F.T.: Vorrei chiederle di precisare ora la differenza tra sorpresa e suspense.
A.H.: […] Noi stiamo parlando, c’è forse una bomba sotto questo tavolo e la nostra conversazione è molto normale, non accade niente di speciale e tutt’a un tratto: boom, l’esplosione. Il pubblico è sorpreso, ma prima che lo diventi gli è stata mostrata una scena assolutamente normale, priva di interesse. Ora veniamo al suspense. La bomba è sotto il tavolo e il pubblico lo sa, probabilmente perché ha visto l’anarchico mentre la stava posando. Il pubblico sa che la bomba esploderà all’una e sa che è l’una meno un quarto – c’è un orologio nella stanza -; la stessa conversazione insignificante diventa tutt’a un tratto molto interessante perché il pubblico partecipa alla scena. Gli verrebbe da dire ai personaggi sullo schermo: “Non dovreste parlare di cose così banali, c’è una bomba sotto il tavolo che sta per esplodere da un momento all’altro”. Nel primo caso abbiamo offerto al pubblico quindici secondi di sorpresa al momento dell’esplosione. Nel secondo caso gli offriamo quindici minuti di suspense.
François Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, Net, 2002
Il mio ricordo preferito di Hitchcock è legato a un episodio che risale al 1964. Eravamo al St. Regis Hotel di New York, e dopo alcuni daiquiri io ero leggermente brillo, e lui rosso in viso e di ottimo umore. Prendemmo l’ascensore al 25esimo piano e scendemmo in silenzio fino al 19esimo, dove entrarono tre persone in completo da sera. A questo punto Sir Alfred mi disse a un tratto: “Era impressionante, tutto insanguinato!”. Pensai confusamente che forse mi era sfuggito qualcosa per via del daiquiri. Ma lui proseguì: “Gli veniva giù un rivolo di sangue dall’orecchio e un altro dalla bocca”. Naturalmente, tutti nell’ascensore lo avevano riconosciuto, ma evitavano di guardarlo. Al 15esimo piano entrarono altre due persone e lui continuò: “Naturalmente per terra si era formata un’enorme pozza di sangue; e i suoi vestiti ne erano inzuppati. Un vero scempio! Puoi immaginare…”. Nell’ascensore tutti, me compreso, trattenevano il respiro. A questo punto lui mi gettò un’occhiata. Io annuii senza aprir bocca. “Sangue dappertutto!” riprese. “Io allora guardai quel poveraccio e gli dissi: buon Dio, cosa le è capitato?”. Poi, proprio nel momento in cui la porta dell’ascensore si apriva verso il salone dell’albergo, Hitchcock esclamò: “E sai cosa mi rispose?”. A questo punto fece una pausa. Con riluttanza, i passeggeri incominciarono a uscire guardando ansiosamente verso il regista, mentre noi li sorpassavamo in silenzio. Dopo alcuni momenti di sconcerto io domandai: “E allora, cosa ti disse?”. E Hitch, con un sorriso beato: “Oh, niente, è la mia storia da ascensore”.
Peter Bogdanovich, “Hitchcock, una bomba che sta per scoppiare”, la Repubblica, 10 luglio 1999
28 febbraio 2008 alle 16:17 |
grandioso.
Mirko
28 febbraio 2008 alle 18:00 |
benevenuta rachael…
sono finita all’internet point…
elvira
28 febbraio 2008 alle 18:13 |
oh no! io vendo libri di embriologia umana e di istologia e anatomia microscopica. rimpiango le pile di coelho, bambaren, follett, smith…
28 febbraio 2008 alle 19:16 |
ciao rachele!
29 febbraio 2008 alle 11:27 |
ciao anonimo (?).
…come vorrei che giovannino si palesasse!
29 febbraio 2008 alle 12:25 |
ero stata resa anonima da splinder, sorry!
certo giovannino è latitante…
29 febbraio 2008 alle 13:35 |
Quando veniva criticato per il successo di pubblico e le stroncature dei critici Hitchcock diceva: “Ho pianto tutta la strada fino alla banca”.
benedetta