Posts Tagged ‘maurizia balmelli’

Alcune ragioni per cui non lascerei Chicago: un elenco incompleto e senz’ordine

10 luglio 2015

chicago_skyline_watercolor

1. Guidare verso ovest al tramonto in estate: accecato dal sole, non riesci a vedere le macchine davanti a te; i brutti depositi e le autofficine sono di un arancio fiammante. Quando il sole tramonta, tutto acquista profondità: le facciate di mattoni si velano di blu; ci sono sbavature di tenebra al carboncino lungo l’orizzonte. Il cielo e la città sembrano infiniti. Ovest è ovunque tu volga lo sguardo.
2. Il modo in cui d’inverno le persone si stringonosotto le tiepidi luci alla fermata di Granville sulla Elle, molto simili a giovani polli sotto una lampadina. È un’immagine di solidarietà umana imposta dalla crudeltà della natura, la storia di Chicago e della civiltà.
[…]
7. Guardare dritto a ovest la sera da qualunque grattacielo di Edgewater o Rogers Park: gli aerei sospesi e luccicanti sopra O’Hare. Una volta, con mia madre in visita, abbiamo trascorso un’intera serata seduti al buio, ad ascoltare Frank Sinatra, guardando gli aerei che somigliavano a lucciole stordite, trafitti dalla costante meraviglia che è questo mondo.
8. La felice scarsità di personaggi celebri a Chicago, perlopiù atleti falliti e strapagati. Oprah, una di Friends, e molti altri di cui non ho mai saputo il nome o mi sfugge in questo momento si sono trasferiti a New York o a Hollywood o in clinica, dove possono sfoggiare la finta insegna delle loro umili origini chicaghesi, mentre noi possiamo rivendicarli senza essere realmente responsabili della vacuità delle loro vite da prima pagina.
9. I parrocchetti di Hyde Park, miracolosi superstiti degli inverni più rigidi, un colorato esempio di vita che rifiuta fermamente di morire, con quell’istinto che ha reso Chicago dura e grande. In realtà io non ne ho mai visti: la possibilità che siano un’invenzione rende l’intera faccenda ancora più gustosa.
10. Lo skyline del centro di notte visto dall’Adler Planetarium: finestre illuminate nella cornice di palazzi bui contro un cielo ancora più buio. Sembra che le stelle siano state distribuite e incollate allo spesso muro della notte chicaghese; una fredda, inumana bellezza che contiene l’immensità della vita, ogni finestra una possibile storia, dentro la quale un immigrato si sobbarca un turno serale a pulire lo sporco d’impresa.
11. Il colore grigioverde del lago leggermente spumoso quando i venti soffiano da nordovest e il cielo è intirizzito.
12. Le giornate estive, lunghe e umide, quando le strade sembrano lucide di sudore; quando l’aria è densa e calda come un tè col miele; quando le spiagge sono affollate di famiglie: padri addetti al barbecue, madri che prendono il sole, figli che sfiorano l’ipotermia nelle secche del lago. Poi un’onda di aria gelida spazza i parchi, una pioggia torrenziale infradidcia qualsiasi creatura vivente, e qualcuno, da qualche parte, rimane senza corrente. (Mai fidarsi di una giornata estiva a Chicago).
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16. Le famiglie pachistane e indiane che passeggiano solenni su e giù per Devon Street nelle sere d’estate; le attempate coppie di ebrei russi riunite sulle panchine a Uptown, che gorgheggiano pettegolezzi nelle loro morbide consonanti sopra gli strepiti di obsolete radio a transistor; le famiglie messicane di Pilsen che affollano il Nuevo Leon per la colazione domenicale; le famiglie afroamericane maestosamente vestite per la messa in attesa di un tavolo al Dixie Kitchen di Hyde Park; i rifugiati somali che giocano a calcio in sandali sul campo sportivo del Senn High School; le giovani madri di Bucktown coi materassini da yoga in spalla come fossero bazooka;l’enorme quantità di vita quotidiana di questa città, molta della quale merita da sola un racconto o due.
17. Un fiume di rosso e un fiume di bianco che scorrono in direzioni opposte lungo la Lake Shore Drive, come si vedono da Montrose Harbor la notte.
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19. Le sontuose dimore di Beverly; le desolate case a schiera di Pullman; i freddi edifici del canalone di La Sale Street; la garrula bellezza dei vecchi alberghi del centro; l’austera arroganza della Sears Tower e dell’Hancock Center; le pittoresche case di Edgewater; la tristezza del West Side; lo splendore decrepito dei teatri e degli alberghi di Uptown; i depositi e le autofficine del Northwest Side; le migliaia di lotti vuoti e di edifici scomparsi cui nessuno presta attenzione e che nessuno ricorderà. Ogni edificio racconta un pezzo della storia della città. Solo la città conosce tutta la storia.
20. Se a Studs Terkel Chicago è bastata per passarci un’intera vita, allora va più che bene anche per me.

