Archive for the ‘racconti’ Category

Il segreto per scrivere un racconto

11 settembre 2017

“I’ll give you the sole secret of short-story writing, and here it is:

Rule 1. Write stories that please yourself.

There is no rule 2.

The technical points you can get from Bliss Perry. If you can’t write a story that pleases yourself, you will never please the public. But in writing the story forget the public.”

O. Henry intervistato dal New York Times 

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Intervista a Antonia Santopietro (8×8, seconda serata)

23 marzo 2017

La filosofia di Zest privilegia ambiti di ricerca letteraria innovativi con un focus particolare sulla quotidianità: hai riscontrato questa caratteristica anche nei racconti selezionati per la seconda serata di 8×8?
Questa è una delle caratteristiche che mi ha colpito di più: il fatto che, per quanto con scritture diverse, ci siano molti focus sulla quotidianità, come i sentimenti che fanno parte della realtà di tutti i giorni o che possono essere vicini a noi. Alcuni racconti sono più forti, altri più evocativi. Però ce ne sono anche di diversi.

Rispetto a questo, quali caratteristiche hai notato nei racconti in gara?
Hanno stili diversi. Alcuni più immaginifici che usano una modalità evocativa. Altri sembrano invece più connessi con la realtà quindi hanno anche un linguaggio vicino al parlato, al sentire. Sono comunque tutte formule dosate in maniera efficace.

In quanto lettrice, nel racconto cerchi qualcosa di diverso al di là del progetto di Zest o le due cose combaciano nel tuo gusto?
Come gusto mio personale sono più legata al presente, cioè cerco scritture che mi consentano di rapportarmi alla realtà. Se cerco una lettura che mi coinvolga, questo è ciò che scelgo. Cerco la realtà.

Credi che la lettura dal vivo dei racconti sia un valore aggiunto in vista del giudizio?
Assolutamente sì, anche perché ho partecipato l’anno scorso. È un valore aggiunto anche se credo che tutte le scritture lette più di una volta ti consentano di notare più cose. Per cui forse il fatto che si ascolti il racconto una sola volta potrebbe non essere sufficiente. Però nella sua formula 8×8 è assolutamente vincente, è un ottimo confronto.

Pubblicheresti su Zest qualcuno di questi racconti?
Sì, più di uno. Investirei su un paio di racconti che sono in gara questa sera.

Zest e 8×8 rappresentano delle iniziative originali. Secondo te come contribuiscono due progetti del genere nella ricerca di nuovi autori e nel panorama narrativo italiano?
Lo scouting è la parte più difficile in assoluto perché di piattaforme acclarate che danno la possibilità di un palcoscenico – anche fisico nel caso di 8×8 – alle voci che scrivono ce ne sono pochissime. Per cui in realtà queste iniziative e i blog si stanno sostituendo a tutto il sistema. Sono sicuramente delle piattaforme di elezione a cui guardare ma auspicherei che ce ne siano di più. La parte narrativa di Zest è aperta ai lettori stessi di Zest, per cui il target non è propriamente quello degli scrittori ma di tutti coloro che hanno l’ambizione di scrivere. Siamo noi che cerchiamo di scegliere delle scritture che siano buone.
Per quanto riguarda l’influenza sull’editoria italiana dipende dall’attenzione dell’editoria. Penso che la combinazione blog e social stia dando un buon contributo. Ci sono poi autori che emergono dai social.

Riscontri questo nuovo slancio più nel racconto o nel romanzo?
Il racconto… questo sconosciuto! Invece ci sono molte persone che amano scrivere racconti, anche se il romanzo sembra una forma superiore. Però in realtà molti autori, soprattutto giovani, cominciano a scrivere racconti. Non so rispondervi con precisione; secondo me bisogna dare attenzione al racconto ma già dire «dare attenzione» vuol dire che lo stiamo discriminando. Per cui, viva la scrittura!

