Mi chiesi perché mai Dio ci mettesse tanto a punirmi

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Ero malato. Ero morboso. Ero un criminale. Ero un sodomita, un amoreo, un ittita, un sineo, un gebuseo. Ero Caino. Ero Esaù. Ero la moglie di Lot. Mi chiesi perché mai Dio ci mettesse tanto a punirmi, a gettarmi sotto un autobus con le tasche piene di Slim Jim, a farmi venire un attacco di cuore nel bel mezzo di una merendina Moon Pie. E quando credevo che Lui lo stesse facendo – quando sentivo un dolore lancinante al petto (attacco di cuore), o una fitta acuta alla testa (aneurisma cerebrale) – correvo in bagno e mi ficcavo le dita in gola, tentando di rigurgitare i peccati che avevo già inghiottito, sussultando in preda ai conati e sperando che quella sera Dio si sentisse Incline al Perdono Totale, o almeno Incline al Perdono Parziale, o magari soltanto Vagamente Assolutorio. Dopodiché tornavo nella mia stanza, mi prendevo a pugni nello stomaco e cominciavo a dondolarmi avanti e indietro sul bordo del letto, abbracciato a una busta di patatine Doodles che disperatamente, disperatamente non volevo mangiare.

Shalom Auslander, Il lamento del prepuzio, Guanda, traduzione di Elettra Caporello

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