Archive for aprile 2009

30 aprile 2009

Horror vacui

Nel culto del ricordo dei cari lontani o defunti il valore cultuale del quadro trova il suo ultimo rifugio. Nell’espressione fuggevole di un volto umano, dalle prime fotografie, emana per l’ultima volta l’aura. È questo che ne costituisce la malinconica e incomparabile bellezza.
Ma quando l’uomo scompare dalla fotografia, per la prima volta il valore espositivo propone la propria superiorità sul valore cultuale. Il fatto di aver dato una propria sede a questo processo costituisce l’importanza incomparabile di Atget, che verso il 1900 fissò gli aspetti delle vie parigine, vuote di uomini. Molto giustamente è stato detto che egli fotografava le vie come si fotografa il luogo di un delitto. Anche il luogo di un delitto è vuoto di uomini. Viene fotografato per avere indizi. Con Atget, le riprese fotografiche cominciano a diventare documenti di prova nel processo storico. È questo che ne costituisce il nascosto carattere politico. Esse esigono già la ricezione in un senso determinato. La fantasticheria contemplativa liberamente divagante non si addice alla loro natura. Esse inquietano l’osservatore; egli sente che per accedervi deve cercare una strada particolare.


Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi

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29 aprile 2009

I prodigiosi incipit di Andrew Sean Greer

Siamo tutti il grande amore amore di qualcuno.

Andrew Sean Greer, Le confessioni di Max Tivoli, Adelphi

Crediamo tutti di conoscere la persona che amiamo.

Andrew Sean Greer, La storia di un matrimonio, Adelphi

29 aprile 2009

I conti di Montanelli

Bel libro questo che raccoglie una serie di aneddoti e di pensieri di Indro Montanelli. Pubblicato da Rizzoli. I conti con me stesso.
Stanno abbattendo, a Milano, la vecchia sede della Rizzoli per far posto ad una nuova, fantasmagorica, sede. Quando sono passato e ho visto le ruspe mi ha fatto tristezza. Come se abbattesero San Siro per un appassionato di calcio. Mondadori rispose, all’epoca, a qual palazzo, con Segrate e la sua astronave nella zona dell’Idroscalo e di Linate. Quando passo da quelle parti, come sabato scorso, avverto un’aria di sacralità. Esagero? Forse…
Montanelli racconta in questo libro varie cose di questi due seduttori. Tipografi. Ignoranti. Editori.

Cortina, 8 Agosto. Da Arnoldo Mondadori, sempre più giovane malgrado i suoi ottant’anni, e sempre più presidente malgrado abbia passato il titolo a Giorgio. Nasconde molto bene le delusioni e le preoccupazioni che gli procura Alberto, per l’ennesima volta in fallimento. La Mondadori non può registrare insuccessi né come ditta, né come famiglia. Tanto meno può ammetterli con me che ruppi con loro, trent’anni fa, proprio per Alberto, allora considerato il genio di casa. "Tuo figlio si entusiasma solo per le cose che non capisce, e perciò è sempre tanto entusiasta" scrissi a Arnoldo nella mia lettera d’addio. E fino a qualche tempo fa, non me l’avevano perdonata né lui, né sua moglie, e sua moglie meno di lui. Ora è tutto chiaro, ma sul reciproco impegno che rimanga sottinteso. Lui non parla, io non chiedo.C’è un morto tra noi, ma lo abbiamo seppellito, e lui sa che gli ho fatto pure l’epitaffio: "Qui riposa – Alberto Mondadori – figlio di Arnoldo – padre del nipote di Arnoldo". Però che uomo, questo editore di libri che non ha mai letto! Che seduttore! Che flauto magico! Stava seduto fra Maria Luisa Astaldi e Gianna Manzini e riusciva a farle parlare come due buone amiche. Mai visto un domatore capace di tanto.

