Archive for the ‘maccaroni’ Category

5 Maggio 2011

Com'è Milano?
 
Molti mi chiedono ma com'è Milano? Come si sta? Allora, 'sta Milano? Ho sempre abbozzato, perché non ho mai avuto idee chiare fino a quando non ho sentito una canzone di Dalla che si chiama appunto Milano. Dirò qualcosa di banalissimo, lo so, ma un poeta, un cantautore in una frase ti spiega un po' tutto. Cioè una frase Milano sempre pronta al Natale dice un po' tutto ecco.

Milano vicino all'Europa
Milano che banche che cambi
Milano gambe aperte
Milano che ride e si diverte
Milano a teatro
un ole' da torero
Milano che quando piange
piange davvero
Milano Carabinieri Polizia
che guardano sereni
chiudi gli occhi e voli via
Milano a portata di mano
ti fa una domanda in tedesco
e ti risponde in siciliano
poi Milan e Benfica
Milano che fatica
Milano sempre pronta al Natale
che quando passa piange
e ci rimane male
Milano sguardo maligno di Dio
zucchero e catrame
Milano ogni volta
che mi tocca di venire
mi prendi allo stomaco
mi fai morire
Milano senza fortuna
mi porti con te
sotto terra o sulla luna
Milano tre milioni
respiro di un polmone solo
Milano che come un uccello
gli sparano
ma anche riprende il volo
Milano piovuta dal cielo
tra la vita e la morte
continua il tuo mistero
Milano tre milioni
respiro di un polmone solo
che come un uccello
gli sparano
ma anche riprende il volo
Milano lontana dal cielo
tra la vita e la morte
continua il tuo mistero  

Pubblicità

1 febbraio 2011

Solo una buona caduta può salvarci
 
Una forma di amore di Alfred Hayes. Pubblicato dalla Bur. Il modo esatto di descrivere quella che è la sofferenza che ha un cuore spezzato. Di un uomo. Affare differente da quello spezzato femminile. L'uomo ha un qualcosa di tenero. Ma tutto questo soffrire è come se avesse un lieto fine il più delle volte. Sostiene Hayes nelle pagine finali: il fatto è che solo una buona caduta può salvarci. È restare lassù sul filo, in equilibrio con quell'ombrello volgare, tutti contenti all'idea di terrorizzare il pubblico, che ci rovina. Non sei d'accordo? Una bella caduta, questo ci serve.
 

PS: Un'altra perla nascosta e dimenticata. Un' altra operazione di recupero di quelli che sono capolavori scritti nel bel mezzo del Novecento e lasciati a prendere polvere. Abilità di alcuni editori tra i quali questi della Bur scrittori contemporanei. Tizi illuminati. Vi prego di leggerlo.
 

1 dicembre 2010

Il libraio di Jacobson 

Ho sempre detto a Stefano De Matteis una cosa: è l'unico vero editore napoletano. Fare editoria a Napoli rende questo lavoro ancora più eroico.
Stefano De Matteis ha pubblicato uno scrittore straordinario: Howard Jacobson.
Prendete Nick Hornby e Philip Roth — quello di Lamento di Portnoy — fate una miscela e avrete Howard. Non è uno scrittore immediato, ma ogni riga è come se fosse una seduta di psicanalisi.
Sto leggendo Un amore perfetto. Un libro incentrato sull'amore e il sesso. E non dico altro.
Il protagonista è un libraio, tratta libri antichi, valuta biblioteche e collezioni varie, ma non è la cosa fondamentale. Però a me è piaciuto 'sto passaggio. Perché non so se sia vero quello che dice, ma ogni volta che vado in qualche paesino e vedo la piccola libreria del paese mi chiedo sempre se mi piacerebbe o meno lavorare lì e a quei ritmi.
 

Dopo di che gironzolai un po', visitai il monastero, alcuni edifici antichi in legno e muratura, e alla fine mi imbattei in un paio di librerie, quel genere di librerie che mi sento in dovere di esaminare con cura quando sono fuori città. Raramente trovo qualcosa di valore, ma non manco mai di acquistare un libro o due, come manifestazione di solidarietà tra colleghi.
Di tutte le forme di inumazione prematura, vendere libri in una cittadina di provincia è la più penosa. I titolari se ne stanno seduti dietro i tavoli di legno fingendo di leggere — sebbene abbiano già letto tutta la loro merce una dozzina di volte — e registrando le poche vendite in un libro mastro con una matita spuntata. Avrei potuto benissimo esserci io al loro posto, penso sempre, se non fosse stato per l'avveduta lungimiranza dei miei antenati…

