Il Vecchio solleva d’impeto il coperchio del pianoforte, le sue dita tornano a mischiarsi con l’avorio dei tasti per coprire di suono le parole distanti. La mano dell’Ospite gli afferra il polso.
“Dunque non hai avuto fiducia nel Signore tuo Dio. Ti sei ribellato alla sua parola e hai disprezzato il suo disegno.”
“Lungi da me l’idea di ribellarmi al Signore: se ho agito per ribellione o infedeltà verso il Signore, che Egli non mi salvi! Io mi sono sempre condotto davanti a Dio in
perfetta buona coscienza.”
“Dio ti ha messo alla prova. Ti ha passato al crogiolo come l’argento, ti ha fatto cadere in un agguato, ha messo un peso ai tuoi fianchi. Ha fatto cavalcare uomini sulla tua testa, ti ha fatto passare per il fuoco e l’acqua—”
“E io non mi sono ribellato, non mi sono tirato indietro. Ho offerto il dorso a coloro che mi percuotevano.”
“Tu hai avuto paura e ti sei dato alla fuga.” L’Ospite si è accostato all’acquasantiera; parla guardandovi dentro, quasi a interrogare un riflesso. “Sei fuggito davanti
ai Filistei.” Si volta verso il Vecchio come per affondare il colpo già con lo sguardo. “Non ti fa onore quello che hai fatto.”
“Nessuno è buono, all’infuori di uno solo: Dio.”
Sergio Claudio Perroni, Renuntio Vobis, Bompiani
L’uomo e la sua società stanno morendo per eccesso di realtà; ma d’una realtà privata del suo senso e del suo nome; privata, cioè, di Dio. Dunque, d’una realtà irreale. […] Affondare gli occhi nel nostro male tenendo presente il Dio che abbiamo lasciato o, quantomeno, il dolore d’averlo lasciato, non significa veder meno: significa vedere ancora di più; e significa, inoltre, non poter più usare la parola (quella parola che è appunto ciò che si fa carne) come menzogna; menzogna che è servita e serve per usare la carne;per colpirla, crivellarla e stenderla, assassinata, su una delle strade che avevamo costruito per il nostro bene e per la nostra vita.
Giovanni Testori, Corriere della Sera, 20 marzo 1978