Inutile tormentarmi

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«La signorina Albertine se ne è andata!». Come, nella psicologia, la sofferenza va oltre la psicologia stessa! Un attimo prima, mentre stavo analizzandomi, avevo creduto che quella separazione, senza essersi rivisti, fosse appunto ciò che desideravo, e, paragonando la mediocrità dei piaceri che Albertine mi dava con la ricchezza dei desideri che mi impediva di realizzare, mi ero ritenuto perspicace, avevo concluso che non volevo più vederla, che non l’amavo più. Ma quelle parole: «La signorina Albertine se ne è andata» avevano provocato nel mio cuore una sofferenza tale che sentivo di non poter resistere più a lungo. Così, quel che avevo creduto non fosse nulla per me, era semplicemente tutta la mia vita. Come ci conosciamo male! Bisognava far cessare immediatamente la mia sofferenza; tenero verso me stesso come lo era stata mia madre verso la nonna morente, mi dicevo, con la stessa buona volontà che si dimostra nel non lasciar soffrire chi si ama: «Abbi un attimo di pazienza, ti troveremo un rimedio, stai tranquillo, non ti lasceremo soffrire così». Per porli sulla mia ferita aperta, il mio istinto di conservazione cercò in un ordine di idee di tal genere i primi calmanti: «tutto questo non ha alcuna importanza perché la farò tornare subito. Rifletterò sui mezzi, ma in ogni modo lei sarà qui stasera. Perciò, inutile tormentarmi».

Marcel Proust, da La fuggitiva, traduzione di Giovanni Raboni

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