Seriosi abiti confezionati per bambine
Non appena sorella Clavel tira fuori la linda uniforme destinata a lei, Madeleine se la infila abilmente da sopra la testa, ma poi i suoi pugni voluminosi erompono dalle accurate cuciture come musi gemelli di due balene che infrangono la superficie dell’acqua. E così viene disposto che Madeleine abbia vestiti speciali, fatti apposta per lei, con lunghe e fluttuanti maniche simili a quelle di una concubina orientale. Un sarto nanerottolo suona il campanello del convento e sorella Clavel va ad aprirgli, lo accompagna su per le scale sul retro e lo fa entrare in una stanza assolata dove c’è Madeleine che lo aspetta appollaiata su un minuscolo sgabello intarsiato e con indosso nient’altro che le calze. Il sarto sparpaglia a terra i ferri del mestiere, e con un’irritante aria d’indifferenza inizia a prenderle le misure. […] Nel frattempo le natiche di Madeleine si scaldano ai raggi del sole, e le abili dita del sarto scivolano e si posano sulla sua pelle nuda. Madeleine pensa: Che sensazione divina.
Ma quando arrivano i vestiti, avvolti nella carta velina increspata, non sono del tessuto leggerissimo che aveva immaginato, anzi, le conferiscono perfino un aspetto più inquietante: mezza bambina, mezza bestia. Il corpetto e la gonna sono indistinguibili dall’uniforme del convento, austeri, informi e pieni zeppi di bottoni, a parte le maniche, cadenti come due flaccide orecchie di elefante.
Sarah Shun-lien Bynum, Madeleine dorme, Transeuropa, di prossima pubblicazione
Una volta alla settimana veniva a Torrevaca donna Matilde, una sarta ad ore per il guardaroba. Era vedova e si tingeva i capelli col mallo di noce, come mia nonna. Era arrivata per la prima volta con le stoffe per i miei vestiti e io dovetti scegliere tra campioni di vari colori, molti nei toni delle malve e delle fucsie, i prediletti da Matilde.
Preferii il nero, perché senza tinte si vestono i poveri e quelli a lutto, e poi non volevo essere differente dalle gemelle e umiliarle con una veste colorata, da padrona, perché già il mio posto era di privilegio in quella casa.
Per me, lo scuro, non era l'abito dell'obbedienza, ma della mia condizione, e mia madre e mia nonna le avevo sempre viste nei grembiuloni neri che nemmeno alla domenica venivano cambiati, perché noi non s'andava a Messa ed io ero stata battezzata di mala grazia.
Marcella Cioni, La corimante, Sellerio