, di giorno si faceva da mangiare da sé, improvvisando pietanze ghiottissime; e la sera pranzava con me nelle ‘buche’ vuotando grandi fiaschi di chianti, preparandosi difficili insalate con l’inevitabile goccia, oh rien qu’un soupçon, di ‘worcester sauce’ e discettando sulla cattiva qualità delle mostarde e del caviale. tornato a casa, sul tardi, ascoltava passare nel parco il gilly, il fantasma di non so quale suicida che verso mezzanotte trascinava il carretto sulla ghiaia". gli incontri mondani, le feste, i ritrovi sono anche i luoghi privilegiati delle incursioni di dominico braga, bizzarro personaggio esibizionista e godereccio, sedicente poeta seguace di pound, di cui montale disegna un esilarante ritratto in "date una bussola a dominico braga" (24 maggio 1946): "in una città dove quasi ogni dì si inaugurava una mostra o si teneva una cerimonia più o meno culturale accompagnata da larga distribuzione di pasticcini e di bibite, dominico sempre pronto ad autoinvitarsi per ragioni gastronomiche era stato uno degli uomini più fotografati e popolari. nessuno sapeva il suo nome, ma non c’era festa o ‘raduno’ (la parola era molto usata) in città in cui non si vedesse dominico braga apparire in prima fila e sorridere al crudo lampo di magnesio tenendo in mano un bel triangolo di pasta sfoglia. […] soprattutto gli piaceva assistere agli spettacoli di massa, alle rappresentazioni all’aperto nel giardino di boboli, alle quali non mancava mai, senza pagare l’ingresso, emergendo dai cespugli tra i folletti evocati dal regista reinhardt, sempre in maglia gialla, sempre in prima fila, sempre sorridente". la cornice della firenze fra le due guerre fa da sfondo anche a "crollo di cenere" (20 giugno 1946), che marco forti definisce un "racconto perfetto", sottolineando il fascino suggestivo del "suo doppio registro di avvenimenti: quello esterno del buffonesco spettacolo fascista-futurista che si svolge a firenze, in un punto delle cascine chiamato l’indiano, in mezzo a sciami di gerarchi scattanti e di riflettori; e di contro, il motivo interiore e infine dominante dei tre personaggi che guardano in silenzio dalla spalletta dell’arno, e cercano di stabilire un rapporto fra lo spettacolo e lo svolgersi di altri minimi eventi – il lento scivolare di una lumaca, o la caduta della cenere di un sigaro – con cui identificano magicamente il proprio destino". ritratti di una società inconsapevole e inconsapevolmente opulenta, disattenta e scioccamente ottimista, che a rileggerli oggi sono ben più attuali di quanto l’età non dica. "farfalla di dinard" esce per la prima volta nel 1956 per neri pozza. avrà cinque successive edizioni con aggiunte e varianti presso mondadori e una, nel 1994, per leonardo editore. oggi si può leggere solo acquistando il citato meridiano "prose e racconti". e francamente è un peccato.

questa geografia, che per buona parte è tratta dalla mia tesi di laurea, mi piace dedicarla alla professoressa gioia sebastiani, che di quella tesi è stata correlatrice, venuta a mancare d’improvviso, troppo giovane, la settimana scorsa.

25 febbraio 2008

Nymphóleptos

Mentre mangiava l’oca arrosto, la signora Tschissik inclinava spesso la testa. Allora Kafka tentava di insinuarsi sotto le sue palpebre, «scivolando cautamente con lo sguardo lungo la linea delle guance», attratto dal «bagliore azzurrognolo» degli occhi di lei. In altri momenti notava «la pelle un poco impura all’angolo destro della sua bocca». La fronte bassa e bianca. La «bellezza, per altro normale, delle piccole mani, delle dita leggere», che poco dopo sembravano «aver infilato uno stuzzicadenti in un dente cavo, per lasciarcelo poi riposare un quarto d’ora». Ma quello che più lo incantava era il «velo che si libra sulla pelle color latte un po’ torbido» ed è prodotto dalla cipria, benedetta in questo caso soltanto.

Roberto Calasso, “Kafka e Frau Tschissik”, dalla Follia che viene dalle Ninfe, Adelphi

24 febbraio 2008

L’imagismo di Amy Lowell

I will mix me a drink of stars, —
Large stars with polychrome needles,
Small stars jetting maroon and crimson,
Cool, quiet, green stars.
I will tear them out of the sky,
And squeeze them over an old silver cup,
And I will pour the cold scorn of my Beloved into it,
So that my drink shall be bubbled with ice.
It will lap and scratch
As I swallow it down;
And I shall feel it as a serpent of fire,
Coiling and twisting in my belly.
His snortings will rise to my head,
And I shall be hot, and laugh,
Forgetting that I have ever known a woman.

Amy Lowell, Vintage

23 febbraio 2008

Il futuro è

Lane stava spingendo il pongo attraverso un estrusore. Mi sono seduto accanto a lei e le ho chiesto cosa stesse costruendo.
“Il futuro”, mi ha risposto. La sua manina stava facendo girare la manovella di plastica. “Il futuro”.
Ho osservato quel lungo serpente rosso a forma di stella. “Il futuro. È questo il futuro?”.
“Sì”.
“E perché questo rappresenta il futuro?”, ho domandato. Ho toccato il serpente e mi sono annusato il dito per sentire l’odore del pongo. L’ho guardata, in attesa della risposta.
La sua faccina di sei anni si imbronciata un po’. “Non presenta il futuro. È il futuro”.
 
Percival Everett, La cura dell’acqua, il 28 marzo in tutte le librerie

23 febbraio 2008

Gea Schirò, un nuovo editore a Palermo. Evviva!
 
Nasce una nuova casa editrice a Palermo. Primi titoli: Diario senza date di Roberto Andò, L’estate della collina  di J.A. Backer, Ventimila dollari di Rebecca Curtis (che avevo letto e deciso di non fare), La lingua di Canaan di John Wray (che avevamo pure considerato). In bocca al lupo.