Archive for giugno 2010

30 giugno 2010

Il presente al cucchiaino

Ciò che dobbiamo interrogare sono i mattoni, il cemento, il vetro, le nostre maniere a tavola, i nostri utensili, i nostri strumenti, i nostri orari, i nostri ritmi. Interrogare ciò che sembra avere smesso di stupirci. Viviamo, certo, respiriamo, certo: camminiamo, apriamo porte, scendiamo scale, ci sediamo intorno a un tavolo per mangiare, ci corichiamo in un letto per dormire. […]. Fate l’inventario delle vostre tasche, della vostra borsa. Interrogatevi sulla provenienza, l’uso e il divenire di ogni oggetto che ne estraete. Esaminate i vostri cucchiaini. Cosa c’è sotto la carta da parati? […]. Poco mi importa che queste domande siano frammentarie, appena indicative di un metodo, al massimo di un progetto. Molto mi importa, invece, che sembrino triviali e futili: è precisamente questo che le rende altrettanto, se non addirittura più essenziali, di tante altre attraverso le quali abbiamo tentato invano di afferrare la nostra verità.

George Perec, L’infra-ordinario

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30 giugno 2010

Spazi bianchi

Le fotografie dovrebbero essere come frasi incompiute. Dovrebbero sempre lasciare spazio alle domande.

Philipp Toledano

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post92_toledanoPhilipp Toledano, Days with my father, 2010

30 giugno 2010

Outstanding achievement in the field of excellence

Ma come si traduce "blurb" in italiano? Faccio sempre fatica a pensare un parola della stessa efficacia. Sarà che forse noi siamo gli eterni smaliziati quindi da noi le "raccomandazioni" – in quarta di copertina o altrove – si ascoltano sempre, ma non necessariamente si accettano, però da queste parti si raggiungono autentiche vette di comicità involontaria cui noi non siamo ancora arrivati, credo, e spero non arriveremo mai. Per esempio ieri leggevo il blurb offerto da Nicole Krauss a To The End of Land di David Grossman, pacatamente lodato tra le altre cose come "the most gifted writer I’ve ever read; gifted not just because of his imagination, his energy, his originality, but because he has access to the unutterable, because he can look inside a person and discover the unique essence of her humanity." Ora, va bene che magari questo libro è meraviglioso – non ho mai letto Grossman. Va bene che Grossman è un autore celebrato all’estero ma relativamente sconosciuto negli Stati Uniti, quindi è giusto parlarne con qualche punto esclamativo in più. Va bene anche che Grossman è pur sempre un autore in traduzione, quindi da queste parti ha pure bisogno di una spintarella, ma c’è veramente un limite a tutto. Mi fanno scagliare via un libro con viva forza in particolare i blurb in cui si dice che uno scrittore a) ti mostra la condizione umana nella sua vera essenza – con la variante che non chiude gli occhi o distoglie lo sguardo di fronte allo schifo/orrore  b) ti cambia la vita; nulla sarà come prima dopo aver sfiorato la copertinadi questo tomo c) ti fa riconciliare con la persona che sei sempre stato, ma che ti eri dimenticato dimenticato. Nicole Krauss fa filotto.

Immagine di Will Adler

Da Almanacco Americano

30 giugno 2010

Il tempo dilazionato

S’avanzano giorni più duri.
Il tempo dilazionato e revocabile
già appare all’orizzonte.
Presto dovrai allacciare le scarpe
e ricacciare i cani ai cascinali:
le viscere dei pesci nel vento
si sono fatte fredde.
Brucia a stento la luce dei lupini.
Lo sguardo tuo la nebbia esplora:
il tempo dilazionato e revocabile
già appare all’orizzonte.
Laggiù l’amata ti sprofonda nella sabbia,
che le sale ai capelli tesi al vento,
le tronca la parola,
le comanda di tacere
la trova mortale
e proclive all’addio
dopo ogni amplesso.
Non ti guardare intorno.
Allacciati le scarpe.
Rimanda indietro i cani.
Getta in mare i pesci.
Spengi i lupini!
S’avanzano giorni più duri.

