Archive for the ‘libreria’ Category

La casa mangia le parole, rassegna stampa

17 dicembre 2019

luccone_casa_copertina-1.jpg

“L’ho letto subito, divorato per la verità. È stata una sorpresa. Una sorpresa buona. È scritto in modo magistrale ma quel che più conta strutturato ancor meglio. Poiché letto anch’esso da poco, c’è qualcosa in comune con Il colibrì di Veronesi. Non c’entra niente, ovviamente. Ma sono due vere ‘commedie all’italiana’. Più toscana quella di Veronesi, più italiana in senso ampio quella di Luccone. La casa mangia le parole è sentimentale, drammatica, morale. Un libro vero. Un’opera prima, la più notevole degli ultimi anni.”
Franco Cordelli

“Quando traduci e curi molto bene i romanzi degli altri, e lo fai per vent’anni, dentro di te dev’esserci per forza un bravo romanziere. Leonardo G. Luccone lo ha trovato, e lo ha tirato fuori.”
Sandro Veronesi

“Un romanzo che scoppia di energia. La tristezza della discordia coniugale sulla faccia del figlio dislessico è lacerante, vivida. L’amicizia tra De Stefano e Moses è tratteggiata in modo meraviglioso. Sono i dialoghi magistrali a portare avanti il romanzo, un romanzo notevole.”
Percival Everett

“Luccone ha scritto il romanzo degli Anni di Merda – ed è un romanzo notevole. Finalmente, viene da dire: uno scrittore italiano da leggere. […] un elegante e luminoso esercizio di esorcismo che non lascia via d’uscita al lettore: merito di una padronanza della lingua che è sostanza di scrittura, rigore, e induce rispetto. Non è poco: è la base per trovare un ascolto serio e lo stigma dello scrittore. Diciamolo: è la letteratura.”
Tiziano Gianotti, D di la Repubblica, 12 ottobre 2019

“Esordio inconsueto con un impianto abilmente sostenuto da un alternarsi di piani temporali. Un finale tanto misurato nella sua formulazione quanto essenziale per cogliere l’equilibrio complessivo. Un Underworld italiano scandito da un intreccio di dialoghi straordinariamente verosimile.”
Alessandro Zaccuri, Avvenire, 20 dicembre 2019

“Sono tutti, madre, padre e figlio, sull’orlo di un anno che spazzerà via tutte le loro certezze.”
Laura Pezzino, vanityfair.it, libro #35, 13 dicembre 2019. pdf;

“Un romanzo ambizioso nella struttura e nella scrittura. […] Nella coralità del romanzo, Luccone lancia diverse tracce narrative che si annunciano insinuando attese nel lettore, per poi sparire e riemergere inattese a distanza: un moto carsico delle storie, ben gestito e reso possibile dall’ampiezza della compagine.”
Alessandro Beretta, la Lettura, primo dicembre 2019

“Il romanzo si muove su più piani e non segue una linearità cronologica. Un po’ come la memoria, va dove gli pare. Luccone però sa benissimo dove vuole condurci. Con una lingua chirurgica, controllata, abilissima nel definire caratteri e stati d’animo, e un dialogo convincente, lentamente ci porta verso un finale dove ogni nodo si dipana, ogni aspetto apparentemente slegato dagli altri trova una sua ragione d’essere.”
Simona Sparaco, tuttolibri, 30 novembre 2019

“Il fuoco della narrazione riesce a trovare un equilibrio tra fotografia di famiglia e panoramica collettiva, grazie anche al racconto della Bioambiente, azienda romana per la quale lavora De Stefano (raccontata soprattutto attraverso dialoghi particolarmente curati).”
Gennaro Serio, il venerdì, 29 novembre 2019

“È uno stile originale e ricercato, quello di Luccone, […] l’autore si affida al ricordo e consapevolmente abbandona sentieri sicuri, nel tentativo di stimolare il lettore, di spiazzarlo, di indurlo alla riflessione.”
Giovanni Di Marco, lucialibri.it, 24 novembre 2019

“Grande esordio nel romanzo di Leonardo G. Luccone. […] Dialoghi superbi come è raro incontrarne nella letteratura italiana contemporanea.”
Enzo Baranelli, cabaretbisanzio.tk, 7 novembre 2019;

“[…] una storia poderosa e di rara coerenza, che si muove su diversi piani intessuti fra di loro con eleganza e raffinatezza talmente pregevoli da apparire inconsuete, oltre che benedette, nel panorama letterario contemporaneo.”
Gabriele Ottaviani, convenzionali.wordpress.com, 12 ottobre 2019

 

Pubblicità

Tra i tesori di The Word

10 novembre 2017

Mi piace andare a casa delle persone e comprare grosse collezioni. È sempre  un’avventura. Quando ti trovi di fronte buste e buste piene di libri saltano sempre fuori storie interessanti. E io sto lì a pensare alla felicità che provo quando arrivo a casa e metto a posto i miei nuovi tesori.

