Archive for luglio 2008

Presenza di linguaggio

6 luglio 2008

Il linguaggio non cancella mai del tutto la propria presenza, ma dà l’impressione di farlo nei casi in cui il significato presume una priorità.

Percival Everett, Cancellazione, Instar

6 luglio 2008

Odiati mostri, mostri adorati, quanto mi siete vicini!

Perché c’era questo di intenso nelle copertine di Urania, che l’orrore si alternava all’incanto, e spesso vi si combinava in un’ambiguità che mi struggeva. Odiati mostri, mostri adorati, quanto mi siete vicini! E voi bizzarre creaturine perplesse, lemùridi lisci, suadenti ectoplasmi, esseri disgregati, vampireschi grumi di energia, e voi cristalli, e voi gelatine, e voi filosofe mantidi, e voi peduncolati baccelli, quanto eravate plausibili, quanto eravate perfetti. Quanto sapevate essere malinconici!

Michele Mari, Tu, sanguinosa infanzia, Mondadori

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6 luglio 2008

Romanzo cavia?, magari
 
Il tuo romanzo è una cavia. […] Ma i critici ormai giocano a nascondino, se li cerchi sono sempre sotto l’aiuola del vicino, che è sempre verde. […] Bel modo di mandare alle ortiche il lavoro di uno scrittore, che richiede il giudizio, anche severissimo,letale, mortifero.
 
Davide Brullo, "Ma a ‘Contronatura’ crediamo soltanto noi, Il Domenicale, 5 luglio 2008

4 luglio 2008

La storia di Saverio raccontata da Gabriele

Oggi Maccaroni lo scrive Gabriele, uno dei miei librai. Per caso un giorno mi raccontò la storia di Saverio e io pensai a voi. Pensai che era un bel Maccaroni. Ma che non potevo farlo io. Io Saverio l’ho conosciuto, gli ho parlato, ma non come Gabriele. Ho solo un problema: da oggi vorrete Gabriele e non me. Buon per voi…