Ingeborg Bachmann, Il tempo dilazionato

30 giugno 2010

La verità è in alto

C’era una volta una mela a cavallo di una foglia.
Cavalca, cavalca, cavalca
insieme attraversarono il mare.
impararono a nuotare.
Arrivati in cima al mare, dove il mondo diventa piccino, la mela lasciò il suo vecchio vestito e prese l’abito da sposa più rosso, più rosso.
La foglia sorrise, era la prima volta di ogni cosa.
Riprese la mela in braccio, e partirono.
Giunsero in un paese giallo di grano pieno di gente felice, pieno di gente felice!
Si unirono a quella gente e scesero cantando fino alla grande piazza.
Qui altra gente si unì al coro.
"Ma dove siamo? ma dove siamo?"
Chiese la mela.
"Se pensi che il mondo sia piatto allora sei arrivata alla fine del mondo. Se credi che il mondo sia tondo allora sali, e incomincia il giro tondo!"
E la mela salì, salì, salì, salì, salì.
La foglia invece saltò saltò, saltò.
Rientrò nel mare e nessuno la vide più.
Forse per lei, mah, il mondo era ancora piatto.
…Vicino al mare dove il mondo diventa piccino….Se credi che il mondo sia tondo, allora sali, sali!
E incomincia il giro tondo!
 
Area, La mela di Odessa

30 giugno 2010

30 giugno 2010

La lunghezza del destino

Ricordiamo gli uomini, terrestri e peccatori,
ma che sapevamo in fondo di loro
Che sappiamo dei fratelli nostri, degli amici?
Di colei che sola ci appartiene?

E del nostro stesso padre
tutto sapendo non sappiamo nulla.
Gli uomini se ne vanno…
e non tornano più

Non risorgono i loro mondi segreti.

E ogni volta vorrei gridare ancora
contro questo irrevocabile destino.

Evgenij Evtushenko

[…]
Chinati, Ti devo sussarrare all’orecchio qualcosa:
per tutto io sono grato, per un osso
di pollo come per lo stridìo delle forbici che già un vuoto
ritagliano per me, perché questo vuoto è Tuo.
Non importa se è nero. E non importa
se in esso non c’è mano, e non c’è viso, né il suo ovale.
La cosa quanto più è visibile, tanto più è certo
che sulla terra è esistita una volta,
e quindi tanto più essa è dovunque.
Sei stato il primo a cui è accaduto è vero?
E può tenersi a un chiodo solamente
ciò che dividi in due, e ne resta ancora.
Io sono stato a Roma. Inondato di luce. Come
può soltanto sognare un frantume! Una dracma
d’oro è rimasta sopra la mia rètina.
Basta per tutta la lunghezza della tenebra.
 
Josif Alexandrovic Brodskij

29 giugno 2010

Pettegolezzi casa per casa

Maria came into the hall wearing a gray silk dress–a cloth and a color that flatteres her. Her eyes were bright and wide, and she kissed him tenderly. The telephone began to ring, for it was that hour in the suburbs when the telephone rings steadily with board-meeting announcements, scraps of gossip, fund-raising pleas, and invitations. Maria answered it and he heard her say, "Yes, Edith."

John Cheever, Just tell me who it was

Il telefono non squillò di casa in casa quel giorno, e neppure in quelli seguenti. La gente riunita attorno al tavolo per il pranzo domenicale era silenziosa, a parte le istruzioni ai figli di usare il tovagliolo, o di aiutare a sparecchiare la tavola. Era come se si fosse verificato un lutto che non riuscivano a superare, e tutti furono invasi da una reticenza tipica del New England, un senso di rispettoso silenzio, mescolato a una certa dose di senso di colpa, nei riguardi di ciò di cui erano stati testimoni. Il disagio si impadronì di molti, e quando scese la sera, un certo numero di donne aveva parlato a voce bassa ai mariti, chiedendo loro di telefonare alla fattoria per assicurarsi che Tyler stesse bene. […] E poi, il lunedì dopo il Giorno del Ringraziamento, i telefoni ripresero a squillare.

Elizabeth Strout, Resta con me, Fazi

29 giugno 2010


Virgilio Guidi

29 giugno 2010


Afro