Archive for novembre 2012

Plagi e plagi

30 novembre 2012

Tutta la storia della letteratura — quella storia segreta che nessuno sarà mai in grado di descrivere se non parzialmente, perché gli scrittori sono troppo abili nel celarsi — può essere vista come una sinuosa ghirlanda di plagi.

Roberto Calasso, La Folie Baudelaire

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A Word a Day #119: Impermalire

28 novembre 2012

Treccani: v. tr. [der. della locuz. (aversene) per male] (io impermalisco, tu impermalisci, ecc.). – Far stizzire, indispettire, far che una persona s’abbia a male di qualche cosa: la sua mancanza di fiducia mi impermalisce. Più com. l’intr. pron. impermalirsi, concepire, e mostrare, risentimento e dispetto per atti o parole da cui ci si ritiene offesi nell’amor proprio: s’è impermalito per non essere stato invitato anche lui; s’era impermalita perché le compagne non volevano farla giocare con loro; meno spesso senza la particella pron.: un bimbo scontroso e facile a impermalire. ◆ Part. pass. impermalito, anche come agg.: se n’è andato tutto impermalito.

Vita da scrittore impegnato (nell’editoria) #1

28 novembre 2012

Scrissi il mio libro La vita agra subito dopo aver tradotto due romanzi di Miller. […] Ora, chi esce da un simile tornado stilistico e psicologico non può non risentirne: almeno un raffreddore lo prendi.

Luciano Bianciardi

Vita da editor #3: slogan e filosofi per Bianciardi

25 novembre 2012

Il lavoro più difficile è la creazione dello slogan. Lo slogan è, per così dire, il colpo basso della pubblicità, anche perché la concorrenza è assai scaltrita e ci sono ditte che hanno assunto, per elaborarli, letterati e poeti con tanto di laurea e cattedra universitaria. […] La pubblicità ormai è una scienza. Dirò di più. Se tieni presente il fatto che la vita è produzione, che la produzione si fonda sul mercato e che il mercato, ormai, si conquista con la pubblicità, devi necessariamente concludere che la tecnica dell’advertising è ormai un’interpretazione della realtà, e che l’agente di pubblicità, in definitiva, è un filosofo.

Che tipo di moglie sei?

23 novembre 2012

Una volta finito di mangiare, le guance dell’uomo avevano assunto un altro colore. Prese fiato e disse: «Sto andando in città. Voglio trovarmi una moglie. Faccio male ad ammetterlo? Sarebbe meglio non dirlo forse. Sembra una cosa infantile. O antiquata. Andare in città in cerca di una moglie».
Il bourbon aveva reso Judith meno spigolosa.
«Che tipo di moglie vuoi?».
Lui alzò un sopracciglio. «Che tipo? Perché, quanti tipi ci sono? Non lo so. Un tipo gentile. Un tipo fedele. Magari con gli occhi scuri».
Si girò per guardarla bene in faccia. Da vicino lui aveva una palpebra leggermente afflosciata. Un viso lungo, serio, due mezzelune scure sotto gli occhi.
Le chiese: «Tu che tipo di moglie sei?».
Era una domanda stupida, lei lo capì quando se la vide ritorcere contro.
Lui aspettò.
Come rispondere? Come descrivere il senso di infinita costrizione, la tenerezza, il desiderio di essere sola e la gratitudine di non esserlo, e la fantasticheria di qualche altro uomo che la gettava sul sedile posteriore della sua macchina come un sacco d’immondizia?
Avrebbe potuto dire qualsiasi cosa. Voleva toccargli il viso. Voleva togliergli le scarpe e i pantaloni. Rispose: «Un tipo schifoso».

Sarah Braunstein, Il dolce sollievo della scomparsa, 66thand2nd

Talento per la matematica

21 novembre 2012

Fosse stato per me, avrei optato per una facile laurea in letteratura presso una remota università di provincia a nord o a ovest di casa. Amavo leggere romanzi. Ero veloce — potevo finirne due o tre alla settimana — e passare tre anni a fare questo mi sarebbe andato benissimo. Ma a quel tempo ero considerata una specie di scherzo di natura: una ragazza che aveva talento per la matematica. La materia non mi interessava, né mi divertiva granché, ma mi piaceva essere in vetta, e arrivarci senza troppa fatica. Conoscevo le risposte alle domande prima ancora di sapere come ci ero arrivata. Mentre le mie amiche si affannavano a calcolare, io arrivavo alla soluzione tramite un’incerta serie di passi in parte visiva, in parte rispondente a una semplice intuizione di ciò che era corretto. Difficile spiegare come facevo a sapere quello che sapevo. Naturalmente, un esame di matematica era molto meno faticoso di uno di letteratura inglese.

