Posts Tagged ‘Edna O’Brien’

E poi succede, il destino

5 giugno 2016

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Al nostro paese erano tutti tipi fuori dal comune e un paio di ragazze erano bellissime. Ce ne furono altre prima e dopo ma è con Eily che creai un sodalizio. Certe volte ti ritrovi in ballo, sei richiesto, sei privilegiato, sei partecipe, e poi succede, il destino, e poi finisce e tu ti ritiri in buon ordine sapendo, ahimè, che tocca a qualcun altro.

Edna O’Brien, “Una donna scandalosa”, Oggetto d’amore, Einaudi Stile libero, traduzione di Giovanna Granato

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Sai scrivere, e questo non te lo perdonerò mai

6 gennaio 2014

Completai il romanzo in tre settimane. Si era scritto da solo, io ero semplicemente una messaggera. Lo ricopiai in bella calligrafia e lo spedii a una dattilografa, una signora invalida di Hastings, perché lo battesse a macchina. Avevo trovato il suo nome tra gli annunci sul retro del New Statesman e, quando mi restituì il dattiloscritto, la signora mi disse che le aveva ricordato un periodo della sua vita, trascorso nel nord dell’Inghilterra, tanto tempo fa. Se mai fossi capitata ad Hastings, sarei stata la benvenuta a casa sua.
Il mio editore era contento: la sua intuizione aveva dato i frutti sperati e il lettore della casa editrice, l’autore Clifford Hanley, aveva scritto una scheda entusiasta del mio romanzo, allegando una lettera per me con una citazione di Robert Burns.
Lasciai una copia del libro sul tavolo dell’ingresso perché mio marito la leggesse, se ne aveva voglia, e un giorno mi sorprese presentandosi la mattina presto sulla porta della cucina con il romanzo in mano. L’aveva letto. Sì, doveva ammettere che nonostante tutto ce l’avevo fatta, e poi disse una cosa che suonò la campana a morto del nostro matrimonio già in crisi: “Sai scrivere, e questo non te lo perdonerò mai”.
Era come se scrivendo quel libro gli avessi tolto la terra da sotto i piedi: avevo sabotato la sua fiducia in se stesso e in fondo non potevo dargli torto. Nei sei anni trascorsi da quando mi aveva incontrata, sei anni in cui avevo incarnato fedelmente la parte dell’idiota, della Bessie Bunters della letteratura, qualcosa era cambiato dentro di me e lui aveva avuto una parte importante in quel cambiamento, ma ora ero pronta a volare da sola.
Eppure restavamo insieme. Quando arrivò l’assegno dell’editore dovetti girarlo a mio marito. Ne avrei ricevuta solo una piccola quota, una volta alla settimana, per le necessità domestiche. Come ricompensa lui fece costruire un capanno perché potessi scrivere in giardino. Era una specie di baracca di legno, con dentro un tavolo, una sedia e un termosifone a gasolio. Il sabato, quando i bambini erano a casa e giocavano in giardino, mi facevano le boccacce attraverso la finestra, oppure mi infilavano dei bigliettini sotto la porta con scritto: “Ci manchi. Siamo malati. Siamo interessati alla distillazione del gin”. Erano entrambi precoci e spaventati, e sapevano fin troppo bene che la nostra vita insieme era appesa a un filo.
La mia passività può sembrare strana, vista dal di fuori, ma non lo era per me. Era terrorizzata e mi importava solo di sopravvivere, insieme ai miei bambini.

Edna O’Brien, Country Girl, Elliot edizioni, traduzione di Cosetta Cavallante