Posts Tagged ‘Il dolce sollievo della scomparsa’

Nella metropolitana di NY

30 luglio 2013

A Pax piaceva la metropolitana di quella città. Gli piacevano i suoi echi, il suo calore, le zaffate di marcio, la sua congrega di musicisti, sbandati e turisti, il modo in cui il suo tanfo che sa di uovo ti entra in bocca, entra in bocca a tutti. La forza democratizzante della metropolitana, la sua ineluttabile evocazione della morte che verrà per tutti noi, in qualche modo era rassicurante. Piastrella che trasuda. Cemento vischioso. Ratti enormi e tremanti con le code che sembrano l’antenna di una macchina. Pax restava sottoterra per giorni e giorni. Viaggiava. Camminava. Osservava. Gli piaceva aspettare sui marciapiedi, bloccato nella ressa, gli piaceva quel respirare e sudare collettivo, le facce che le persone facevano quando la folla le schiacciava – o meglio, gli piacevano le facce che le persone cercavano di nascondere, gli occhi distolti, le labbra strette, gli piaceva quando una faccia tradiva il suo proprietario. C’era una faccia che vedeva dappertutto. Quella di una ragazzina.

Sarah Braunstein, Il dolce sollievo della scomparsa, 66thand2nd

 

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Volevo fare

13 dicembre 2012

Ma Grace, a sedici anni, diceva alla madre: «Io non mi sposerò mai, mai e poi mai».
La madre sorrideva. «La pensavo anch’io così, sai? Volevo fare la—».

Sarah Braunstein, Il dolce sollievo della scomparsa, 66thand2nd

Che tipo di moglie sei?

23 novembre 2012

Una volta finito di mangiare, le guance dell’uomo avevano assunto un altro colore. Prese fiato e disse: «Sto andando in città. Voglio trovarmi una moglie. Faccio male ad ammetterlo? Sarebbe meglio non dirlo forse. Sembra una cosa infantile. O antiquata. Andare in città in cerca di una moglie».
Il bourbon aveva reso Judith meno spigolosa.
«Che tipo di moglie vuoi?».
Lui alzò un sopracciglio. «Che tipo? Perché, quanti tipi ci sono? Non lo so. Un tipo gentile. Un tipo fedele. Magari con gli occhi scuri».
Si girò per guardarla bene in faccia. Da vicino lui aveva una palpebra leggermente afflosciata. Un viso lungo, serio, due mezzelune scure sotto gli occhi.
Le chiese: «Tu che tipo di moglie sei?».
Era una domanda stupida, lei lo capì quando se la vide ritorcere contro.
Lui aspettò.
Come rispondere? Come descrivere il senso di infinita costrizione, la tenerezza, il desiderio di essere sola e la gratitudine di non esserlo, e la fantasticheria di qualche altro uomo che la gettava sul sedile posteriore della sua macchina come un sacco d’immondizia?
Avrebbe potuto dire qualsiasi cosa. Voleva toccargli il viso. Voleva togliergli le scarpe e i pantaloni. Rispose: «Un tipo schifoso».

Sarah Braunstein, Il dolce sollievo della scomparsa, 66thand2nd

Terrore

30 ottobre 2012

«Buona giornata!» gli disse, ma la falsa allegria che avvertì nella propria voce – un che di cantilenante, un frullo contro le pareti della sua gola come le ali di un uccello minuscolo – ripristinò immediatamente i suoi dubbi. C’era qualcosa in lei di profondamente sbagliato.
La porta sbatté alle spalle del ragazzo. Se n’era andato.
Joe masticava a bocca aperta.
Constance sentì, per la prima volta in tanti, tantissimi anni— qual è quella parola che significa che sei da sola in una stanza sudicia illuminata da una lampadina sfarfallante e i vetri delle finestre sono pieni di ditate e nessuno accorre quando lo chiami, nessuno, perché tutto quanto – l’amore, l’ordine, la tranquillità – è stato solo uno scherzo della tua immaginazione?
Joe disse, riferendosi alla pappa d’avena: «Cazzo quant’è buona».
Terrore.

