Il futuro è nelle loro mani

Il futuro è nelle loro mani
Never Let Me Go
Sto per finire una traduzione e più mi avvicino alla conclusione più cresce la paura dell’abbandono: non voglio lasciar andare questi meravigliosi personaggi con cui ho passato tanto tempo negli ultimi mesi. Capita di appassionarsi così tanto ad un libro da non voler arrivare alla fine, oppure, una volta finito, da continuare a vivere nel suo mondo immaginario per qualche giorno. Qual è il libro che avete fatto più fatica a mettere via quest’anno? E nell’ultima decade (per un ripasso sugli ultimi dieci anni vedi la foto sopra, apparsa in formato più grande sul New York Times)? Buon anno e buona decade.
Attesa
Non voglio incontrare Hans Gude. Perché io so dipingere. Io so dipingere. Nessuno sa dipingere come me, solo Gude.
Jon Fosse, Melancholia, Fandango
Salvezza e vigore
La salvezza dei manoscritti e dei libri del mondo è un atto trascendente.
Daniel Siegel
L’uomo finito
Solo nella massa l’uomo può essere liberato dal timore d’essere toccato. Questo capovolgimento del timore d’essere toccati è peculiare della massa.
Elias Canetti, Massa e potere
Vigilia di Natale (dedicato a chi si vende l’anima)
[…] Vidi un corpo disteso sulla neve. Era Gesù Bambino. Bianche e rigide le membra. L’aureola un giallo disco gelato. Presi il bambino in mano. Gli mossi su e giù le braccia. Gli sollevai le palpebre. Non aveva occhi. Io avevo fame. Mangiai l’aureola. Sapeva di pane stantio. Gli staccai la testa con un morso. Marzapane stantio. Proseguii.
Friedrich Dürrenmatt, da Natale
I say a little pray for you
Donkey & Son
Una nota per ravvivare un po’ lo spirito natalizio – finora piuttosto scarso, neve a parte: Jeanette Winterson ha pubblicato un libro di Natale per bambini, The Lion, The Unicorn and Me, in cui racconta la storia della sacra natività nella prospettiva dell’asinello. Splendida idea, che, mi suggeriscono in regia, si ispira al classico canto di Natale "The Friendly Beasts", detto anche "The Song of the Ass", e a sua volta basato sull’inno latino "Oriens Partibus", che nella Francia medievale era suonato nella fête de l’âne, la festa dell’asino. Per celebrare la fuga della Sacra Famiglia in Egitto, si conduceva un asino in chiesa sulle note di questo inno, che faceva parte del canzoniere carnevalesco delle feste dei folli. E in più tempi recenti è stato interpretato anche da Harry Belafonte, Johnny Cash e Sufjan Stevens. Discorso questo dell’asino che si accorda abbastanza bene con quanto detto negli ultimi tempi sulla presenza di animali (e ibridi uomo/animale) nella narrativa e nella saggistica (da Derrida in giù) degli ultimi tempi. Più modestamente, si legge su The Guardian, alla storia di Natale raccontata dall’asino ci aveva pensato però anche una mamma dell’Hertfordshire, Janet Duggan, che vent’anni fa aveva scritto The Christmas Story as Told by Assellus the Christmas Donkey. Dice Duggan: "the nativity story is a lovely story, but it is getting a bit lost these days. Children love the story and children love animals." Amen. E buone feste.