3 novembre 2010

Pregiudizi da libraio 

Castelvecchi pubblicava libri che dire innovativi talvolta era riduttivo. Spesso c'era il problema — per noi uffici stampa — della eccessiva anticipazione. Capitava spesso. E oggi mi diverto nel vedere che molti di quegli argomenti vengono fuori ora, con quei quattro cinque anni di ritardo rispetto a quella mente lì. Uno di questi è sicuramente il discorso sui centri sociali di destra, che nel 2006 erano un tabù, oggi un po' di meno. Discorso che si tradusse in un libro libro scritto da Domenico Di Tullio, avvocato di Casa Pound. Il libro era interessantissimo — soprattutto per chi come me aveva frequentato sempre e solo centri sociali di sinistra — per svariati motivi. Ma non è di questo che voglio parlare.
Domenico — persona in gambissima — ha scritto da poco un libro che è uscito per Rizzoli: Nessun dolore. La copertina richiama quello che è l'immaginario di Casa Pound e lo scenario è quello lì. Non l'ho ancora letto, ma lo farò. Perché mi interessa e perché Domenico Di Tullio scrive bene.
Per il momento da libraio ho preso il suo libro nel numero di copie che ritenevo giusto, l'ho esposto bene perché penso sia di sicura vendibilità — e infatti lo vendo benissimo e l'ho pure riordinato. Pare che in una libreria una libraia si è rifiutata di esporre il libro. Io non lo trovo giusto. Lo trovo un comportamento antilibraio. Tu puoi decidere la collocazione migliore o meno di un libro, ma non puoi a prescindere decidere di non esporlo. Soprattutto per motivi politici. Ma anche per motivi di gusto. Puoi decidere di non acquistarlo, ma se arrivano due o tre clienti a chiedertelo tu hai sbagliato. Da libraio hai sbagliato. E questo è sicuramente il caso i quei due o tre clienti che vengono a chiedertelo. Il libro è in classifica…
E non è una questione politica, non me ne frega un cacchio e non è la cosa che voglio far venir fuori. È un comportamento antilibraio. Con pregiudizi.

14 ottobre 2010

Diventare

Eri vicina e credevo che un corpo
non fosse necessario per l’amore.
Adesso
tu sei lontana e io
so di che cosa ha bisogno l’amore
come la voce ha bisogno di un cielo
l’acqua di una corrente e l’energia
del tendersi d’un filo.
Per me è
diventare una nuvola
o un pesce o un trepidare
caldo, dentro di te.
Diventa la mia terra, fa’ che io
possa fiorire dentro le tue valli
nell’azzurro dei primi fiordalisi.
Lascia
che io corra, fischiando
per le tue gallerie,
la luce sulla fronte.
Lascia
che io diventi brezza nei tuoi boschi
o una nave sommersa nei tuoi mari.
Io
vorrei
nascere come grano nei tuoi campi
o andare in giro dentro la tua casa
come l’odore acuto di mostarda
che brucia dentro l’olio.
Tu
non sai
quanto è grande questo desiderio
d’essere generato in te
per sempre.

K. Satchidanandan

1 ottobre 2010

La santissima trinità dell’ufficio stampa (o dei loro capi)

