Sul giardiniere
L'uomo giardiniere è nato certamente dalla cultura e non per uno sviluppo naturale. Se fosse nato dalla natura, avrebbe un altro aspetto; avrebbe le zampe del coleottero, per non doversi accovacciare, e avrebbe le ali, sia per la bellezza e sia per potersi alzare al di sopra delle aiuole. Chi non ha provato, non ha idea di quanto le gambe impaccino l'uomo, se non ha dove metterle; quanto siano inutilmente lunghe, se è necessario piegarle sotto di sé e frugare con un dito nel terreno; quanto siano assurdamente corte, se l'uomo deve raggiungere l'altro bordo dell'aiuola, senza nel frattempo calpestare il cuscinetto di pyrethrum oppure l'aquilegia che sta germogliando. Se fosse nato dalla natura, starebbe appeso alla vita a dondolarsi sulle proprie colture, o almeno avrebbe quattro mani e su di esse un berretto e niente più; o avrebbe arti pieghevoli come il cavalletto per la macchina fotografica. Ma giacché il giardiniere è evidentemente conformato in modo altrettanto imperfetto come voi altri, non gli resta che mostrare quello che sa fare: bilanciarsi sulla punta di un solo piede, librarsi come una ballerina russa, stare a gambe aperte su una larghezza di quattro metri, posarsi leggero come una farfalla o una cutrettola, entrare in un centimetro quadrato di terreno, mantenersi in equilibrio contro tutte le leggi sull'inclinazione dei corpi, arrivare dappertutto e scansare tutto e nel frattmepo tentare di conservare una certa dignità, perché la gente non rida di lui.
Naturalmente, ad un'occhiata superficiale, del giardiniere non vedrete null'altro che il sedere; tutto il resto, come la testa, le braccia e le gambe, sono semplicemente al di sotto.
Karel Capek, L'anno del giardiniere, Sellerio