Aveva l’influenza. Era insolito che si ammalasse. I bambini erano piccoli e aveva nevicato e lei non ne poteva più del baccano che facevamo, così ci siamo coperti bene e siamo andati al parco a correre sullo slittino. Senza di lei eravamo patetici. I bambini non trovavano i berretti. Non riuscivano a tirare fuori dalle maniche del piumino le due muffole legate insieme; non volevano vedere nessun altro scendere in slittino per il pendio, nessun ragazzo più grande. Io sono stato un disastro. Li ho portati fuori senza gli stivali di gomma, così non eravamo neanche in fondo alla via che avevano già le dita dei piedi gelate. Si sono messi a rognare e tutti e tre abbiamo capito che senza di lei niente funzionava a dovere. Mi hanno compatito. Che imbarazzo mostrare che il mio talento di padre dipendeva completamente da lei. Se avessi saputo che erano le prove generali della nostra vita futura, forse avrei detto: FATEVI FORZA MERDINE CHE NON SIETE ALTRO, oppure AIUTO. Oppure, prendi me, ti prego, prendi me al posto suo.
Max Porter, Il dolore è una cosa con le piume, Guanda, traduzione di Silvia Piraccini