Lubitsch non era quello che uno scrittore definirebbe scrittore, e nemmeno perdeva tempo a cercare di diventarlo. Dubito che abbia mai cercato di ideare autonomamente una storia, un film, o anche una singola scena. Su tutto se stesso non nutriva né vanità né illusioni; era abbastanza scaltro da tenersi buoni gli scrittori, e accoglieva a braccia aperte i migliori disponibili, spronandoli a superare se stessi e nello stesso tempo collaborando con loro a ogni livello, anche se non saprei esattamente dire come e in che misura. So solo che valutava una scena, un film o un’interpretazione con l’occhio del genio. Un dono simile è molto più raro del semplice talento, che dilaga fra i mediocri.”
Samson Raphaelson, L’ultimo tocco di Lubitsch, Adelphi
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