A cura di Martina Mincinesi e Sara Valente

Intervista a Alessandro Grazioli (8×8, seconda serata)

22 marzo 2017

In quanto ufficio stampa di minimum fax, come promuovi una raccolta di racconti? Ci sono davvero tutte queste barriere? C’è una differenza tra un autore italiano e uno straniero?
Naturalmente la prima cosa che mi viene da dire è che dipende dalla raccolta, se l’autore è italiano o straniero, se è un grande autore o se è un’opera postuma. Un conto è promuovere Il barile magico di Malamud, un conto è promuovere un’antologia di esordienti italiani. Tutto cambia di volta in volta: come dicevano le nonne, il minestrone lo fai con quello che hai. Dipende dalla natura del libro, dall’autore sia da un punto di vista puramente letterario sia da un punto di vista di disponibilità. Per esempio per la promozione di opere postume di spessore si cerca di «appoggiarsi» a scrittori che le hanno apprezzate.
Non c’è una grandissima differenza nella ricezione dei racconti piuttosto che dei romanzi, almeno per  minimum fax. È una casa editrice che da sempre pubblica racconti e che fa in modo che non abbiano mai meno valore rispetto al romanzo. Il racconto pubblicato e promosso da minimum fax fa parte della promozione e della comunicazione classica della casa editrice. È semplicemente una delle tante forme, non c’è una grandissima differenza in termini promozionali. Però in termini ricettivi, lì sono i numeri che parlano: ahimè i racconti hanno quasi sempre un punto in meno. È un caso che però varia di volta in volta. Abbiamo pubblicato un’antologia di racconti di italiani contemporanei fortunatissima in confronto ai grandi classici americani. Operazioni come quella di La qualità dell’aria (2004) e L’età della febbre (2016) sono state virtuosissime e fortunate in termini di media, di riscontro di pubblico e di vendite ma anche per la presenza nel dibattito culturale. Idem per Malamud e per Yates: del resto tutto a minimum fax è nato sulla scia del grandissimo maestro di racconti Raymond Carver. Se l’editore che pubblica Carver promuove dei racconti parte già avvantaggiato. C’è un’innata curiosità nei confronti di una raccolta di racconti pubblicata da minimum fax. E poi abbiamo fatto anche esperimenti ibridi sulla forma dei racconti: Il tempo è un bastardo di Jennifer Egan è un romanzo o sono racconti legati? Sofia si veste sempre di nero di Paolo Cognetti sono racconti ma fanno parte di un’unica costruzione. minimum fax è l’editore giusto per dirti che non c’è differenza.

I racconti di questa serata per quel poco che si può capire come si inseriscono secondo te nel contesto della narrativa attuale? Trovi che siano in sintonia con ciò che viene promosso e venduto?
Vi confesso che, come l’ultima volta, io non li ho volutamente letti prima. Secondo me la funzionalità di 8×8 sta nella lettura ad alta voce. È chiaro che non è la performance che stabilisce il valore letterario di un racconto, però vorrei farmi sorprendere il più possibile.

Dei racconti in gara stasera a 8×8, ci sono degli autori su cui investiresti? Avresti in mente qualcosa di particolare per promuoverli?
Una cosa che secondo me ha sempre senso fare, nel caso di un esordio assoluto in una raccolta di racconti, è cercare di farli arrivare e leggere il più possibile: prepararne l’attesa con la lettura da parte di critici, altri scrittori e giornalisti culturali. Il nome e la voce dell’autore cominciano ad assumere una familiarità prima dell’uscita del libro per non lasciare che arrivi in libreria e basta. Si può dare l’anticipazione di uno dei racconti della raccolta o di uno inedito su uno spazio in rete, su un giornale. Lo scopo è preparare il terreno. Già è strutturalmente difficile non tanto per il racconto ma per un libro in generale: la settimana in cui esce il tuo libro ne escono altri trecento. Devi distinguerlo dagli altri e far capire perché è diverso: se è un romanziere o un autore di racconti già affermato non è necessario spiegare chi è e cosa scrive. L’esordiente è una scoperta assoluta, devo comunicare chi è e far sentire la sua voce. Come ho già detto, si tratta di creare l’attesa non tanto sull’effetto dell’uscita ma sulla qualità dell’uscita per far capire che quello che arriverà ha un suo valore.