Intervista a Adrian King-Edwards, libraio di The Word, Montreal

Le librerie vanno dissacrate

25 giugno 2017

Soltanto rinnovando completamente la fisionomia della libreria si riuscirà a conservarle il ruolo importantissimo che sino ad oggi essa ha giocato nel mondo editoriale. E la libreria si rinnova innanzi tutto compiendo un coraggioso atto di dissacrazione. Sì, le librerie vanno dissacrate, vanno aperte al passante, vanno rese accoglienti come i più moderni negozi di vendita, senza timore che perdano il loro antico prestigio. Al contrario il prestigio sarà molto maggiore di quello che mai hanno avuto in passato, perché lì dentro operano organizzatori della cultura dal basso, librai che non attendono più il cliente ma promuovono la formazione di un mercato nuovo, la formazione di nuovi lettori non più di seconda bensì di prima categoria e di essi si fanno legittimi ed autorevoli rappresentanti.

Vito Laterza, Quale editore. Note di lavoro, Laterza

L’Italia a piedi e le cose che emozionano

20 aprile 2015

Pierantozzi, Tutte le strade portano a noi, Laterza

La mia non vuole essere una guida galattica sull’Italia a piedi, ma un caleidoscopio di storie che ti accompagnino lungo un’altra strada – la tua. In fondo qual è il vero rifugio del viaggiatore? La lettura, nient’altro che la lettura.

*

L’amicizia è fatta di orizzonti da travolgere, tanto quanto una strada, che una volta partita non c’è più verso di fermare.

 *

Passo le ore a chiedermi se, per me, la natura non sia qualcosa che conosco troppo a fondo perché riesca ancora a parlarmi. Intanto, ci perdiamo nel bosco. E non la paura, ma anche qui l’indifferenza ha la meglio: il suolo scosceso, molle d’acqua, cosparso di rovi. Sotto i piedi il terreno affonda, ci paralizza, braccia e gambe si impigliano nelle spine. E in tutto questo io rifletto intenzionalmente sulle cose che mi scuotevano l’anima da bambino, sulle cose che mi emozionavano.

Alcide Pierantozzi, Tutte le strade portano a noi, Laterza, Contromano

Librerie, piccolo è bello (e funziona meglio)

