In fondo allo scatolone trovò alcune confezioni di lampadine di riserva, accuratamente etichettate. Trovò file che aveva rimesso insieme dopo averne reciso i segmenti difettosi. Trovò vecchie file seriali i cui portalampadina rotti aveva rimesso in funzione con gocce di lega per saldature. Si stupì, in retrospettiva, di aver trovato il tempo per tutte quelle riparazioni in mezzo a tante altre responsabilità.
Oh, il mito, l’infantile ottimismo delle riparazioni! La speranza che gli oggetti non si logorassero mai! La sciocca fiducia nel fatto che ci fosse sempre un futuro in cui lui, Alfred, non solo sarebbe stato vivo ma avrebbe anche avuto sufficiente energia per aggiustare le cose. La tacita convinzione che alla fine tutta la sua frugalità e la sua passione di conservatore avessero uno scopo, e che un giorno, svegliandosi, si sarebbe trasformato in una persona completamente diversa, con tempo ed energia infiniti per occuparsi di tutti gli oggetti che aveva conservato, per mantenere tutto funzionante, tutto a posto.
– Dovrei buttar via tutta questa robaccia, – disse a voce alta.
Le sue mani tremavano. Tremavano sempre.
Jonathan Franzen, Le correzioni, Einaudi, traduzione di Silvia Pareschi
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8 settembre 2017 alle 09:07 |
Della Einaudi è molto bello anche quest’altro romanzo: https://wwayne.wordpress.com/2017/06/18/bella-e-maledetta/. L’hai letto?