La chiamo «editoria e no», questo criterio, e non voglio certo dire con ciò che noi della Einaudi siamo l’editoria e gli altri no. «Editoria e no» non perché la casa editrice Einaudi sia la migliore, ma per sottolineare un impegno civile, che una parte dell’editoria ha preso con la società. L’editoria «sì» è quella che invece di «andare incontro al gusto del pubblico», gusto che si pretende di conoscere ma si confonde spesso col proprio, introduce nella cultura le nuove tendenze della ricerca in ogni campo, letterario artistico scientifico storico sociale, e lavora per fare emergere gli interessi profondi, anche se va contro la corrente. Invece di suscitare l’interesse epidermico, di assecondare le espressioni più in superficie ed effimere del gusto, favorisce la formazione duratura. Di un gusto, appunto; e anche di un pubblico, di un mercato se vuoi.
Quel «no» di «editoria e no» caratterizza invece gli editori che non si pongono in questa prospettiva, ma cercano di soddisfare i desideri più ovvi del pubblico. E su questi fondano la loro impresa… Basata sul nulla, sul vuoto. Che non lascia traccia di sé.
Giulio Einaudi, in Severino Cesari, Colloquio con Giulio Einaudi