Rosaria [Guacci] accettò con entusiasmo e in effetti dopo un paio d’anni abbandonò del tutto l’insegnamento, ottenne una baby pensione e si installò in casa editrice come mio alter ego e tuttofare. L’organico della casa editrice eravamo noi due, tranne uno sporadico ufficio stampa impersonato dalla polivalente e fiorentina Silvia Servi e una commercialista lontana che era l’insostituibile Bice Mauri, dedita a vegliare sui nostri instabili bilanci.
Pur continuando ad arrivare in ritardo, Rosaria assolveva varie mansioni con costanza e buon carattere. Per tanti anni abbiamo condiviso tutto, il lavoro, le vacanze, la passione politica, gli amori, più suoi che miei, i successi e le sconfitte.
Abbiamo lavorato molto, litigato molto e insomma ci siamo molto divertite. Comandavo io, ma il rapporto era alla pari.
Ogni tanto la costringevo a pescare qualche manoscritto dal mucchio di quelli che arrivavano senza sosta e a leggerlo per placare i miei rimorsi di fronte a tante fatiche sprecate. E poi intorno aleggiava sempre il fantasma del capolavoro perduto finito nel cestino.
Laura Lepetit, Autobiografia di una femminista distratta, nottetempo