Noi credevamo. On Revolution
Brevemente, il film di Mario Martone, tratto da un romanzo di Anna Banti, scritto dal regista partenopeo e da Giancarlo De Cataldo è una storia di amicizia, passione civile, tradimento e bilanci sia politici che esistenziali che portano ad esiti piuttosto fallimentari.
Domenico, l’intellettuale innamorato del sogno di un’Italia democratica e repubblicana, che riesce a mettere insieme passione rivoluzionaria e discussione politica razionale, Salvatore, popolano e innocente, vittima sacrificale delle divisioni interne della Giovane Italia e degli estremismi ideologici, e, infine, Angelo, disperato rivoluzionario che vede solo nella lotta la soluzione, vivono da punti di vista diversi e da orizzonti diversi il senso stesso della rivoluzione. Questi personaggi provano la gioia prima della rivoluzione, l’esaltazione della vittoria e la delusione di un esito lontanissimo da come avevano sperato, ecco il motivo dell’imperfetto storico del titolo che dà la speranza di un azione che continua silente nel tempo, ma ne annuncia anche la cristallizzazione.
Il film di Martone è un feuilleton dai toni melodrammatici, che, attraverso un andamento da grande opera verdiana, quasi come se il regista ci invitasse ad alzarci e a gridare gli evviva senza anagrammi sabaudi, ci consegna una riflessione lirica, meridionale, passionale e, sì, anche “gramsciana” del Risorgimento.
Una visione che dà a questo cinquantesimo anno un ricordo vivo, fatto di carne e sangue, di coloro che hanno fatto l’Italia: strateghi, dottori della politica, teorici, filosofi, borghesi e intellettuali, ma anche popolani e sovversivi. Senza alcuna retorica patriottica, il film racconta l’Italia, scoprendone le cause primi dei mali che l’attanagliano, nell’unico modo in cui si può parlare di questo paese, pieno di rivoluzionari e spiriti rivoluzionari, ma senza rivoluzioni, cioè in modo critico e poetico.