Oggi ho preso un aperitivo (Milano che avanza) con due amiche mie, uffici stampa di due importanti case editrici italiane. Mi raccontavano delle peripezie varie di questo lavoro, che un po’ ricordo. E una cosa mi preme dire.
Una di loro mi raccontava che il suo editore giudica il buon lavoro dell’ufficio stampa a seconda che si ottenga o meno la solita triade: Repubblica, Corriere e Che tempo che fa. Ai miei tempi era una specie di mantra ossessivo che trovavo riduttivo e limitante. Perché consideravo che il buon lavoro dell’ufficio stampa dipendesse da un’infinità di altre cose. La triade non ha una difficoltà particolare né richiede capacità paranormali. Il non "entrarci" non è il frutto di un cattivo lavoro, ma dipende dalla bontà del libro, dalla struttura della casa editrice, dalla vendibilità di un qualcosa del libro — una prefazione, un’intervista — dall’editore in sé, da una naturale alternanza. Ma è la solita storia: se non entri lì sarà il motivo per cui il libro non ha venduto, anche se magari quel libro ha avuto una ventina di recensioni, francobolli, interviste radio, passaggi televisivi medi. Io ho sempre giudicato e giudico il buon lavoro tutto questo e non la triade. Lì si valuta il lavoro, lì si vede la capacità, la passione. Ma non è, la mia, una pippa mentale. Non c’è niente di più sostanziale. Ed è qui che vengo al punto. Da quando lavoro in libreria mi sarà capitato un’infinità di volte di servire un cliente che aveva scelto il libro sulla base di un francobollo, di una bella recensione di fascia media — un esempio per tutti la fogliata del sabato del Foglio – o ancora perché aveva sentito un’intervista in una qualche radio. Quando presentavo nel piano stampa tutto questo il mio editore (non Castelvecchi, vero ufficio stampa) a stento guardava, perché incombeva la domanda: ma… Repubblica? ma se non lo fa Repubblica il Corriere c’è? Ma riusciamo a mandarlo da Fazio? Tu magari avevi portato quell’autore dalla Bignardi, ti eri fatto un mazzo così per mandarlo a Uno mattina. Il libro non vende perché non è andato da Fazio, è quello il tuo destino.
In libreria funziona la massa. Funziona il lavoro profondo, di marchio. Si giudica il percorso di un ufficio stampa, fatto di costanza. Si giudica chi mette il libro nella rubrica giusta nel giornale giusto. Che sceglie il giornalista adatto. Che eventualmente crea discussioni. Non dimenticherò mai il consiglio di Martina Donati quando le chiesi un consiglio su come approcciare il lavoro con un libro che avevo da promuovere: I Centri sociali di Destra. Mi disse: Vittò, è una bomba, non cercare l’articolo forte, comincia dal basso, e soprattutto comincia con quelli di sinistra. Fai una presentazione forte. Ci occuparono la casa editrice. E uscirono poi gli altri, Triade compresa.
Poi se si ottiene queta benedetta triade, magari si vende di più, ma statene certi, l’ufficio stampa si vanterà di tutto il resto. Che è quello che conta…

16 settembre 2010

Ancora sugli sconti e sulle librerie

La legge sullo sconto che pare passi a novembre è la solita democristianata all’italiana. In pratica fissa lo sconto massimo che una libreria può fare al 15%. Oggi — come in Inghilterra — si fa quel che cacchio pare. E qui — come mai in Inghilterra — non si cresce con le vendite, gli editori non ne guadagnano più di tanto per un’infinità di motivi e le piccole librerie sono svantaggiate, come abbiamo spiegato qualche maccaroni fa.
Il 15% di limite non cambia nulla, perché in ogni caso le piccole librerie continueranno a non poter seguire gli sconti, perché con un margine di media del 30% comunque una perdita della metà è ancora troppo alta. A quel punto se vuoi fare un cambiamento fai come in Francia e fissa il tetto massimo al 5% e vediamo che succede.
Ma poi niente si è detto sulle promo. In altri paesi le promo sono regolamentate per frequenza e periodi. Questa legge nulla regola, e di conseguenza gli editori possono fare quante promo vogliono e nulla osta a inserire nelle promo magari qualche novità e aggirare il limite del 15%.
Ecco il perché è una legge che alla fin fine poco cambierà e che nell’ambiente librario poco si parla. Qualcosa fa, ma poco.
Tra l’altro lavoro da tre settimane in una libreria che non fa nulla di sconto sulle novità. Niente. Non c’è un libro scontato e attorno ci sono librerie che fanno sconti su quasi tutte le novità più importanti. Segue — perché non potrebbe fare altrimenti — le promo. Nonostante ciò è tra le prime librerie in Italia, per qualità, fatturato e bellezza. Una regolamentazione seria dello sconto farebbe venir fuori sempre queste qualità, laddove vi siano…

14 settembre 2010

Pessimi in libreria

Sono stato al Festival di Mantova — bello, bellissimo — domenica. E tra gli incontri, ho seguito Starnone, napoletano pigramente doc. Tra gli innumerevoli ragionamenti fatti, uno su tutti mi ha colpito: la letteratura non deve essere un conforto. la letteratura deve fare il contrario; e sono d’accordo. In libreria vorrei dedicare degli spazi agli scrittori e ai libri consolanti, molti dei quali pessimi. Anzi la segnaletica e la comunicazione sarà: I pessimi.
Ma il mio pensiero è andato subito ad un libro: Due della Nemirovsky. Già dalla prima pagina un senso di malessere mi ha dominato totalmente. Dopo averlo letto camminavo come un automa, divorato dalla malinconia, dalla tristezza, dalla noia del tutto.
Ve lo consiglio vivamente: soffrirete tantissimo…