Saverio ci deve la vita. Sembra una frase buttata lì, come spesso accade, con eccessiva enfasi, ma posso assicurarvi che ha un fondo di verità, perché quando ce la siamo visti arrivare in libreria per la prima volta, una mattina dello scorso inverno, il nostro amico aveva già un piede nella fossa. Le cose sono andate più o meno così. Erano le nove del mattino. Fuori pioveva a dirotto. In negozio si sentiva in sottofondo lo scroscio dell’acqua scivolare lungo il reticolo di condutture che ne sovrastano la superficie. Ero all’ingresso, che impilavo su un tavolino l’ennesimo libro dedicato all’affaire Moro. Mi sento chiamare, “scusi”. Mi giro e mi trovo davanti Saverio. Trentacinque, trentasei anni al massimo, bella faccia da pugile; era fradicio, al punto che l’impermeabile, uno di quegli impermeabili alla Humphrey Bogart, color caffelatte, stretti in vita da una lunga cintura di stoffa, gli si era attaccato ai vestiti come una pellicola di cellophan. “Prego”, gli dico. “Questo è l’ultimo libro sul caso Moro?”. “Sì, è uscito oggi”. “È interessante?”. “Bella domanda del cazzo”, penso tra me, e lì per lì, non sapendo cosa rispondere, improvviso quattro cazzate di quelle che un libraio tiene sempre in serbo per aggirare domande di questo genere. “Beh, si. Sa, è stato scritto sulla base di certi fascicoli venuti fuori solo di recente…”. Saverio mi ascolta, ma senza attenzione, uno sguardo da animale ferito perso nel vuoto. “Vuole dargli un’occhiata?”, chiedo. “No”, mi fa lui, “In realtà ero venuto qui per un altro motivo”. Ora, quando si fa un mestiere come il mio, a contatto con il pubblico, quasi per un istinto di sopravvivenza, si matura in fretta un sesto senso che permette di individuare a una prima occhiata il cliente che desidera un libro da quello che desidera un aiuto. Una frase come “in realtà ero venuto qui per un altro motivo”, è il campanello d’allarme che rimanda di filato alla seconda possibilità, “cliente problematico che cerca qualcuno cui rovesciare addosso la propria merda”, tanta o poca che sia. “Se posso aiutarla lo faccio volentieri. Mi dica…”. “No, è che stanotte non sono riuscito a dormire perché mi tornava sempre in mente la scena di “Berlinguer ti voglio bene” in cui Benigni prende in braccio il nostro (Saverio è un marxista leninista della primissima ora, cioè di quelli che a quindici anni occupavano la sede di partito insieme a altri tre giovani compagni per fumarsi mezz’etto d’erba in dodici minuti con l’Internazionale sparata a tutto volume) grande segretario e sentivo gli occhi che mi si riempivano di lacrime. A lei non fa lo stesso effetto?”… Potrei continuare il racconto, ma bastino queste poche righe per introdurre il personaggio. Di lì a un quarto d’ora Saverio mi aveva già raccontato tutta la sua vita, fino al tragico epilogo che lo aveva condotto, chissà come, nella nostra libreria, alle nove e un quarto di un martedì mattina da cani. La donna lo aveva mollato, la sera prima, dopo diciotto anni (16 di fidanzamento + 2 di matrimonio, come lui stesso ama specificare) insieme. Di fronte a confessioni di questo tipo, specie se bagnate da qualche lacrima che non si riesce a trattenere, la sola cosa da fare è mettere una mano sulla spalla del malcapitato e trattarlo come uno di famiglia. “Sì, anche a me fa lo stesso effetto”, gli ho risposto mentendo, e poi l’ho preso sottobraccio e me lo sono portato in libreria, dove c’era Dario, un mio collega (ragazzo anche lui molto sensibile), e insieme, trasgredendo a qualsiasi deontologia professionale, siamo andati su youtube a ripescare il frame del film in questione, e abbiamo pianto insieme, ognuno per motivi molto personali che non sto qui a spiegare. Da lì è partita una retrospettiva sul cinema italiano degli anni ’70 (a Saverio piacciono molto i film di Ettore Scola) e poi una discussione di politica dalla quale mi sono però tirato fuori lasciando campo libero a Dario, che ne sa molto più di me. Ricordo che Saverio era felice come un bambino alle giostre: senza più soluzione di continuità nominava film, registi, scrittori, uomini di sport e di partito, e vedendo che noi gli stavamo dietro, e rispondevamo a tono, rilanciando, rideva felice, dimentico, almeno per un poco, di quella stronza che gli aveva spezzato il cuore. È stato così che gli abbiamo salvato la vita, a un passo esatto dal baratro. E Saverio ce ne è grato. E torna a trovarci. Quando mi vede sorride e viene di corsa a stringermi la mano. L’ultima volta è stato ieri sera. Era in gran forma, capello brizzolato tagliato da poco e camicia stirata di fresco infilata nei pantaloni. “Sono venuto per dirti una poesia”, ha esordito. “Vai”, gli ho detto e lui, emozionato, ha cominciato…

3 luglio 2008

Riduzioni cinematografiche

Gli sceneggiatori scribacchini avevano tolto tutta la vita alla storia, sostituendola con la puzza della vita, una scoreggia, una battuta stanca, una sporca pagliacciata. Come ci riescono.

Francis Scott Fitzgerald,  I taccuini, Einaudi, 1980, n. 1395

2 luglio 2008

La Ginzburg e le norme redazionali

Al mattino arrivai a quello che doveva essere il mio ufficio: una villetta al pianterreno, circondata da un giardinetto. Vi trovai il mio amico, la ragazza con le guance rosse seduta davanti a una calcolatrice, e due dattilografe. Il mio amico mi fece sedere a un tavolo e mi consegnò un foglio dov’era scritto: "norme tipografiche". Seppi così che perché e affinché avevano l’accento acuto, ma e caffè e lacchè avevano l’accento grave.

Natalia Ginzburg, "La pigrizia", Mai devi domandarmi, Einaudi

1 luglio 2008

Il revisionista e gli altri Greenwich, venerdì e sabato
 
Tutto Il revisionista
venerdì 4 luglio ore 20,30
Libreria del Cinema
via dei Fienaroli, 31/d (Trastevere)

reading integrale e multimediale del Revisionista di Miranda Mellis.
lettura di Valentina Pattavina
pianoforte e voce: Michael D’Alessandra

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Gli addetti ai lavori leggono i Greenwich
sabato 5 luglio a partire dalle 20,00
Libreria Caffè Flexi
via Clementina, 9 (Monti)
in occasione del vernissage SuperMart. Arte al centimetro quadro

interverranno
Leonardo G. Luccone, editor della collana
Valentina Pattavina, editor Einaudi Stile libero
Stefano Ciavatta, giornalista
Gianfranco Franchi, critico letterario