è una cosa incantata,
come lo smalto sopra
un′ala di locusta,
suddiviso dal sole
finché le trame sono una legione.
Come Gieseking che suona Scarlatti;
come il punteruolo che l′apteryx
ha per becco, oppure come
lo scialle da pioggia del kivi,
fatto di piume filiformi, la mente
tenta la strada come fosse cieca
e cammina tenendo gli occhi a terra.
Ha l′orecchio della memoria,
che sa udire senza
dover udire.
Come l′inclinazione del giroscopio,
che è davvero univoca perché
imperante certezza la governa,
è un potere
di forte incantamento.
È come il collo della
colomba, animato
dal sole; è l′occhio della memoria;
è incoerenza coscienziosa.
E strappa il velo, squarcia
la tentazione,
la nebbia che il cuore porta addosso,
gliela strappa dagli occhi — se pure
il cuore ha un volto; dissipa
lo scoramento. È fuoco nell′iridescenza
del collo della colomba; nelle
incoerenze
di Scarlatti.
Ordine sottopone
a prova il suo disordine; non è
un giuramento di Erode, che non può mutare.
Marianne Moore, «La mente è una cosa che incanta», da Le poesie, Adelphi, a cura di Gilberto Forti, Lina Angioletti