26 febbraio 2015

iliad-bookshop

Il 2 maggio Mitchell Klipper, il libraio più potente degli Stati Uniti, andrà in pensione. Negli ultimi ventotto anni ha lavorato per Barnes & Nobles, occupandosi prima degli affari finanziari, poi delle operazioni immobiliari e infine guidando il settore delle vendite al dettaglio. Mr Klipper è l’uomo che ha fatto nascere più di seicento megastore. Fino al 2009 ha aperto trenta o più punti vendita all’anno. Poi ha giocato in difesa e secondo alcuni neanche male: il suo diretto concorrente, Borders, è uscito dal mercato. Lui no, anche se ha dovuto avviare un piano di dismissioni che porterà nei prossimi dieci anni alla chiusura di un terzo dei punti vendita.
La sua uscita di scena segna la fine di un’era, quella dei supermarket dei libri. Il gigantismo non paga più. Se in America le librerie indipendenti stanno avendo la loro rivincita – dal 2009 a oggi sono cresciute del 20% – in Europa sono i grandi a pensare in piccolo: riducono la metratura dei negozi e puntano sul vecchio libraio. Proprio lui, in carne, ossa e competenze. Una contro-rivoluzione che arriva in Italia nei giorni caldi delle trattative tra Mondadori ed Rcs, quando lo spettro di un colosso in grado di controllare il 40% del mercato fa tremare i gruppi concorrenti, gli scrittori e l’intera cittadella dell’editoria. All’interno di un sistema dove già oggi pochi soggetti possiedono tutta la filiera del libro, si fa così strada un nuovo modello commerciale: “La catena di librerie indipendenti”.
La definizione è di James Daunt, il libraio londinese chiamato dal miliardario russo Alexander Mamut a risanare Waterstones, colosso inglese di 200 megalibrerie e 4.500 dipendenti. Ma viene fatta propria da Alberto Rivolta, che da dicembre guida la direzione operativa del Gruppo Feltrinelli con responsabilità diretta su Librerie Feltrinelli, 105 punti vendita diretti e 14 in franchising, 1.500 dipendenti e un fatturato nel 2014 di circa 290 milioni di euro, 13 milioni in meno dell’anno precedente. Una perdita più contenuta rispetto al trend generale del mercato – il libro, nella sua versione cartacea, ha segnato un meno 4% nell’ultimo anno – ma comunque una perdita. Alcuni negozi sono sotto osservazione, i contratti di solidarietà che hanno ridotto la forza lavoro di circa il 20% sono appena stati rinnovati per altri quindici mesi. Ma i sacrifici dei dipendenti saranno inutili se Feltrinelli non rivoluzionerà la sua rete di vendita.
«L’e-commerce sta cambiando i nostri modelli di consumo. Chi va in una libreria fisica – spiega Rivolta – lo fa perché c’è qualcosa di più importante del prezzo». Una volta nelle Feltrinelli si scoprivano testi che nessun altro pubblicava. Negli ultimi dieci anni si andava per la comodità di trovare qualsiasi cosa, anche film e musica. Un modello che ha avuto il suo punto di forza negli acquisti centralizzati, nella quantità e nelle novità. Ma che ha finito per penalizzare le competenze dei librai e che adesso scricchiola sotto il peso dell’emorragia dei lettori: nell’arco di quattro anni l’Italia ne ha persi oltre due milioni e mezzo, 820mila solo nel 2014. «Al centro del piano di rilancio c’è l’attenzione al cliente, la valorizzazione del nostro personale e la salvaguardia dei livelli occupazionali». Si parla di personal shopper da prenotare per avere una consulenza su misura e di direttori incoraggiati a comportarsi con l’autonomia dei vecchi librai di quartiere.
Ma in gioco c’è anche la trasformazione della rete di vendita nei prossimi tre anni. «Vogliamo valorizzare Red, il nostro modello di eccellenza, un luogo aperto che all’esperienza della lettura affianca l’enogastronomia, i live di musica, gli incontri con gli autori. È una grande libreria che torna alla sua origine: uno spazio del pensiero». Ne esistono due, una a Milano e l’altra a Firenze. Ne aveva aperta una anche a Roma, in via Del Corso, ma è stata costretta a chiudere per un cedimento strutturale all’edificio. Ne nasceranno altre? «Dipende, sono adatte alle grandi città, alle strade con un notevole passaggio». Per il resto Feltrinelli torna a pensare in piccolo. «Siamo una catena per cui non possiamo rinunciare alla standarizzazione, ma stiamo studiando una formula ibrida e la definizione utilizzata da Daunt è quella che più ci convince: una catena di librerie indipendenti». Gli acquisti continueranno ad essere centralizzati, ma i direttori avranno più autonomia nella commercializzazione e nella disposizione dei libri. E le metrature? In America un gigante come Borders è stato messo in ginocchio dall’e-commerce, ma anche dalle superfici dei suoi megastore: troppo costose rispetto alle entrate. Un rischio che ha corso anche la Feltrinelli di piazza Colonna a Roma, prima che la società proprietaria dell’immobile gli accordasse uno sconto del 25% sull’affitto. «C’è una tendenza mondiale a ridurre la metratura – continua Rivolta – ma non è detto che questo significhi cambiare indirizzo. Si può pensare a una divisione degli spazi, alleandosi con aziende che hanno filosofie coerenti alla nostra per mirare ad un ruolo più completo nella vita dei nostri clienti, di consulente a 360 gradi nell’intrattenimento culturale». Il pensiero va a Eataly, anche perché l’unione tra cibo e libri «sta funzionando bene».