Aleksandar Hemon, Il libro delle mie vite, Einaudi, traduzione di Maurizia Balmelli

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I libri sono quello che ci salva

6 luglio 2015

miriam toews

Mia madre continuava a dire una frase. Non può essere vero, ha detto, quando Will le ha consigliato di sedersi. Non può essere vero, ha detto, quando Nora l’ha abbracciata e le ha detto che Elf aveva smesso di soffrire. Non può essere vero, ha detto, quando Nic l’ha ringraziata per aver messo al mondo Elf, il suo unico amore. Non può essere vero, ha detto, quando tutti noi abbiamo risposto, quasi all’unisono, con la parola respira dopo che aveva domandato e adesso?
Era una bella casa. Ho guardato gli spartiti di Elf impilati con cura sopra il pianoforte. Ho guardato i pezzi di vetro che aveva collezionato negli anni, disposti con cura su uno scaffale. Bene, Elf, ho pensato, sei davvero furba. Fare in modo che ti lasci da sola col pretesto di mandarlo a prendere dei libri. In biblioteca. Ovvio che l’avrebbe fatto. I libri sono quello che ci salva. I libri sono quello che non ci salva. Ovvio.

Miriam Toews, I miei piccoli dispiaceri, marcos y marcos, traduzione di Maurizia Balmelli

La bella vita è altrove

22 ottobre 2014

Macalister sbirciò verso la donna alle mie spalle e scoccò un sorriso impotente. Lei rise melodiosa, i bicchieri tintinnarono; come sempre, la bella vita era altrove.

Aleksandar Hemon, “Le nobili verità del dolore”, Amore e ostacoli, Einaudi, traduzione di Maurizia Balmelli

L’elenco delle cose che mi irritano in una ragazza

16 novembre 2013

Quando una ragazza mi attrae veramente non sono il tipo che si butta a testa bassa. Ho bisogno di garanzie. A Klosterneuburg avevo l’impressione di piacerle. Da quando siamo tornati va dietro al giraffista. […] E poi è subentrata un’altra difficoltà, che in Austria non c’era: porta le ballerine. Anche con la gonna. All’università, quando ti piegavi, vedevi una selva di gambe con le ballerine. Per me le ballerine sono sinonimo di noia e assenza di sesso. Loula mi ha chiesto di farle l’elenco delle cose che mi irritano in una ragazza. Le ho detto che sfiorano un numero appena sotto l’infinito. – Dài. Ho detto, se la ragazza ha una pettinatura da demente. Se spacca il capello in quattro. Se è cattolica. Se è politicizzata. Se ha solo amiche femmine. Se le piace Justin Timberlake. Se ha un blog. Loula ha riso. Ho detto, se non sa ridere come lei.

Yasmina Reza, Felici i felici, Adelphi, traduzione di Maurizia Balmelli

Contatti a distanza

17 giugno 2012

“E come si tiene in contatto con il resto del mondo? Come fa a sapere le cose?”
“Ne faccio parte, del mondo. So molte cose.”

Mary Gaitskill, “La ragazza dell’aereo”, da Oggi sono tua, Einaudi