Nella fase promozionale quanto incide secondo te la personalità e l’efficacia comunicativa di un autore?
Sarei un illuso purista se vi dicessi che non incide. Non dovrebbe ma è chiaro che, ahimè, una forma di influenza ce l’ha. Sta tutto nel modo in cui vuoi che quella fisicità incida. Se provi a sottrarti da una dinamica televisiva e far sì che la fisicità sia legata esclusivamente alla tipologia di voce dell’autore e cerchi di farla aderire al valore letterario dei suoi contenuti, allora ha un senso. L’intervista all’autore deve far arrivare la qualità di una nuova voce. Il valore di un autore non sta nella sua prestanza fisica, semmai questo è un «in più», altrimenti durerebbe il tempo di una stagione di moda. Sarebbe deprimente e sciocco.

A cura di Martina Mincinesi e Sara Valente

Non capisco come vive la gente

4 gennaio 2016

 

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Mrs Arnold fece un respiro profondo.
«Dottore,» disse «da cosa si capisce se uno sta diventando matto?».
Il dottore alzò la testa.
«Che stupida» disse Mrs Arnold. «Non volevo dire così. È già abbastanza difficile da spiegare, senza andare sul drammatico».
«L’infermità mentale è più complicata di quel che pensa» disse il dottore.
«Lo so che è complicata» disse Mrs Arnold. «Questa è la sola cosa di cui sono veramente sicura. L’infermità mentale è una delle cose che intendo».
«Mi scusi?».
«Il mio guaio è questo, dottore». Mrs Arnold si accomodò sulla sedia e tolse i guanti da sotto la borsetta, mettendoli sopra. Poi li prese e li rimise sotto la borsetta.
«Me ne parli liberamente» disse il dottore.
Mrs Arnold sospirò. «Tutti gli altri capiscono, pare,» disse «e io no. Ecco». Si sporse e parlando gesticolò con la mano. «Non capisco come vive la gente. Una volta era tutto così semplice. Da bambina vivevo in un mondo dove vivevano anche tanti altri e tutti vivevano insieme e le cose andavano avanti così, tranquillamente».

Shirley Jackson, “Colloquio”, La lotteria, Adelphi, traduzione di Franco Salvatorelli

Sono stato convocato per trovare una cura

10 novembre 2015

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Il presidente si prese una lunga pausa e fece un profondo respiro stirando i contorni della bocca e mettendosi meglio a sedere sulla sua poltroncina.
“[…] È innegabile che serpeggi ormai da molto tempo un profondo malcontento. Come potrebbe peraltro essere diverso? Tutti subiscono ogni giorno il peso di un paese in gravissima difficoltà, e senza dubbio alcuni dei cittadini che ne soffrono di più sono quelli rappresentati dal segretario. Detto questo, sono ben lontano dal credere che il mondo, o anche solo la nostra nazione, sia da buttare. Veniamo da un decennio di rapidissima e profondissima rivoluzione storica, a cui, per sua natura e – lo devo dire – per non grandissima lungimiranza dei governi che l’hanno assistito, il nostro Paese si sta adattando con più difficoltà di altri. Va anche sottolineato che quella sua stessa natura gli ha permesso, per certi aspetti, di subire meno la voragine in cui è sprofondato il mondo occidentale. Penso per esempio alle nostre banche e ai risparmi de nostri cittadini. Non voglio qui sbandierare del facile ottimismo, conosco meglio di chiunque altro lo stato in cui versa la nostra amministrazione. Non sono stato chiamato a presiedere il governo per portare avanti un programma politico, sono stato convocato per trovare una cura”.
“Peccato che la malattia e la cura, la purga dovrei dire, abbiano come sempre colpito i soliti” lo interruppe il segretario.
Il presidente si fermò, chiaramente infastidito.
“Trovo questo quantomeno ingeneroso” riprese con calma.
“Sarà anche ingeneroso, ma intanto, invece di andare a trovare il denaro da chi ne ha in esubero, siete andati a raccattarlo a tappeto da tutti senza misure di proporzione. Chi credevate che ne sarebbe uscito peggio? Perché invece di fare una vera patrimoniale avete deciso di alzare le accise sui carburanti? Cosa gli racconta a chi deve andare al lavoro in macchina?”

Pietro Grossi, “Lo sgabello”, L’uomo nell’armadio, Mondadori