Archive for aprile 2010

30 aprile 2010

Da Pavese a Pivano

Cara Fernanda,
che cosa succede? Dopo Diderot non ho più saputo niente di Lei. Le ho scritto per congratularmi, e poi silenzio.
Diderot è stato corretto da me (Bougainville), rivedendo tutti i segni rossi (molti ottimi), scarnendo un po’ le note. Quelle mancanti le farà Muscetta sulle bozze. Adesso attendiamo la prefazione.
Come va? Non viaggia più Torino-Mondovì? Credo che a quest’ora avrà trovato in via Gioda le prime copie di Spoon River.
Non Le succede più di fare meditazioni o incontrare avventure di viaggio? Io né faccio meditazioni né incontro avventure. Per quanto strano, ingrasso. Non riesco a scrivere niente e divento animalesco.
È il momento in cui Lei, se è in gamba, può acchiapparmi e bagnarmi il naso. Basta che lavori, studi e traduca, e sforzi la testina. Diventerà celebre, scriverà libri, troverà la cattedra, sarà un luminare della filologia. Io, quando la mia decadenza abbia compiuto il suo ciclo, verrò a fare il bidello nella Sua aula […].
Qui non mi muovo mai e vedo il meno gente possibile. Tendo a seccarmi a morte, pe vedere un po’ se dalal noia — secondo la mia teoria — non nascerà lo stimolo a fare qualche cosa. Lo sa perché da due anni non faccio più niente di gran che importante? Perché, da quando conosco Lei, non posso più annoiarmi, sono sempre travagliato e stimolato dal Suo pensiero, e quindi non scrivo romanzi. Questo è anche un comlimento. Non Le pare?
Addio, Fern
Pavese
(Roma, giovedì 15 aprile 1943)

Cesare Pavese, Vita attraverso le lettere, a cura di Lorenzo Mondo, Einaudi

Pubblicità

29 aprile 2010


 
Fortunato Depero

29 aprile 2010

Solo, ma no

Sentirsi solo è un piacere che spaventa.
 
Federigo Tozzi, Bestie

 
 

28 aprile 2010

La luce e il segno

Amo definirmi come un artista musulmano, nato dalla cultura e dalla storia della mia Arabia Saudita. Nelle mie immagini cerco di mostrare i segni che il Divino lascia sulla natura e sull’uomo e per me la fotografia è uno strumento attraverso il quale lodare la gloria di Dio nell’universo.

Reem Al Faisal

*

post86_alfaisalReem Al Faisal, Bambini, Siria

28 aprile 2010

Walkabout

Si parte. Viaggio di qualche settimana in Italia. Mi sento come il barcaiolo che deve trasportare dall’altro lato del fiume lupo, pecora e cavolo. C’è una piccola pila di libri americani che vorrei leggere in questo mesetto di viaggio. Devo ancora finire Notable American Women di Ben Marcus, raccomandatissimo da un amico di cui mi fido, e nel fare un po’ di ordine stasera mi sono ricapitati tra le mani due titoli che rimando da una vita: The Rest Is Noise di Alex Ross e Hard Times, la storia orale della Grande Depressione raccolta da Studs Terkel. Dopo averli letti però immagino che li vorrò portare indietro, e questo non è affatto pratico – tra viaggi e traslochi la logistica di questo periodo è particolarmente ostica. Meglio partire leggero e sperare di raccogliere qualche libro italiano interessante dall’altro lato forse. Ma se poi sono molto interessanti me li vorrò portare appresso, e il problema della zavorra si ripropone invertito. Voi quali italiani raccomandate? E avete in mente qualche titolo che vi posso portare da qui? Ci vediamo dall’altro lato.

Da Almanacco Americano

27 aprile 2010

Mahare e ianare

La mahara arriva puntuale per le orazioni contro lo scanto, ’u matruni; benedice corni rossi e nastrini, getta pugni di sale, segna croci nell’aria e sulle carni.
“Quando ti viene la luna, dammi la pezza che ti controllo il sangue. Accura a quando tossisci o sbadigli, cerca di mangiare con la bocca stretta. Quando c’è lo scanto, siamo più deboli e allora si può ingoiare qualche spirdu”, ripete la mahara.
E forse ha ragione Zà Mimì, ché Franca le vede le maleombre e si sente sfiorare, spingere alla bocca dello stomaco, ma queste cose alla vecchia non le dice, non si fida.
“È come se dentro la pancia c’hai una donna con novantanove braccia, che si chiama matruni. Questa femmina maligna ti stringe le budella a suo piacimento, perché ti vuole ricordare lo scanto che hai avuto”, spiega la mahara con professionale autorità.
“Ma noi la ricacciamo fuori: verso giù, da dietro, o verso su, dalla bocca, e così a poco a poco ti liberi”, continua, invitandola a liberarsi.
La ragazza è intimorita dalle formule della mahara, da quell’aspetto animalesco e da come parla con i spirdi, come fossero amici o parenti stretti.

