Pazienza e fatica e oblio di sé nel creare un giardino
Ricostruire un pezzetto del mondo fiorito: dovrebbe essere lo scopo di ogni giardiniere. Che dovrà iniziare con il cuore leggero e gli occhi bene aperti […] pur con la coscienza di quanto tortuoso, e faticoso, sarà il cammino da percorrere. Diventare giardinieri significa tentare, sbagliare, incaponirsi, provare grandi delusioni e piccole soddisfazioni che incoraggiano a sbagliare di nuovo… Ma significa soprattutto aprire le orecchie, annusare, identificare il ritmo e la voce segreta di un luogo, per abbandonarvisi e assecondarli. Il giardino non può nascere da una violenza esercitata sulla terra — nemmeno quella più formale. Fare un giardino è arrendersi fino al punto di dimenticare sé stessi. […]Fare un giardino è fondersi, è unirsi a qualcos’altro. Per cominciare, oltre che dotati di occhio, di pazienza e di un minimo di cultura botanica, bisogna essere in grado di denudarsi.
Umberto Pasti, Giardini e no. Manuale di sopravvivenza botanica, Bompiani
Quando lavoravo più attivamente nei giardini privati, venivo sempre criticata per la lentezza con cui sviluppavo quelli nuovi. Piantavo con molta lentezza. Mi piaceva piantare un tipo di fiore alla volta, dandogli una stagione o due per prendersi lo spazio che desiderava. Le creature viventi sanno quello di cui hanno bisogno. L’ho sempre pensato. Perché far ressa intorno a qualcosa da subito, quando non ha ancora avuto la possibilità di diventare sé stesso? Il giardinaggio, che richiede pazienza, è spesso il dominio dell’impaziente. A volte non venivo riconfermata come giardiniera in quei giardini privati dove si desiderava la bellezza istantanea.
Helen Humphreys, Il giardino perduto, Playground