Posts Tagged ‘adelphi’

Povertà è una ideologia

8 marzo 2018

Povertà non è miseria, come credono i miei obiettori di sinistra. Povertà non è “comunismo”, come credono i miei rozzi obiettori di destra.
Povertà è una ideologia, politica ed economica. Povertà è godere di beni minimi e necessari, quali il cibo necessario e non superfluo, il vestiario necessario, la casa necessaria e non superflua. Povertà e necessità nazionale sono i mezzi pubblici di locomozione, necessaria è la salute delle proprie gambe per andare a piedi, superflua è l’automobile, le motociclette, le famose e cretinissime “barche”.

Goffredo Parise, Dobbiamo disobbedire, Adelphi

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Una volta con Ingeborg

17 ottobre 2017

La vecchiaia, disse, è orribile. Ma tutto è orribile, le dicevo. Con una specie di allegria. Tentavo di convincerla che tutto è davvero orribile (a quel tempo le nostre vite non erano affatto male) e non per finta. Allora i suoi occhi irradiavano felicità, e passarono gli anni. Brevi. Ogni giorno andavo al Sant’Eugenio, reparto grandi ustionati. Due volte entrai in una stanza che doveva essere asettica.

Fleur Jaeggy, “La stanza asettica”, Sono il fratello di XX, Adelphi

L’amore al trotto

16 settembre 2017

Com’è difficile pensare all’amore andando al trotto. Al trotto di scuola poi, impossibile. Al galoppo, si può provare. Ma al passo!… Al passo, i pensieri dell’amante, felice o infelice che sia (ma un amante felice pensa poco), non sono sfibrati e frantumati dallo sballottamento, non restano indietro come soldati stremati nella neve o spiccioli sputati da una tasca logora, né sono proiettati in avanti e perduti oltre le orecchie della creatura che di buona o malavoglia galoppa.

Fabrizio Dentice, Messalina, Adelphi, Milano 1991, p. 50

Best seller e worst seller

11 luglio 2017

È noto, anzi addirittura ovvio, che se il successo è gratificante, l’insuccesso, se bene amministrato e vissuto, lo è anche di più. Un best seller è certamente un libro cordiale, comunicativo, coinvolgente e sciarmoso; è un libro che parla a “tutti”; ma un worst seller può essere un libro delicatamente scostante, afono, schivo, un libro che dà del “lei” e si rivolge a pochi, pochissimi, nessuno.

Giorgio Manganelli, Il rumore sottile della prosa, Adelphi

La contemplazione disinteressata dell’arte

7 giugno 2017

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L’attribuzione fu il fondamento della carriera di Berenson. All’inizio degli anni Novanta, bisognoso di credibilità professionale e liquidità finanziaria, con Mary e Senda che lo esortavano a scrivere e guadagnare, cominciò i tre progetti ai quali avrebbe lavorato per il resto della vita: scrivere di pittura e dei pittori per il pubblico generalista e per gli esperti; comporre vasti cataloghi enciclopedici degli autori e dei loro dipinti; autenticare dipinti per il mercato dell’arte. Ognuna di queste attività era per lui causa di tensione. Le considerava tutte in conflitto reciproco e, ancor peggio, ciascuna gli pareva minacciare la contemplazione disinteressata dell’arte, ovvero la cosa che più di tutte lo faceva sentire vicino al sublime.

Rachel Cohen, Bernard Berenson. Da Boston a Firenze, Adelphi, traduzione di Mariagrazia Gini

Cucina di famiglia

25 aprile 2017

Una cucina particolarissima, non giudicabile col solito metro, che si potrebbe definire l’opposto della mensa aziendale è la cucina di famiglia: la cucina della mamma (o della zia). Può anche essere, per gli invitati, una cattiva cucina, ma per quelli di casa è una cucina speciale, che non fa male, che protegge, che, quando non c’è più, si ricorda con le lacrime agli occhi. Dice Flaiano: «Quando mia madre insisteva: “Prendi un altro po’ di fettuccine” (le sue fettuccine) mi sentivo infastidito. Ora quanto pagherei per risentire quell’invito e aver davanti quelle fettuccine».

Aldo Buzzi, L’uovo alla kok, Adelphi

Eccentrica

17 aprile 2017

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Greta Lovisa Gustafsson quando recitò in Ninotchka aveva già trentatré anni, eppure al regista Lubitsch parve la più inibita attrice che avesse mai diretto. Ella arrossiva, imbarazzata di apparire ubriaca in una scena del film al ristorante. Lubitsch se ne compiacque: Ninotchka, fanatica marxista, doveva essere malata di moralismo. Altro pregio: la fronte della Garbo era sì bellissima; ma vasta in un viso oblungo: perfetta fisiognomica dell’anima malinconica. E l’enigma del suo carattere era tutto nell’inclinazione alla noia triste, proprio come quella che il comunismo generava. Ma almeno Greta Garbo, se rideva, era incantevole. Il ripiegarsi delle guance ingenuo, la bocca, i vasti occhi rassicuravano la vita come un sole che sorge dalle nubi.

Geminello Alvi, Eccentrici, Adelphi

Bangkok e l’isola di Crusoe

15 febbraio 2017

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Usando la decina di vocaboli che avevo a disposizione potevo sopravvivere, mangiare e lavarmi, ma certo non addentrarmi nelle insidiose sfumature dei rapporti umani – e del resto non ne avevo neanche voglia. Nessuno riesce a capire fino a che punto Robinson Crusoe si godesse la sua solitudine. A modo loro, la casa di vetro e il giardino erano una specie di isola, persino tropicale, ma la differenza fra Crusoe e una transfuga a Bangkok nel Ventunesimo secolo erano i domestici con le cesoie da giardino, che dall’altra parte del vetro guardavano il farang – reperto A – allungato su un sofà che si esercitava con la calligrafia. Quelli su cui facevo veramente colpo erano i bambini, che passavano ore appesi ai rami, a mangiare pesce e a fissarmi preoccupati.

Lawrence Osborne, Bangkok, Adelphi, traduzione di Matteo Codignola

Atteggiamento verso le cose

1 novembre 2016

Atteggiamento verso le cose: come una madre, non voglio che nessuno dica niente contro T, che dica che è pigro o inetto: so che lavora, e sodo, ma chi guarda da fuori e pensa che scrivere significhi starsene a casa a bere caffè e a gingillarsi non lo vede. Un dramma.

Sylvia Plath, dai Diari, 3 gennaio 1959

Le riviste secondo Calasso

24 ottobre 2016

La rivista tradizionale è uno strumento rigido, che ha avuto la sua età aurea tra il 1890 e gli anni Trenta del Novecento, penso a «Commerce» di Marguerite Caetani, alla «Nouvelle Revue Française» o a «Corona» di Hofmannsthal, e presupponeva un tessuto di civiltà letteraria che oggi è venuto a mancare. Sullo schermo è possibile seguire strade nuove, quella per esempio della pubblicazione permanente: aggiungere, senza obbedire a scadenze, nuovi testi, che possono essere anche una glossa di poche righe, in un tacito gioco con il pubblico.
L’articolo completo qui.

Dino Messina, Roberto Calasso, le nozze fra un editore e internet, «Corriere della Sera», 25 maggio 2001