Posts Tagged ‘John Cheever’

La giovinezza è preziosa e irritrattabile

9 aprile 2016

“Il successo dipenderà dai giovani della tua generazione”, disse. “Sei stato fortunato a esserti perso il boom economico e tutte le sue deleterie ed esagerate ambizioni. Tu hai conosciuto solo cosa vuol dire essere poveri, nient’altro. Ora hai probabilmente imparato che”, disse, “non c’è potere più forte del denaro – incommensurabilmente più forte, per essere romantici, dell’amore o della morte – e tu, in questo mondo marcio, non sarai mai ricco e il potere non lo avrai mai. Il successo dipende dalla tua generazione, perché se c’è qualcuno che ha il diritto di chiedere vendetta o giustizia questi sono i giovani. E ce ne sono venti milioni”, disse, “venti milioni di persone della tua età che si girano i pollici in ristoranti, agenzie di collocamento, stanze ammobiliate, pullman o, peggio ancora, a casa, ad ascoltare la radio e leggere e rileggere i giornali. La giovinezza è preziosa e irritrattabile. E nessun uomo, qualsiasi sia il suo coraggio, può restare con le mani in mano e vivere giorno dopo giorno una vita che non ha nulla di intenso e giusto. Ci sono venti milioni di giovani. Hai idea di quanti sono? Pensaci!”

John Cheever, “Di passaggio”, The Atlantic Monthly, marzo 1936 (in Tredici racconti, Fandango Libri)

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Un mese che si preannuncia senza preoccupazioni

23 luglio 2015

cape cod

Ogni anno affittiamo una casa in riva al mare e all’inizio dell’estate ci trasferiamo lì in macchina con i bambini, il cane, il gatto e la cuoca. Arriviamo in quel luogo che non conosciamo poco prima che faccia buio. Il viaggio verso il mare ha un eccitamento cerimonioso tutto suo – sono tanti ormai gli anni che lo viviamo – con quella consapevolezza di chi siamo – ciò che nei sogni abbiamo sempre saputo di essere – girovaghi e migranti – viaggiatori, insomma, con la tipica sensibilità del viaggiatore. Non chiedo mai troppe informazioni sulle case che prendiamo in affitto, e così è stato per il castello di legno con tanto di torre, per la palafitta, per il cottage ricoperto di rose nello Staffordshire, e per la bella villa nel Sud che si profilava nelle ultime luci del mare, nell’immenso fascino dell’ignoto. Il vicino ti dà un mazzo di chiavi mezzo arrugginite dalla salsedine, tu apri la porta ed entri in un corridoio buio o pieno di luce, pronto a iniziare la vacanza: un mese che si preannuncia senza preoccupazioni.

John Cheever, “Le case al mare”, Fandango

In un mondo così generosamente fornito di acqua

7 gennaio 2015

Le uniche mappe e cartine a cui fare riferimento erano nella memoria o nell’immaginazione, ma erano abbastanza chiare. Per primi venivano i Graham, gli Hammer, i Lear, gli Howland e i Crosscup. Poi avrebbe attraversato Ditmar Street fino alla casa dei Bunker, e da lì, dopo un breve trasbordo, sarebbe arrivato alle piscine dei Levy e dei Welcher, e alla piscina pubblica dei Lancaster. Seguivano poi le piscine degli Halloran, dei Sachs, dei Biswanger, e quelle di Shirley Adams, dei Gilmartin e dei Clyde. Era una stupenda giornata, e il fatto di vivere in un mondo così generosamente fornito di acqua gli sembrava un dono del cielo, una benedizione. Si sentiva il cuore leggero, e cominciò a correre sull’erba. L’impresa di avventurarsi verso casa seguendo questa insolita rotta gli dava la sensazione di essere un pellegrino, un esploratore, un uomo del destino, e sapeva che sul percorso avrebbe incontrato molti amici, tutti amici assiepati lungo le rive del fiume Lucinda.

John Cheever, Il nuotatore, Fandango Libri

Echi di coppie cheeveriane

13 giugno 2014

Quattro anni e due figli possono far slittare il significato del silenzio in una coppia sposata. La quiete c’era ancora, ma adesso risuonava come il filtro esaurito di un condizionatore. Un tempo si rifugiavano nel silenzio per sfuggire alle chiacchiere altrui. Adesso le loro stesse congetture diventavano argomenti da evitare. Tuttavia, lei lo faceva sentire rispettato, e lui la faceva sentire affidabile, e poi troppo affidabile, e infine quasi scontata.