28 aprile 2009

Rilettura di Shakespeare

"È solo trucco, sorella. Vengo dal teatro qui di fronte, sono in pausa."
Si mise a ridere.
"Oh, mi dispiace, sembra proprio vero. Che cosa danno?"
"Giulietta e Romeo, di Shakespeare, in una versione moderna orientalesistenzialista alternativa ai modelli interpretativi europei tradizionali."
Annuì con aria seria e disse: "Ah, sì".
Fece una pausa e chiese: "E che cosa succede?".
"Romeo incontra Alì Babà e baratta Giulietta con i quaranta ladroni…"

Jakob Arjouni, Happy birthday, turco!, marcos y marcos

27 aprile 2009

Bianco relativo

Max Planck non capiva nulla di fisica perché durante l’eclissi del 1919, è rimasto in piedi tutta la notte per vedere se fosse stata confermata la curvatura della luce dovuta al campo gravitazionale. Se avesse capito davvero la teoria avrebbe fatto come me e sarebbe andato a letto.

Albert Einstein, Archivio Einstein

26 aprile 2009

Altari parigini

C’è un mio libraio che ha fatto un giro per le librerie francesi. Gli ho detto di fare un resoconto…

Rievocando il tempo magico e selvaggio della sua Lost Generation, Ernest Hemingway scrisse che “sei abbastanza fortunato di aver vissuto a Parigi come un giovane uomo, allora, per il resto della tua vita, ovunque andrai, sarà con te. Parigi è un continuo banchettare”. Persino la cultura è banchetto, un convivio imbandito dai suoi ministri a loro immagine e somiglianza. Monsiuer Galignani (224, Rue Rivoli) dal 1856 riceve i suoi ospiti in un’elegante maison libraire situata dirimpetto ai giardini delle Tuileries, quelle Tuileries cantate da Prevert (in “Pater noster”) come una delle meraviglie del creato. La prima volta da Galignani si ha la sensazione vivida di essere il famigerato elefante entrato senza avvedersene nel negozio di cristalli di Boemia. È una questione di passo, e di respiro, da rimodulare su un registro diverso, il registro di un’identità libraria governata da un agio quasi bibliofilo, che nulla deve al profitto e tutto al piacere di trovarsi, ogni giorno, a contatto con quell’oggetto verso il quale si nutrono amore e rispetto spontanei (e, diciamolo, non esenti da vanità). L’assito è di legno antico, la filodiffusione effonde a volume impercettibile la sonata n. 774 per clavicembalo di Johan Sebastian Bach, la luce, sobria, si posa radente sulle copertine dei tomi esposti in bell’ordine sui grandi leggii al centro della stanza.

Sulla riva opposta della Senna, di fronte all’affollata Notre-Dame de Paris, la cultura banchetta, invece, in altro modo. Da Shakespeare&company (37, Rue Bucherie) non troverete alcun compunto signore ad attendervi sulla soglia, anzi faticherete persino a entrare e, una volta, introdotti nei cunicoli, strettissimi, di scaffali zeppi di libri fino a traboccarne vi sarà difficile, almeno all’inizio, ricordare il motivo della vostra visita. Del resto, entrare da Shak&company con la sola intenzione di acquistare un libro sarebbe un peccato di superbia: chiedetelo al grosso persiano bianco che occhieggia sornione dal suo privilegiatissimo punto di osservazione, una nicchia dello scaffale di poesia, oppure a uno di quei clienti abituali che vi si reca ogni giorno, da una vita, solo per assicurarsi che quella perenne festa mobile (per citare ancora Hemingway) sia ancora lì, impermeabile al tempo e alle mode, e per sedersi davanti al vecchio e scordatissimo pianoforte da bluesman sulla cui cassa campeggiano le foto di quelli della beat, immortalati ubriachi e felici di fronte all’ingresso, e una, più recente di Tom Waits, sulla quale c’è scritto “Innocent when you dream”, innocente quando sogni.

Innocente quando sogni, come chi parte, all’avventura, in cerca di fortuna, senza più vanità e col cuore aperto, “come un giovane uomo” che lascia Roma per Parigi.

