Archive for aprile 2011

28 aprile 2011

Odio il tennis

Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto, tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l'essenza della mia vita.

Andre Agassi, Open, Einaudi

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28 aprile 2011

Sul giardiniere

L'uomo giardiniere è nato certamente dalla cultura e non per uno sviluppo naturale. Se fosse nato dalla natura, avrebbe un altro aspetto; avrebbe le zampe del coleottero, per non doversi accovacciare, e avrebbe le ali, sia per la bellezza e sia per potersi alzare al di sopra delle aiuole. Chi non ha provato, non ha idea di quanto le gambe impaccino l'uomo, se non ha dove metterle; quanto siano inutilmente lunghe, se è necessario piegarle sotto di sé e frugare con un dito nel terreno; quanto siano assurdamente corte, se l'uomo deve raggiungere l'altro bordo dell'aiuola, senza nel frattempo calpestare il cuscinetto di pyrethrum oppure l'aquilegia che sta germogliando. Se fosse nato dalla natura, starebbe appeso alla vita a dondolarsi sulle proprie colture, o almeno avrebbe quattro mani e su di esse un berretto e niente più; o avrebbe arti pieghevoli come il cavalletto per la macchina fotografica. Ma giacché il giardiniere è evidentemente conformato in modo altrettanto imperfetto come voi altri, non gli resta che mostrare quello che sa fare: bilanciarsi sulla punta di un solo piede, librarsi come una ballerina russa, stare a gambe aperte su una larghezza di quattro metri, posarsi leggero come una farfalla o una cutrettola, entrare in un centimetro quadrato di terreno, mantenersi in equilibrio contro tutte le leggi sull'inclinazione dei corpi, arrivare dappertutto e scansare tutto e nel frattmepo tentare di conservare una certa dignità, perché la gente non rida di lui.
Naturalmente, ad un'occhiata superficiale, del giardiniere non vedrete null'altro che il sedere; tutto il resto, come la testa, le braccia e le gambe, sono semplicemente al di sotto.

Karel Capek, L'anno del giardiniere, Sellerio

27 aprile 2011

Pellegrini

A come Accarezzare

Romeo: (A Giulietta). Se profano con la mia mano tanto indegna questo scrigno santo, pure è un gentil peccato; le mie labbra, vergognosetti pellegrini, sono pronte a raddolcire quel tocco rude con un soave bacio.
Giulietta: Buon pellegrino, torto fai troppo alla tua mano, che in questo mostra devozion gentile; poiché le sante hanno mani che i pellegrini toccano, e palma contro palma è di pio pellegrino il bacio.
Romeo: Non hanno labbra le sante ed i pii pellegrini?
Giulietta: Sì, i pellegrini han labbra da usar nelle preghiere.
Romeo: Oh! Allora, cara santa, facciano le labbra ciò che le mani fanno; esse pregano, e tu concedi, perché la fede in disperazione non si muti.
Giulietta: Non muovono le sante, pur nell’esaudir la prece.
Romeo: Non muoverti allora, mentre della mia prece colgo l’effetto. (la bacia).
Così dalle mie labbra, per mezzo delle tue è la colpa purgata.

William Shakespeare, Romeo e Giulietta

27 aprile 2011

Raccogliere

Biswaranjan Rout

Biswaranjan Rout, Un ragazzo aiuta una tartaruga appena nata a entrare in acqua, India 2011

27 aprile 2011

Icone evocatrici 

L'icona evoca un archetipo, cioè desta nella coscienza una visione spirituale. 

Pavel Florenskij, Le porte regali

24 aprile 2011

24 aprile 2011

Poveri e cattivi

Essere povera non mi piace. Papà dice che invece va bene lo stesso, perché ci amiamo e finché c'è l'amore è tutto ok. Io non sono d'accordo ma annuisco, perché altirmenti lui e la mamma fanno gli occhi tristi e io mi sento sia povera che cattiva. Essere sia poveri che cattivi dovrebbe essere vietato dalla legge, quantomeno per una questione di salute.

Ilaria Bernardini, Corpo libero, Feltrinelli

23 aprile 2011

"Ma non è sempre così."
 
Ricardo Piglia, Soldi bruciati

21 aprile 2011

Una donna brutta

Una donna brutta non ha a disposizione nessun punto di vista superiore da cui poter raccontare la propria storia. Non c’è prospettiva d’insieme. Non c’è oggettività. La si racconta dall’angolo in cui la vita ci ha strette, attraverso la fessura che la paura e la vergogna ci lasciano aperta giusto per respirare, giusto per non morire.
Una donna brutta non sa dire i propri desideri. Conosce solo quelli che può permettersi. Sinceramente non sa se un vestito rosso carminio, attillato, con il décolleté bordato di velluto, le piacerebbe piú di quello blu, classico e del tutto anonimo che usa di solito quando va a teatro e sceglie sempre l’ultima fila e arriva all’ultimo minuto, appena prima che le luci si spengano, e sempre d’inverno perché il cappello e la sciarpa la nascondono meglio. Non sa nemmeno se le piacerebbe mangiare al ristorante o andare allo stadio o fare il cammino di Santiago de Compostela o nuotare in piscina o al mare. Il possibile di una donna brutta è cosí ristretto da strizzare il desiderio. Perché non si tratta solo di tenere conto della stagione, del tempo, del denaro come per tutti, si tratta di esistere sempre in punta di piedi, sul ciglio estremo del mondo.
Io sono brutta. Proprio brutta.

Mariapia Veladiano, La vita accanto, Einaudi

20 aprile 2011

Tre e uno 

Tre e uno, disse Watt.
Uno e tre, ruggì il signor Nolan.
 
Samuel Beckett, Watt