Archive for gennaio 2014

È tempo di centrifuga, e di partire

31 gennaio 2014

La lavatrice gira disegnando cerchi impazziti. È tempo di centrifuga. E sputa tutto la lavatrice. Sputa attraverso piccoli fori, mentre il tamburo trattiene lenzuola bianche che si fanno nodo. Si è messa in ginocchio Adriana, davanti all’oblò. Segue i giri con pupille stordite. Non ha parole sulle labbra; tra le mani il flacone di plastica con l’ultimo goccio di ammorbidente celestino: colore stupido per i suoi gusti. Ha i piedi nudi, i talloni ben in vista sono un rosario di ragadi e duroni. L’ampio fiocco del grembiule, annodato con precisione, sa quasi di festa, ma festa non è. La treccia lunga, mesciata, attraversata da una ciocca viola, è strozzata da due elastici da pacco che saranno cavoli a sfilarli via. Ma Adriana se ne frega, sono due settimane che non si pettina. Una piccola sveglia vecchio stile scodinzola piano il suo tic tac.

Quando è partita – qualche anno fa – da quelle quattro case sgretolate che insieme danno nome al suo paese, aveva con sé una sporta di plastica con dentro niente, tranne due paia di mutande di cotone spesso e una giacchetta di lana pelosa, pungente. Le strade lì erano sentieri segnati da piscio e sterco di capre, pecore e galline magre. Allora partire le era sembrato obbligatorio e forse semplice, come rompere tra i denti una zolletta di zucchero. Sua madre non l’aveva accompagnata neppure fino alla porta; l’aveva salutata dal letto, senza smuovere troppo le coperte. Nessuno capiva niente della sua malattia e lei non capiva più niente di nessuno. La figlia le era parsa un’ombra da scacciare con uno scatto della mano, come si fa per scansare una mosca. E la mosca se ne era andata ronzando parole scarne.

Maria Rosaria Valentini, Mimose a dicembre, Keller editore

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I libri come un viaggio, come una danza

30 gennaio 2014

L’avevo convinta a leggere e le avevo regalato una copia di Orgoglio e pregiudizio in rumeno: Mindrie si prejudecata. All’inizio aveva creduto che scherzassi.
“Prova” le dissi. “Magari ti piace. Imparerai delle cose su di noi ridicoli inglesi”.
“Non leggo libri” mi disse lei.
Però sapeva leggere, e un giorno lo prese, lo rigirò tra le mani e iniziò a leggerlo. Dopo qualche giorno faceva dei commenti. Mi piaceva la sua indignazione.
“Darcy è veramente odioso” disse alla fine di un capitolo, e gettò il libro a terra.
Ma a mano a mano che leggeva le pagine diminuivano, perché le strappava per accendere il fuoco. La transitorietà del tutto era insita nella sua natura, e i libri erano come un viaggio: quando li finiva, non c’erano più. I libri come eredità per le generazioni future erano roba da gente stanziale. Per lei erano momenti di piacere temporanei, come la danza.

William Blacker, Lungo la via incantata, Adelphi, La collana dei casi, traduzione di Mariagrazia Gini

Ted Hughes lo zoologo

28 gennaio 2014

— Naturalmente, non possiamo non domandarci che cosa farà Ted Hughes quando avrà esaurito la scorta di animali.
— Ah, sì?
— Così si dice, — mormorai a mezza voce. In bocca a Dixon, la battuta era sembrata sottile e sofisticata; detta da me era solo patetica.
— I poeti non esauriscono le scorte di materiale come capita ai romanzieri, — mi informò. — Perché hanno un rapporto diverso on il materiale che usano. Lo stai trattando come fosse uno zoologo, non trovi? Tra l’altro, nemmeno gli zoologi si stancano degli animali, o sbaglio?

Julian Barnes, Il senso di una fine, Einaudi, traduzione di Susanna Basso

L’arte di perdere

24 gennaio 2014

L’arte di perdere s’impara presto;
tante le cose col segreto intento
di andare perse, che non è un disastro.

Perdi una cosa al giorno. Con malestro
accetta chiavi perse, un’ora al vento.
L’arte di perdere s’impara presto.

Perdi di più, più un fretta; al peggio apprestati:
luoghi e nomi e dov’è che avevi in mente
di recarti. Non sarà mai un disastro.

L’orologio di mamma ho perso; e questa!
che è l’ultima di tre case nel niente.
L’arte di perdere s’impara presto. 

Ho perso due città, belle. E, più vasti,
altri regni, due fiumi,  un continente.
Mi mancano ma non è poi un disastro. 

Anche perdere te (la voce, il gesto
amato) non mi smentirà. È evidente:
l’arte di perdere fin troppo presto
s’impara, e sembra (scrivilo!) un disastro.

Elizabeth Bishop, L’arte è sempre quella, traduzione di Ottavio Fatica

Next Up: Money

24 gennaio 2014

101 Books

You know, I’ve read several novels during this adventure that have made me feel like showering afterwards.

There’s Lolita, Portnoy’s Complaint, Dog Soldiers and Deliverance. And I still have novels like Naked Lunch and Tropic of Cancer left to read.

It’s just the burden I bear for 101 Books. So it’s not surprising that another shower-inducing novel has come my way. This one is Money: A Suicide Note by Martin Amis.

I don’t know much about this one, except that it’s a pretty dirty read. Hooray.

Wish me luck.

Here are some quick facts about Money and its author, Martin Amis.

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Le illustrazioni estrose di Javier Perez

24 gennaio 2014

Lots of New Emotionally-Charged Work by Naftali Beder

24 gennaio 2014

This Week in the World of Books

18 gennaio 2014

BookPeople

Lots of awards and finalists were announced this week. The three Story Prize Finalists were announced; NBCC announced it’s 30 finalists for the best books of 2013 as well as awarded A Constellation of Vital Phenomena the first ever John Leonard Prize; Mystery Writers of America announced it’s list of 2014 Edgar Awards nominees; and Sinead Morrissey wons the TS Eliot Prize.

The Digital Book World Conference is in full swing. At a panel on Wednesda booksellers, librarians, and editors from around the country discussed the future of bookstores and libraries. Among other topics, they talked about the role of bookstores and libraries in community building and how connecting with humanity is a large part of what books are  about.

Japan’s Parliament will begin to implement taxes in 2015 for overseas servers. This means customers will now be charges sales tax when they shop…

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Why Is “Hell” A Bad Word?

18 gennaio 2014

Dysfunctional Literacy

When it comes to profanity, the word “hell” isn’t that bad.  It’s not as profane as “s***” or “f***” or “c***.”  In fact, it might be the least offensive of the bad words, but when I was a kid, I still got my mouth washed out with soap if I said it in front of my parents.

A lot of words led to my mouth getting washed out with soap.  I got my mouth washed out with soap for saying “Hoover Dam.”  I probably shouldn’t have whispered “Hoover” and then shouted “DAM!!!!”  I got my mouth washed out with soap for saying “shitzhu.”  I probably shouldn’t have shouted “Sh*t” and whispered the “zhu.”  Now that I think about it, I probably deserved getting my mouth washed out with soap.

“Hell” is similar to a lot of vulgar words in that it has four letters.  Four seems to be the magic…

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Con un sorriso (fuori concorso)

18 gennaio 2014