Ian McEwan, Miele, Einaudi

La bambina

19 novembre 2012

È tornata la bambina. Se ne sta in piedi controluce, davanti le grandi porte spalancate della Scuderia. Ciuffi di fieno appena falciato si sollevano e si sparpagliano a terra. La luce inonda i box.
«Ciao, cavallini!». La bambina ha in mano un fazzoletto di stoffa pieno di pesche. Si avvicina al primo box e allunga un frutto giallo chiaro.
Rutherford inarca il collo verso la mano tesa. Sul posteriore pezzato gli ballano lentiggini di luce. Lecca il palmo della bambina scandendo un messaggio in codice che si è inventato: —— – —— -. Significa che lui è Rutherford Birch Hayes, il diciannovesimo presidente degli Stati Uniti d’America, e che lei deve avvertire le autorità locali.
«Ah ah!», la bambina ride. «Mi fai il solletico».

Karen Russell, “La Scuderia alla fine del nostro mandato”, United Stories of America, minimum fax

Doveri di editor #2

15 novembre 2012

Quale dovrà essere l’atteggiamento della casa editrice? Quello che ha presieduto alla sua fondazione e che noi abbiamo cercato di portare avanti da un anno e mezzo a questa parte, cioè da quando l’Editore è stato costretto per forza di cose ad occuparsi di altro; da allora andiamo avanti con le nostre gambe; abbiamo ampliato la zona dei consensi, sicché ora c’è un gruppo di collaboratori — fuori e dentro la casa editrice — che ne regge le sorti e si identifica sempre più con essa. […] se noi lavoreremo per consolidare un’immagine autonoma della casa editrice […] non avremo nulla da temere. […]
La nostra condizione ci porta delle difficoltà, ma ci offre anche delle opportunità: come per esempio quella di non sentirci solo dei salariati, ma di partecipare in modo autonomo, creativo e originale allo sviluppo della casa editrice […] e con un intervento intelligente di tutti ogni difficoltà è superabile.

Doveri di editor

15 novembre 2012

[…] teniamo inoltre a precisare che rientra nei suoi compiti di Direttore delle due collezioni il costante contatto con l’ambiente letterario e con i critici romani, onde creare intorno alla nostra Casa un clima di simpatia e prestigio.

Alberto Mondadori e Vittorio Sereni a Niccolò Gallo

I galli di Citera

14 novembre 2012

“…e a Capo Matapan, nelle giornate limpide,” stava dicendo il capitano “si sentono cantare i galli di Citera”.
“Io non li ho mai sentiti” disse Panagioti, lo skipper dei caicco che dovevamo prendere l’indomani.
“Mai”.
“Neanch’io” disse l’altro.
“Allora dovreste comprarvi delle orecchie nuove. Io li ho sentiti spesso. Ci vuole una giornata calma, e un ostrolevante che soffia piano piano; un piccolo vento di sudest, ma piccolo piccolo. Allora,” disse, allungandosi all’indietro contro un girasole, un dito dietro il lobo dell’orecchio, l’altra mano tesa con le dita spiegate a rappresentare il Vento, gli occhi spalancati  a indicare la Distanza “arriva fluttuando sull’acqua, e si sente benissimo”. La voce si abbassò in un bisbiglio cantante: “Chi-chi-richi-chii-i-i!”. Gli occhi rotearono minacciosamente dall’uno all’altro di noi. Ipnotizzato dalla morente cadenza della sua onomatopea e compiaciuto del nostro reverente silenzio, ripeté lo spettrale grido gallesco, ancor più sommessamente e in una tonalità lievemente diversa: “Chi-chi-richii-i-i”.

Patrick Leigh Fermor, Mani, Adelphi