Mobili materni non ce n’erano. Che se ne fa una donna completamente concentrata su suo marito di mobili propri. Vero è che decideva lei che mobili di quale celebre ditta dovevano entrare in casa, per esempio quelli della ditta Schildknecht, che negli anni Sessanta appartenevano all’empireo dei mobili nobili e di buona fattura, ma lo decideva solo ed esclusivamente per lui, per rallegrarlo, mai per sé stessa.
Legno laccato! Cento motivi, per sbattere la testa in una libreria a parete laccata. Libreria a parete laccata in cui opere di Uwe Johnson, Max Frisch, James Baldwin e Albert Camus stanno allineate come perfetti soldatini, fanno venir voglia di buttare tutto all’aria. Un’ascia! Una sega! Strappare le pagine! Mia sorella, impassibile sognatrice, passa davanti alle librerie a parete laccate come se fossero la cosa più normale del mondo, persino se arricchite da elementi richiudibili, sportelli decorati a losanghe, sportelli con chiavette d’ottone, dietro cui il cognac con la sua brocca e il whisky con i suoi bicchieri conducono le loro vite discrete.
Se i nostri genitori avessero preso libri di bevitori veri, Lowry! Faulkner! Cheever! Forse avrebbero tirato una linea sulla ditta Schildknecht e il loro legno laccato. Ma niente, la sfortuna si stabilisce dove la si cerca.
Sibylle Lewitscharoff, Apostoloff, Del Vecchio Editore