Rinnova la sua formula, metratura compresa, anche Mondadori, che a dicembre ha chiuso il multicenter di corso Vittorio Emanuele a Milano. Quattromila metri quadrati ereditati da Messaggerie Musicali, che ora saranno occupati dal marchio di abbigliamento Mango. «Apriremo presto un nuovo store nel quadrilatero, ma di dimensioni più contenute, tra gli 800 e i mille metri quadrati e con all’interno un punto di ristorazione, integrato nell’esperienza d’acquisto. Un modello nuovo, che all’offerta dei libri affianca l’elettronica, i prodotti di intrattenimento e divertimento», spiega Mario Maiocchi, amministratore di Mondadori Retail. «Avremo altri tre negozi simili entro il 2016, ma in due casi si tratta di conversioni di librerie già esistenti». Per il resto la carta vincente è quella dei negozi in franchising, dimensione media tra i 200 e i 600 metri quadrati. «Ne abbiamo 550 e vogliamo continuare ad aprirne una quarantina l’anno. Pensiamo che sia questo il modello più efficace perché unisce ai vantaggi economici ed organizzativi di una grande catena, la capacità imprenditoriale dei singoli. I librai sono il motore delle vendite e infatti in autunno abbiamo lanciato un programma di corsi di formazione per tutto il personale». Non accadeva da anni. Maiocchi crede che la vera sfida sia l’integrazione tra canali di vendita diversi. Anche perché, andando a guardare il miliardo e mezzo di euro che nel 2014 gli italiani hanno speso per leggere, si scopre che il libro di carta si compra sì nelle librerie fisiche, per il 40,6% in quelle di catena e per il 30,7% nelle indipendenti, ma sempre di più online: 13,8%, vale a dire l’8% in più.
Chi è sempre andato controcorrente, puntando sul piccolo anche quando il mercato sembrava prediligere i megastore è stata la catena Giunti al punto: 176 negozi, che crescono al ritmo di 15 ogni anno, tutti in provincia e con la stesse dimensioni, 200, 250 metri quadrati al massimo. «Siamo nati venticinque anni fa – racconta il direttore generale Jacopo Gori – e subito ci è stato chiaro che non potevamo avere negozi riforniti di tutto. Una cattedrale di duemila metri quadri non sarebbe stata utile perché nessuno fa trenta chilometri per comprare un libro e poi, anche in spazi così grandi, è necessario fare una selezione dei titoli. Abbiamo puntato su piccoli presidi nel territorio e su librai veri, niente commessi. I nostri 550 dipendenti, di cui l’85% sono donne e la maggioranza ha meno di 35 anni, sono in grado di scegliere e consigliare il libro giusto sia ai grandi lettori che, cosa molto più difficile, a chi non legge nulla o quasi». Pochi mesi fa hanno stretto un’alleanza con Amazon, il gigante accusato di avere messo in ginocchio le librerie. «Ogni acquisto nel loro store permette di accumulare punti sulla nostra carta fedeltà e di utilizzarli nelle nostre librerie. Abbattiamo le barriere fra virtuale e reale».
Anche perché non avrebbe senso opporsi al digitale o a Internet. Ne è convinta l’Associazione italiana editori che ha appena presentato alla Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri un ebook con i consigli per utilizzare al meglio i social: ventuno idee prese in prestito dall’estero per valorizzare identità, comunicare competenze e passioni, creare una community. Una rivoluzione non da poco se si pensa che qualche anno fa i librai erano stati dati per estinti. Oggi twittano, postano foto, organizzano maratone di lettura, potrebbero essere uno degli antidoti alla crisi. Parafrasando la celebre battuta di Mark Twain su se stesso, forse la notizia della loro morte è stata alquanto esagerata.

Stefania Parmeggiani, “Librerie, piccolo è bello (e funziona meglio)”, la Repubblica, 26 febbraio 2015

A Word a Day #97: Flippato

29 marzo 2012

Flippato (participio passato di flippare) è un termine gergale che indica chi ha assunto sostanze stupefacenti. Per estensione vuol dire “stravolto, stordito” [treccani.it]. Essere flippato è un’espressione che significa quindi “essere suonato” [qui] o “impazzito per qualcosa, esaltato” [qui].

Libreria #6: Cheever.

24 marzo 2012

20120324-092113.jpg

Libreria #5 (studio)

15 marzo 2012

20120315-144821.jpg

Libreria #4

15 marzo 2012

20120315-093530.jpg

Libreria #2

22 febbraio 2012

20120222-091605.jpg