Archive for gennaio 2010

31 gennaio 2010

Filtro amaro

Dans l’explosion de la rosée
J’entends l’écho d’une époque glorieuse
Et j’offre ma voix et sa renommée
O lémures impatientes
La peur ondule dans les heures du sommeil
Et l’encre du temps vient capturer le démon
Tandis que ma mémoire
Traverse les ères et les siècles
Telle l’ossature d’un temple
Rapt d’un désert assoiffé.
Poussière de promesses dans la mousse de la nuit
Pêcheur déçu par les cailloux du lac
Fard nocturne d’une misère envahissante
Début timide du vacarme des grands jours
Que la grâce nous imprègne tous.

Jean Metellus, Philtre amer

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31 gennaio 2010

Andare

Voglio dire che ho lasciato scuole e posti senza nemmeno sapere che li stavo lasciando. È una cosa che odio. Che l’addio sia triste o brutto non me ne importa niente, ma quando lascio un posto mi piace saperlo, che lo sto lasciando. Se no, ti senti ancora peggio.

J.D. Salinger, Il giovane Holden, Einaudi

31 gennaio 2010

Sempre più spoglia

Narrativa italiana: –;
Narrativa straniera: 2(1) L’eleganza del riccio di Barbery, edizioni e/o; 8(8) Breaking dawn di Meyer, Fazi; 10(9) Eclipse di Meyer, Fazi; 19(15) New moon di Meyer, Fazi;
Saggistica: –;
Varia: –.

31 gennaio 2010

Basta poco

La signora Olympe Fraisse racconta di essere stata aggredita nel bosco di Bordezac, nel Gard, da un satiro, che avrebbe inflitto ai suoi 66 anni ripetuti, meravigliosi, oltraggi.
 
Félix Fénéon, romanzo in tre righe

29 gennaio 2010

Scrittori si nasce

La gente non capisce. Perfino gli altri scrittori non capiscono. Scrivere è completamente diverso. Gli altri finiscono a fare un lavoro per caso o per scelta, ma scrittori si nasce. Noi dobbiamo scrivere. Io devo scrivere. Potrei vendere motel o fare l’allevatore di maiali, ma se qualcuno mi chiedesse qual è il mio mestiere, direi scrittore, anche se non avessi ancora venduto un racconto. Gli scrittori scrivono. Gli altri parlano.
 
A parlare è Salinger, Salinger secondo W.P. Kinsella in Shoeless Joe

28 gennaio 2010

Riposatevi voi

The one thing I hate to do is go to bed when I’m not even tired.
 
J.D. Salinger

27 gennaio 2010

The rest is boredom

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Il NYT sostiene che l’aggettivo "noioso" sia la parola tabù delle recensioni letterarie. In articoli in cui i qualificativi di tutti i generi si sprecano, "boring" e affini sono comparsi solo 19 volte in tutto il 2009. Questo perché, nel vocabolario dell’intellettuale, la noia è  il peccato capitale, "a trivial emotion that can trivialize the world", o nelle parole di  Oscar Wilde, citate tra l’altro anche nel libro che sto traducendo in questo periodo "the one sin for which there is no forgiveness". Si può svilire un libro in tutti i modi, ma chiamandolo noioso si svilisce sé stessi.

Eppure è curioso, visto come la noia sia componente costitutiva non solo della vita umana, ma anche dell’esperienza della lettura. E non solo perché i libri a volte sono noiosi in effetti. Ora anche la scienza lo dimostra: è proprio quando siamo apparentemente inattivi che il cervello attiva le aree che presiedono alla memoria e all’immaginazione. Una sorta di cinema della mente che si mette in moto per intrattenerci quando non abbiamo altri pesci da friggere. Ed è più o meno lo stesso quando leggiamo un libro; più che concentrazione, ci serve un momento di spensierata inattività per immaginare  per bene le cose che leggiamo.

Il problema dell’articolo è forse che mescola troppo disinvoltamente noia esistenziale, ozio e semplice inattività, ma qualcosa di vero nel discorso c’è. Forse in editoria l’eufemismo preferito per scaricare un libro noioso è più "non funziona", ma il risultato non cambia. Certi libri annoiano, ma non si ammette facilmente, soprattutto se si tratta di un autore generalmente apprezzato. Qual è il libro che vi ha più annoiato di più? Quando un libro vi annoia che fate, lo buttate via, o perseverate? Punti in più per chi ammette di annoiarsi con un peso massimo. Comincio io, in ordine sparso: On The Road, molto Pynchon, Murakami, Burroughs, Candide …

Da Almanacco Americano

27 gennaio 2010


Leggi l’approfondimento sui Novissimi.

27 gennaio 2010

Nei solchi e nelle crepe

Scrivendo i Canti del caos ho avuto l’impressione di spaccare la lingua, di portare violentemente delle cose che non erano date.
 
Antonio Moresco, dall’intervista di Oscar Alicicco

25 gennaio 2010

Lo schiaffo dei bambini e del vento

Quando si torna dal lavoro la sera d’inverno, per strada fa freddo e ansia. Anche prima faceva freddo nella scuola, perché non c’è riscaldamento e in qualche aula sono rotti i vetri; in alcune aule i riscaldamenti c’erano, ma un po’ si sono rotti un po’ li hanno rotti i ragazzi; rompono la manopola e si divertono a bagnarsi poi all’improvviso l’uno con l’altro i calzoni. Le ragazze invece non vogliono che si bagni loro la gonna e danno schiaffi ai ragazzi; se uno dice al ragazzo: "Smettila!", lui dice: "Che ho fatto?" e un altro dice: "Non vedi che le hai bagnato la gonna e che lei ti ha anche dato uno schiaffo! " e lui dice: "Ma non si è sentito niente!" e l’altro dice: "Ma gli schiaffi non si sentono solo, si vedono anche! " e tutti ridono, e allora lui dice: "Ma lei guardava dall’altro lato" e di nuovo tutti ridono; e allora ci si mette a ridere davanti a questi ragazzoni costretti a fare gli infanti.
Per strada fa freddo, c’è un vento sul Corso che sbatte le serrande dei negozi chiusi e anche la malferma insegna della fermata del pullman sbatte di qua e di là, e il grattacielo, giù verso il mare, sembra sbattere come un pezzo di cartone marcio.

Fabrizia Ramondino, Il calore, nottetempo