Archive for the ‘valutazione’ Category

Manganelli su Iris Murdoch

28 gennaio 2016

Iris Murdoch
The Sandcastle
Chatto & Windus, London, 1957

Meno ambizioso e singolare del precedente: è un romanzo di struttura abbastanza consueta, ma di una complessità e intelligenza e sottigliezza psicologica straordinarie. La storia: un professore di un college, già sposato e padre di due figli, si innamora di una giovane pittrice; vagheggia di divorziare, di sposarla; in conclusione fallisce. Niente di inconsueto, dunque: ed esperta – con qualche durezza – è la mano che svolge la trama. È quello che si dice un “buon romanzo”: non di serie, ma senza decisive audacie intellettuali. Assai più facile del precedente, meglio impastato, più leggibile, senza grandi cadute: ma di un respiro sensibilmente più cauto. È un libro che mi pare metta conto di prendere in considerazione.

Giorgio Manganelli, L’impero romanzesco, Aragno, 2003

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Dorothy Parker su Hemingway

26 ottobre 2015

1155-tanto-vale-vivere

[…] Dunque: Il sole sorge ancora era scritto nello stesso identico stile “legnoso” dei racconti di Hemingway: e trattava argomenti altrettanto “sgradevoli”. E allora per me rimane un mistero perché mai il pubblico se lo sia stretto al seno, madido di lacrime, mentre Nel nostro tempo, che a me appare superbo, sia stato del tutto ignorato. A parer mio (so già che questa conversazione mi si rivolterà contro prima o poi, meglio prima che poi) lo stile di Hemingway, la sua prosa scarnita fino all’ossatura giovane e salda, è assai più d’impatto, assai più commovente nei racconti che non nel romanzo. E, a parer mio, Hemingway è il più grande autore vivente di racconti; e, sempre a parer mio, non è il più grande romanziere vivente.
Dopo tutto quel can can su Il sole sorge ancora, avevo temuto per il prossimo libro di Hemingway. Sapete come vanno le cose: non appena si comincia ad acclamare uno scrittore, quello scrittore è sul punto di iniziare la fase discendente. I critici letterari, come avvoltoi, volteggiano solo sul leone in agonia.
È quindi una grande soddisfazione scoprire che il nuovo libro di Hemingway, Uomini senza donne, è davvero magnifico. È composto di tredici racconti, per la maggior parte già pubblicati. Storie tristi e terribili; l’enorme fame di vita dell’autore sembra essere stata, in qualche modo, saziata. Vi si trova ben poco della pacifica estasi che caratterizzava il viaggio in tenda di Il sole sorge ancora e i giorni del pescatore solitario di “Il grande fiume dai due cuori” in Nel nostro tempo. Tra i racconti c’è “Gli uccisori”, che mi sembra una delle quattro grandi novelle americane. (Basterà un vostro cenno, e vi dirò quali credo siano le altre. […]) Nel volume sono inoltre compresi “Cinquanta bigliettoni”, “In paese straniero” e il delicato e tragico “Colline come elefanti bianchi”. Non saprei proprio dove sia possibile trovare una miglior raccolta di racconti.
Ford Madoz Ford ha detto: “Hemingway scrive come un angelo”. Dissento (niente di meglio che dissentire, per curare quel certo mal di testa mattutino). Hemingway scrive come un essere umano. Credo sia per lui impossibile scrivere di un fatto a cui non abbia assistito; possiede quindi un vero talento per raccontare; così come Sinclair Lewis. Ma, o almeno così la penso io, Lewis rimane un reporter mentre Hemingway è un genio perché dispone di un infallibile senso selettivo. Elimina i dettagli con munifica prodigalità; tiene le parole al piccolo trotto. Come ogni lettore sa, è un’influenza pericolosa. Le semplici cose che fa sembrano così facili da imitare. Ma guardate un po’ come se la cavano quei tizi che ci hanno provato.

Dorothy Parker, The New Yorker, 29 ottobre 1927 (Tanto vale vivere, La Tartaruga)