Sarah Braunstein, Il dolce sollievo della scomparsa, 66thand2nd

La bambina e il famigerato Lui

23 ottobre 2012

Era già buio perché le giornate d’inverno erano più brevi, e mi rammento come gli steli spezzati mi ostacolassero il cammino. La neve cadeva leggera, sembrava una folata di tante manine, io respiravo con il naso, ma quando cominciò a colare spalancai la bocca. A un paio di metri dal signor Harvey, misi fuori la lingua, per assaggiare un fiocco di neve.
«Non volevo spaventarti» disse il signor Harvey.
In un campo di granturco, di sera, naturale che mi spaventassi. Dopo morta, mi ricordai di quell’impercettibile profumo di acqua di colonia nell’aria, al quale lì per lì non avevo prestato troppa attenzione, convinta che venisse da una delle case nei paraggi.
«Signor Harvey» dissi.
«Sei la più grande delle ragazze Salmon vero?».
«Sì».
«E i tuoi come stanno?».
Nonostante fossi appunto la maggiore, nonché un genio dei quiz di scienza, con gli adulti non mi ero mai sentita molto a mio agio.
«Tutti bene» dissi. Tremavo di freddo, ma la soggezione per la sua età, aggiunta al fatto che era un vicino di casa e aveva chiacchierato di fertilizzanti con mio padre, mi tenne inchiodata lì.
«Ho costruito una cosa, qui dietro» disse. «Ti piacerebbe vederla?».
«Veramente avrei un po’ freddo, signor Harvey, e poi la mamma mi vuole a casa prima che sia buio».
«È già buio, Susie».
Come vorrei che la cosa mi avesse insospettito! Io non glielo avevo mai detto il mio nome.

Alice Sebold, Amabili resti, edizioni e/o

 
Lei avrebbe accolto schiavi o ebrei in casa sua. Ed è per questo che quando l’uomo apparve, è per questo che quando le disse «posso disturbarla un attimo, signorina?», è per questo che quando lei vide che aveva gli occhiali pieni di ditate, un taglietto da rasoio sulla guancia, quando vide che aveva la stessa sciarpa scozzese di suo padre, si fermò. Fu istintivo; non ci
pensò due volte. Quell’uomo aveva la stessa sciarpa del padre.
Non si era accorta da dove fosse sbucato. Era un tizio apparentemente normale, tipo un semplice funzionario, con il giornale sottobraccio, la ventiquattrore con la cerniera dorata e lucente.
«Salve» rispose lei.
Il fratello era scomparso.
«Hai l’aria di avere fretta» disse l’uomo.
Lei non seppe cosa rispondere.
«Beh, direi di sì».
«Vorrei solo rubarti un attimo del tuo tempo».
Lei non pensò: Chi è? cosa vuole? è innocuo? Ecco cosa avrebbe dovuto pensare – tra i pensieri sotto i suoi pensieri c’era: Perché non stai pensando quello che dovresti pensare? […]
«Stai andando a scuola, immagino» disse lui.
«Infatti». Era risoluta, sicura di sé.
«Fai la quinta elementare? La prima media?».
Lei esitò; lui sbatté le palpebre; lei confermò la seconda ipotesi.
«Ho una proposta da farti». Deglutì di nuovo. Era così ricercato, quel modo di deglutire – disinvolto, stupendo.
Lei gli chiese: «Che genere di proposta?».
«Avrei bisogno del tuo aiuto. Ho un’idea e mi piacerebbe conoscere il tuo parere».
Lei disse in tono un po’ offeso. «Ah sì, avevo capito».
«Non ci vorrà molto. È… è davvero importante per me».
Leonora sarebbe dovuta scappare e non lo fece. Si preparò a scappare, conosceva i rischi, ma in quel momento, faccia a faccia con lui (il famigerato Lui, uno sconosciuto da manuale), l’istinto si limitò a suggerirle di ascoltarlo. Disse: «Cosa posso fare per lei?», e fu sorpresa dall’intonazione meccanica, distaccata, con cui quella domanda le venne fuori, come la voce di una cameriera stanca.

Sarah Braunstein, Il dolce sollievo della scomparsa, di prossima pubblicazione per 66thand2nd

Destinati a essere buoni

16 ottobre 2012

Quanto moriva dalla voglia di essere cattivo, quanto moriva dalla voglia di disprezzare proprio quelle convenzioni che costituivano la sua essenza. Povero ragazzo. Povero amore. Era destinato a essere buono.

Sarah Braunstein, Il dolce sollievo della scomparsa, 66thand2nd

Inizi

9 ottobre 2012

La vita di Constance cominciò con la morte di un’altra donna. Fu quello il vero inizio. Non cominciò quando nacque, o quando finì le scuole, o quando lasciò la casa di sua madre. La sua vita, in definitiva, cominciò quando Louise caricò la sua famiglia sulla station wagon, inforcò gli occhiali da sole, mise in moto e andò a schiantarsi contro un treno.

Sarah Braunstein, Il dolce sollievo della scomparsa, di prossima pubblicazione per 66thand2nd