Allan Gurganus, Non abbiate paura, Playground

Qui va tutto a gonfie vele

18 ottobre 2013

È lunedì, sono dalle parti di Porto Santo Stefano e sto pescando oltre gli scogli in compagnia di mio figlio. Io e mio figlio non siamo buoni amici, ed è quando siamo entrambi al massimo delle possibilità che siamo in disaccordo su tutto. Sembra sempre che vogliamo lo stesso posto al sole. Sott’acqua, invece, siamo grandi amici. Sono deliziato nel vederlo come il personaggio di un film, a testa in giù e con i piedi in su, armato di arpione, con l’acqua che fuoriesce dal boccaglio e la sabbia scorre e viene su come fumo quando la smuove. Qui, nell’acqua profonda, tra le rocce, riusciamo a sfuggire alla tensione che altrove rende irritante il nostro rapporto. Qui va tutto a gonfie vele. Il sole, con un piccolo taglio sulla superficie dell’acqua, cade sul fondo del mare in una grande rete di luce. Ci sono stelle marine colorate come rossetti, e tutte le rocce sono ricoperte di fiori bianchi. E dopo una festa, di domenica quando le spiagge sono piene di gente, a metri e metri di profondità si possono trovare molte cose — pezzi di carta di panino, la pagina del cruciverba del Messaggero, e copie di Epoca zuppe d’acqua. È sul retro di una di queste pagine che Brimmer mi guarda dal fondo del mare. No, non è morto. Si è appena sposato con un’attrice di cinema italiana. Ha il braccio sinistro intorno all’esile vita della donna, il piede destro accavallato al sinistro, un bicchiere pieno nella mano destra. Non sembra stare né meglio né peggio, e non so se ha venduto l’anima al diavolo o se ha semplicemente ritrovato sé stesso. Risalgo in superficie, scrollo i capelli per asciugarli, e penso che mi trovo a mondi di distanza da casa.

John Cheever, “Brimmer”, Racconti italiani, Fandango Libri

Vita da giocatori d’azzardo

10 settembre 2012

Il padre di Roger era stato uno dei più famosi scommettitori del Diciannovesimo secolo. Dal momento che non scommetteva mai su un cavallo quotato meno di otto a uno e dal momento che spesso puntava su cavalli tutt’altro che favoriti quotati venti a uno, Venti era diventato il suo soprannome e Roger l’aveva ereditato insieme alla sua singolare mania. […] Aveva un piccolo reddito e viveva proprio come suo padre si aspettava che avrebbe vissuto: su e giù per il paese a seguire i cavalli, frequentando, di tanto in tanto, gente benestante, e convincendosi, tra un autoinganno e l’altro, di essere fortunato, ricco e appagato. A volte andava al meeting di Saratoga in aereo. Altre volte ci andava in treno, in pullman o col traghetto. Altre volte con l’autostop, e una volta si fece addirittura tutta la strada da Ballston a Saratoga a piedi. Tutto quello che faceva lo faceva nei moltissimi modi di chi è molto ricco o di chi è molto povero. Capitava che dormisse in grandi hotel ma capitava pure che dormisse sulla striscia di prato che separa le due corsie della Union Avenue, avvolto nelle copie del Morning Telegraph.

John Cheever, “Saratoga”, in Tredici racconti, Fandango

 
“Affari” le diceva sempre suo padre. “Un gioco da ragazzi”. Fino alla morte del padre non seppe mai fino a che punto il termine “gioco” si applicasse alla lettera ai traffici di lui. Simeon Peake, che viaggiava per il paese con la figlia piccola, era un giocatore d’azzardo per professione, carattere e talento innato. Quando la fortuna gli girava bene vivevano alla grande, dormivano negli alberghi migliori, mangiavano piatti di pesce insoliti e succulenti, andavano a teatro, si spostavano su calessini a noleggio (sempre a due cavalli: se Simeon Peake non aveva abbastanza soldi per un tiro a due, preferiva camminare). Quando però la fortuna gli volgeva le spalle vivevano nelle pensioni, mangiavano cibo da pensione e indossavano gli abiti che avevano comprato quando il soffio della Fortuna era stato favorevole. E nel frattempo Selina frequentava scuole buone, cattive, private, pubbliche, con regolarità sorprendente, considerata la sua vita da nomade.

Edna Ferber, So Big. Una storia americana, Bur

Come stai?

17 aprile 2006

Sai Charlie non mi sento più la stessa. Certe volte, durante la settimana, ci sono quindici o venti minuti in cui mi sento proprio la stessa di sempre. Non vorrei andare da un altro medico perché le parcelle del nostro medico sono già abbastanza spaventose, però non mi sento più me stessa.

John Cheever, Una radio straordinaria