3 agosto 2010

A tu per tu con la vita

Lui è un poeta a me molto caro. Ha un impatto semplice, ed è forse questo il suo bello e anche il suo limite. Ma consiglio la sua raccolta che contiene sia le sue poesie d’amore (alcune veramente belle) che le sue politiche.
Qui una delle sue poesie d’amore…

La vita
sarebbe
forse più semplice
se io
non ti avessi mai incontrata

Meno sconforto
ogni volta
che dobbiamo separarci
meno paura
della prossima separazione
e di quella che ancora verrà

E anche meno
di quella nostalgia impotente
che quando non ci sei
pretende l’impossibile
e subito
fra un istante
e che poi
giacché non è possibile
si sgomenta
e respira a fatica

La vita
sarebbe forse
più semplice
se io
non ti avessi incontrata
Soltanto non sarebbe
la mia vita.

25 luglio 2010

Quattro stracci

Guccini ha scritto Quattro stracci in occasione del naufragio del suo fidanzamento, o matrimonio non ricordo. Un testo incredibilmente rabbioso e divertente allo stesso modo. Anche se non coinvolti il sentirla cantare coinvolge.
Fa parte, questa canzone, di un buon album D’ amore di morte e di altre sciocchezze, che subito dopo Quattro stracci ha Vorrei, scritta per la nuova compagna. Testo molto poetico e romantico.
Così vicine queste canzoni fanno un certo effetto emblematico…
Qui sotto il testo di Quattro stracci.

E guardo fuori dalla finestra e vedo quel muro solito che tu sai.
Sigaretta o penna nella mia destra, simboli frivoli che non hai amato mai;
quello che ho addosso non ti è mai piaciuto, racconto e dico e ti sembro muto,
fumare e scrivere ti suona strano, meglio le mani di un artigiano
e cancellarmi è tutto quel che fai;
ma io sono fiero del mio sognare, di questo eterno mio incespicare
e rido in faccia a quello che cerchi e che mai avrai!

Non sai che ci vuole scienza, ci vuol costanza, ad invecchiare senza maturità,
ma maturo o meno io ne ho abbastanza della complessa tua semplicità.
Ma poi chi ha detto che tu abbia ragione, coi tuoi "also sprach" di maturazione
o è un’illusione pronta per l’uso da eterna vittima di un sopruso,
abuso d’un mondo chiuso e fatalità;
ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare,
ma non raccontare a me che cos’è la libertà!

La libertà delle tue pozioni, di yoga, di erbe, psiche e di omeopatia,
di manuali contro le frustrazioni, le inibizioni che provavi qui a casa mia,
la noia data da uno non pratico, che non ha il polso di un matematico,
che coi motori non ci sa fare e che non sa neanche guidare,
un tipo perso dietro le nuvole e la poesia,
ma ora scommetto che vorrai provare quel che con me non volevi fare:
fare l’ amore, tirare tardi o la fantasia!

La fantasia può portare male se non si conosce bene come domarla,
ma costa poco, val quel che vale, e nessuno ti può più impedire di adoperarla;
io, se Dio vuole, non son tuo padre, non ho nemmeno le palle quadre,
tu hai la fantasia delle idee contorte, vai con la mente e le gambe corte,
poi avrai sempre il momento giusto per sistemarla:
le vie del mondo ti sono aperte, tanto hai le spalle sempre coperte
ed avrai sempre le scuse buone per rifiutarla!

Per rifiutare sei stata un genio, sprecando il tempo a rifiutare me,
ma non c’è un alibi, non c’è un rimedio, se guardo bene no, non c’è un perché;
nata di marzo, nata balzana, casta che sogna d’ esser puttana,
quando sei dentro vuoi esser fuori cercando sempre i passati amori
ed hai annullato tutti fuori che te,
ma io qui ti inchiodo a quei tuoi pensieri, quei quattro stracci in cui hai buttato l’ieri,
persa a cercar per sempre quello che non c’è,
io qui ti inchiodo a quei tuoi pensieri, quei quattro stracci in cui hai buttato l’ieri
persa a cercar per sempre quello che non c’è,
io qui ti inchiodo a quei tuoi pensieri, quei quattro stracci in cui hai buttato l’ieri
persa a cercar per sempre quello che non c’è…