Giuseppe Schillaci, L’anno delle ceneri, Nutrimenti-Gog

Adelina imparava, ma non voleva imparare.
Soprattutto non voleva imparare a fare quello che facevano sua madre e sua nonna ogni volta che lassù arrivava qualche donna del paese.
Si accorgeva da lontano di loro. Ancora prima di scorgerle dall’alto della radura, prima di sentire il rumore dei loro passi, fiutava l’odore del sangue.
Avrebbe voluto ricacciarle, rimandarle indietro.
Via, via, ripeteva ossessivamente: Scarpa scarpone, scapizzete pe’ ‘stu vallone.
Ma non era forte come sua madre e sua nonna, non conosceva le parole giuste per azzopparle e tenerle lontane. E così eccole lì che, passo dopo passo, scarpinando arrivavano alla casa.
Bussavano. Toc toc.
E ogni volta, quel toc toc Adelina avrebbe preferito che fosse stata la morte a farlo.

Licia Giaquinto, La ianara, Adelphi

26 aprile 2010

Sembra tutto facile

Secondo me tutto nasce dal fatto che sembra facile. I sediolini bruciati e poi lanciati nel settore degli ospiti, le bombe carta, i petardi, i laser verdi, le cariche della polizia sugli ultrà e degli ultrà sulla polizia, parte tutto da qui.
Ieri c’è stata la (strana (a tre giornate dalla fine: inutile?) e indecifrabile) apertura a tutte le trasferte per tutti i tifosi di tutte le squadre d’Italia. E per tutta risposta i tifosi del Bari, in trasferta a torino, si sono dati appuntamento con i tifosi della Juve fuori all’Olimpico.
E non per un caffé.
Allora ho provato a pensare al motivo per cui le persone vanno allo stadio: seguire la propria squadra è stata la mia risposta. Anche io ci vado per lo stesso motivo. Anche io mi emoziono, anche io esulto, anche io bestemmio.
Ma perché io non brucio i sediolini? Perché non sono violento? Perché sono civile ed educato.
 No, questa conclusione non mi soddisfa.
Secondo me il punto sta nel come uno segue la partita.
Allora ho provato a confrontare come io mi relaziono alla partita e come si relaziona un mio conoscente, tifoso appassionato quanto me, che però in curva gli ho visto fare cose riprovevoli.
La conclusione è che io stimo i calciatori, li apprezzo per quello che fanno, anche se a volte non lo fanno bene. Lui invece no. Anzi, lui vorrebbe stare in campo, perché crede, si convince (almeno quando è in curva o davanti alla tv) di essere capace di fare quel goal che l’attaccante ha sbagliato. Io no (e come me molto persone "pacifiche"), non lo penserei mai, perché apprezzo i cross di Cassano e i goal in scivolata (scivolata di tre metri!!) di Pazzini, e pure se a volte mi faccio il sangue amaro so che non è tutto facile come sembra. Perciò non credo che io possa fare più di quello che faccio: seguire un incontro di calcio. Perciò sto buono, educato e civile; e solo a volte bestemmio.
Adesso è chiaro che la violenza degli stadi non parte solo da questo (io sono tra quelli straconvinti che ci sia molta politica, molto Sky, molto Mediaset Premium e molta criminalità organizzata sotto), ma se si prova ad andare allo stadio e a sentire i discorsi degli ultrà, dell’ultrà singolo che tra due minuti riempirà una busta piena di siringhe appena usate e la lancerà tutta verso il settore ospiti, allora si percepisce un’irriverenza verso i calciatori, una disistima che non è solo frutto del momento, ma che serpeggia costante anche dopo la partita, perché i calciatori fanno troppo poco il proprio dovere, sono strapagati e in fin dei conti non ci vuole niente a fare goal su calcio di rigore.
Quindi, ieri in metro, pensavo che l’odio tra tifoserie è prima di tutto odio verso i calciatori stessi, se riduciamo tutto all’osso. E fin quando non ci sarà rispetto per il gioco del calcio e per chi lo gioca, ci sarà sempre violenza.
Ma mentre riducevo all’osso, a Manzoni, sono entrati  dei tifosi della roma, tutti gialli e rossi. E dopo di loro un paio di famiglie con sei o sette bambini al seguito. Tra questi sei o sette bambini solo uno teneva la maglia della Roma. Gli altri, chi aveva una maglia di Hamsik, chi di Rinaldinho, uno addirittura di Buffon, una ragazzina invece c’aveva scritto dietro Roberto Baggio, targato Italia ’90.
Allora ho pensato: "ma che c’azzecca Baggio con Roma – Sampdoria?"
Dimenticandomi che quei bambini stavano andando a vedere, prima di tutto, una partita di calcio. 

26 aprile 2010

Le pietre di Garibaldi

"[…] qui Garibaldi ha fatto la rivoluzione. Qui! Proprio sopra queste pietre. Giuseppe Garbaldi. Una battaglia gloriosa, e ha liberato Palermo dagli stranieri".
"Ah".
"So tante storie di rivoluzione".
 
Giuseppe Schillaci, L’anno delle ceneri, Nutrimenti-Gog

25 aprile 2010

Bagliori
 
L’attimo della dolce angoscia fuggiva, oh, che altro può fare un attimo? ma il succedente gli succedeva: l’integrale dei fuggenti attimi è l’ora.
 
Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, Garzanti

24 aprile 2010


 
Pietro Consagra