Denti

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Mamma si nascondeva sempre la bocca quando rideva. E anche quando parlava con troppa allegria e dilatava quei muscoli felici, scoprendo troppo i denti. Ancora oggi io sono in grado di riconoscere una persona del mio quartiere dai denti. O dal fatto che non ne ha. E quando mi capita di riconoscerle, queste persone le chiamo «famiglia». So subito per esempio che posso affidargli il cane, ma non le chiavi della macchina, e so che non posso essere sicura che si ricordino l’ora esatta in cui devono tornare a prendere i figli. So che se cominciamo a litigare e a un certo punto arriva la Madama, diremo di comune accordo: «Non si preoccupi, agente, è tutto sotto controllo».
So che cosa vogliono nascondere quando nascondono i denti. A quindici anni mamma aveva solo tre denti sani: tutti gli altri erano spezzati oppure marci o stavano per cariarsi. Ha avuto molto tempo per imparare a coprire quel sorriso. Per quanto fosse bella, alta, con le gambe lunghe, nonostante i lunghi capelli castani e la pelle chiara che non aveva mai perso la sua lucentezza, era quella vulnerabilità della bocca e anche quella vulnerabilità nello sguardo che spingevano gli uomini a tornare da lei. Probabilmente questi uomini tornavano solo perché lei era particolarmente propensa a riaccoglierli e, sì, forse mamma era una che ci stava facilmente, ma per quanto mi riguarda tanto di cappello perché, come potranno confermare tutte le donne che ci stanno facilmente, non è affatto facile far sembrare che la cosa sia facile. Comunque, per quanto potesse apparire carina, specialmente dopo essersi regalata per il suo venticinquesimo compleanno una bella dentiera bianca nuova di zecca, mamma non ha mai dimenticato quanto si sentisse brutta con quei denti orrendi. Nella sua testa lei è rimasta sempre la ragazza con i denti marci.
Stesso discorso per la debolezza mentale. Poco importa se poi nella vita dimostri di essere in gamba o se sei pieno di diplomi vergati su pergamena bianca: gli sbagli che hai commesso prima di imparare a fondo le lezioni che veramente contano non si cancelleranno mai. Quei documenti con tanto di timbri ufficiali, firme e controfirme puoi appenderli bene in vista su tutti i muri che ti pare e puoi metterli dentro cornici lucenti, ma la tua immagine riflessa sul vetro non riuscirà mai a farti dimenticare quanto ti sei sentito stupido quando eri alle prime armi. Non arriverà mai un momento in cui potrai finalmente sorridere senza vedere quegli spazi che hai in bocca.

Tupelo Hassman, Bambina mia, traduzione di Federica Aceto, di prossima pubblicazione per 66thand2nd, collana Bookclub

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