26 aprile 2009

Parente sulla vicenda Scurati

Non si sa se siano più comici o più tragici, ma quanto saranno sfacciati loro e distratti, se non complici, gli altri? Qui non si capisce mai chi ci è e chi ci fa e però non c’è più molta differenza. A cosa mi riferisco? Per esempio, da settimane non si fa altro che dire che il giovane “intellettuale” Antonio Scurati è il favorito al prossimo premio Strega, e di per sé chissenefrega. Non l’hanno mai dato a Gadda, né a Busi, né a Arbasino, né a D’Arrigo, non l’hanno quasi mai dato a uno scrittore, l’hanno dato a Veronesi e Ammaniti, possono darlo anche a Scurati senza togliere niente a nessuno né tantomeno dare qualcosa a qualcuno. In altre parole Scurati e Il bambino che sognava la fine del mondo sono l’autore e il libro su cui punterà il gruppo Rizzoli, l’hanno capito anche i sassi, accendi la televisione e vedi Scurati, apri un giornale e vedi la pubblicità del libro di Scurati: Scurati di qua, Scurati di là, Scurati vincerà lo Strega. Intendiamoci Scurati non è un genio ma neppure vende, è una ricetta di medietà media e mediatica ideale per lo Strega. Inoltre è reduce da un flop clamoroso, un feuilletton con cui pensava di sbancare e invece si è sbancata la Bompiani, che ne aveva stampate cinquantamila copie per venderle a cinquantamila casalinghe iscritte ai corsi di Arte & Letteratura e invece ci ha riempito i magazzini della Rizzoli. Tuttavia sì, Scurati, sembra perfetto per lo Strega, è l’incarnazione della riflessione di Aldo Busi secondo cui «è ben triste scrivere per vendere, sacrificare tutto il resto, e poi non vendere», bisogna dargli il premio che garantisce duecentomila copie e renderlo felice, altrimenti è finito. Detto ciò, all’inizio tutto bene, non fa in tempo a uscire il libro che subito Scurati diventa il papabile incoronabile, l’ufficio stampa Valeria Frasca viene sferzato a sangue, e si legge ogni giorno sulle terze pagine che il gruppo Rcs ci punterà molto (anche perché, questo non si legge, se vince forse rimettono in circolazione le rese del vendibile polpettone invenduto Una storia romantica). Siccome però ormai le cosacce si possono fare alla luce del sole e nessuno se ne accorge, venerdì 17 aprile, dopo tanto parlarne, Scurati cosa fa? Come se passasse di lì per caso, si “autocandida” al Premio Strega, dichiarandolo in un’intervista su Repubblica. Come mai Repubblica intervista proprio Scurati, proprio al momento giusto? Una coincidenza? Macché. Piuttosto Elisabetta Sgarbi, nella sala ovale di Via Mecenate, avrà detto «Ho un’idea, fai vedere che ti candidi tu, da solo… È più figo… Tanto ci cascano tutti…». «E come faccio?» avrà risposto Scurati, in posa aggrottata da intellettuale che finge di pensare. «Ti organizzo un’intervista io… Ne ho uno buono… Bono…». «Ma se poi Parente mi prende per il culo? L’hai visto anche tu, gli avevi detto di non toccarmi, gliel’avevi ordinato, e ha mandato affanculo anche te…». «Ma figurati, Parente dice talmente sempre la verità che ormai non gli crede più nessuno, il mondo è nostro, svegliati… Valeriaaaa chiama Bono!». Quindi l’indomani paginona di Repubblica, firmata Maurizio Bono. Il titolo dice «“Mi autocandido allo Strega”. Scurati corre contro le lobby». Un lettore ignaro esclama «Cazzo! Però…». Un lettore minimamente informato sul triste demi-monde editoriale esclama «Cazzo! Però… non è lui la lobby?». Bono fa finta di niente, come se intervistasse Pasolini. Paradossalmente nell’occhiello si legge appunto «Intervista allo scrittore ora tra i favoriti per la vittoria finale», ossia nella stessa pagina in cui Scurati si autocandida a sorpresa viene già dato per favorito, non hanno resistito neppure i redattori di Repubblica a sputtanarlo. Ancor più paradossalmente lo stesso giorno mi autocandidavo io, con un libero intervento su Libero, stavolta per paradosso vero, perché figurati se candidano e premiano un capolavoro, perché più fuori dai giochi di me ci sono solo i grandi scrittori morti, i classici, Proust, Flaubert, Kafka, e giù di lì. Per ulteriore paradosso perché anche Contronatura è edito da Bompiani con la quale però ho spezzato ogni ponte, e adesso sono terrorizzati che qualcuno dei giurati mi prenda sul serio e io possa mettere piede al Ninfeo solo per rompere i coglioni e le cristallerie e le uova ben stipate nei vari panieri e nella pochette della signora Sgarbi. Tuttavia la mia autocandidatura beffa l’indomani è segnalata su Repubblica, in un nuovo articolo del buon Bono, benché appaiata alla candidatura travestita da autocandidatura di Scurati; mentre, guarda caso, viene ignorata dal Corriere della Sera, quotidiano Rcs, dove viene registrata solo la sedicente autocandidatura di Scurati “contro le lobby editoriali”.
Ma il bello deve ancora venire, e viene qui. Martedì scorso il quotidiano della Rcs, con somma nonchalance, intervista Giulio Lattanzi, il quale si rammarica che l’iniziativa di Scurati, da sola, non basterà a “sconfiggere” i grossi gruppi editoriali. Dice proprio così. Cazzuto, questo Lattanzi. E intanto sottolinea che «quello di Scurati è un gesto stimolante e provocatorio che prova a ribaltare la logica consolidata secondo la quale gli editori indicano loro i “campioni”…». Aggiungendo, perentorio: «Noi sosterremo ovviamente il suo romanzo, in cui crediamo molto». Ma chi è questo Giulio Lattanzi? Un amico di Scurati? Un black-block? Un Wu Ming? No, è il direttore della Rcs libri, in un’intervista su un quotidiano della Rcs, dove sostiene il coraggioso Antonio Scurati, che “autocandida” il suo romanzo edito dalla Bompiani, casa editrice della Rcs Libri. Se non foste convinti della bontà dell’operazione del coraggioso Scurati e del valoroso Lattanzi, le prime pagine del romanzo Rcs in questione potete leggerle in un apposito opuscoletto pubblicitario spillato nell’ultimo numero del Corriere Magazine, settimanale della Rcs allegato al quotidiano Rcs, e si intitola: il bambino che sognava il Premio Strega.

