Archive for luglio 2016

Manganelli su Doris Lessing

26 luglio 2016

Caro Davico,
[…] Doris Lessing: l’aspra sudafricana (The Four-Gated City) arriva con 700 pagine, un aneddoto progressista e psicologico da giustapporre ad altri cinque volumi. La Lessing è una discendente degli amori ancillari di Victor Hugo, ma ha preso chiaramente dalla proava. La sua pagina sa di virtuosa varichina, i suoi periodi vanno in giro con le calze ciondoloni; e poi questa donna ha qualcosa da dire, e in meno di tremila pagine avrebbe l’impressione di essere rimasta un po’ sulle generali. Nel nostro mondo editoriale si sente la mancanza di Baldini & Castoldi o del vecchio Corbaccio in tunica gialla […].
Spero di venire presto. Affettuosamente
Giorgio Manganelli
1970

Centolettori. I pareri di lettura dei consulenti Einaudi 1941-1991, a cura di Tommaso Munari, Einaudi, 2015

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La proprietaria della casa

24 luglio 2016

Ero l’unico della famiglia ad aver passato l’intera infanzia lì dentro. Da ragazzino, quando i miei genitori dovevano uscire, contavo quanti secondi mancavano al momento di prendere pieno ancorché temporaneo possesso della casa, e finché rimanevano fuori mi dispiaceva che dovessero tornare. Da allora in poi, per decenni, osservai sdegnato l’addensamento sclerotico delle foto di famiglia, mi irritai quando mia madre mi usurpò cassetti e armadi, e alla sua richiesta di far sparire le mie vecchie scatole piene di libri e carte, reagii come un gatto domestico al quale si volesse inculcare uno spirito comunitario. Mia madre, a quanto pareva, era convinta che quella casa le appartenesse.

Jonathan Franzen, Zona disagio, Einaudi, traduzione di Silvia Pareschi

Nessuno deve dirmi come scrivere

13 luglio 2016

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«[…] hai una splendida carnagione, così candida e rosea, come le eroine dei romanzi. Hai notato», proseguì con aria sognante leccandosi dalle dita un ultimo residuo di panna, «che nei romanzi si parla continuamente dell’aspetto fisico delle protagoniste? Dev’essere penoso per Miss Milliment leggere quelle cose sapendo che lei non potrebbe mai essere descritta in quel modo».
«Non sono mica sempre così belle», puntualizzò Polly. «Prendi Jane Eyre».
«E poi ha dei capelli così belli! è vero che i capelli ramati tendono a scolorire con l’età», aggiunse pensando alla madre di Polly. «Diventano color marmellata annacquata. Oh, non parlarmi di Jane Eyre! Mr Rochester non parla d’altro che di quanto è piccola e fiabesca. Un modo furbo per dire che è bella».
«Chi legge vuole conoscere questi dettagli. Spero che non diventerai troppo moderna come scrittrice, Clary. Quei libri in cui non si capisce quello che succede». Polly aveva preso Ulisse dalla biblioteca di sua madre e lo aveva trovato davvero difficile.
«Scriverò alla mia maniera», replicò Clary. «Nessuno deve dirmi come scrivere».

Elizabeth J. Howard, Il tempo dell’attesa (La saga dei Cazalet 2), Fazi, traduzione di Manuela Francescon

Sua moglie deve continuare a scrivere

4 luglio 2016

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“Oh, ma è una catastrofe. Non va per niente bene,” si lamentò Mr Spicer, “devi dare una mossa a tua moglie. Non puoi permetterle di mollare così. Facciamo un altro bestseller come Disturbatore della quiete pubblica, andava via come focaccine, lo sai anche tu, e La penna è più forte… è andato benissimo. Ho ordinato la sesta edizione proprio oggi. Dobbiamo avere un altro libro di John Smith, è il momento giusto, dille di mettersi al lavoro su qualcosa dello stesso genere.”
“No,” ripeté Mr Abbott.
Mr Spicer corse incontro al suo destino e disse sorridente: “Ti dico io cosa fare: comprale una penna nuova, una di quelle belle paffute, e una grossa risma di carta bianca, e vedi che cosa
succede. Se questo non funziona…”.
“Pensa ai fatti tuoi,” disse Mr Abbott bruscamente, “e lascia stare mia moglie. Non ci saranno altri John Smith. Mia moglie non scriverà mai più… perché dovrebbe?”
“Ma santo cielo!” strillò Mr Spicer, sorpreso e costernato. “John Smith è un bestseller. Non dirmi che le impedirai di scrivere. Pensa che peccato,” continuò Spicer, torcendosi le mani, “pensa che peccato. Abbiamo fatto due libri, in assoluto i più divertenti che abbia mai letto – vera satira –, e tu mi vieni a dire che non ce ne saranno più? Lei deve continuare a scrivere, ha il suo pubblico. È un genio, e tu l’hai sposata e l’hai sbattuta in cucina a far da mangiare.”
L’ultima frase era scherzosa, ovviamente, ma Mr Abbott non era dell’umore adatto. Colpì rabbiosamente il tavolo con un pugno.
“Non cucina proprio niente, brutto idiota!” urlò. “Non fa altro che spassarsela, pranzi, cene, bridge…”
“Oh, mio Dio!” disse Mr Spicer con tono rispettoso. Scese giù dalla scrivania e se ne andò.

D.E. Stevenson, La vita matrimoniale di Miss Buncle, astoria, traduzione di Ester Borgese