 
Massimiliano Parente, Libero, 25 aprile 2009

26 aprile 2009

Il sogno di una notte di mezza estate di Montale

PUCK
Rugge il leone affamato,
il lupo alla luna ùlula
e russa l’aratore che ha passato
il giorno sul lavoro.
Ora i tizzoni consumati splendono
ed uno strider di civetta sale
al cielo, e al poveretto che languisce
in miseria, ricorda il funerale.
Ecco l’ore notturne
in cui le tombe s’aprono e i fantasmi
scivolan via dall’urne
dei camposanti.
E noi spiriti erranti
che dietro il carro di Ecate, la tripla,
fuggiamo il sole ed inseguiamo il sogno
notturni incanti,
noi siamo allegri, oggi. Nessun topo
turberà questa casa consacrata:
io stesso resterò qui sulla porta
con la granata.

Eugenio Montale, "Coro (Puck)", Quaderno di traduzioni

25 aprile 2009

Oggi un paese è luogo di frammenti

Quella sera sotto il ferro lunare le povere case ebbero i tetti squarciati. Lontane voci, polvere, strazi, addomi schiacciati sotto una trave, croste di sangue alle unghie, creta che tappa la gola, il lampione che oscilla come una criniera, confuso nei vetri e nel cemento il sandalo di un gottoso, porte che non si aprono, vene che si spezzano nella gamba e nella pupilla. I muri erano stanchi, oscuri gli angoli. C’era un rancore rassegnato nel fondo della testa di chie era rimasto, orfano di assenze secolari, di grigie inclemenze. L’ingiuria venne da sotto e portò via ventotto persone. Ora il vivere che resta è altro da quel che era e non certo peggiore.

Franco Arminio, Viaggio nel cratere, Sironi

24 aprile 2009


 
Qui i racconti della prima serata vinta da Paolo Grassi e Giuseppe Schillaci.